Procedura di Valutazione
comparativa ad un posto di Professore
Ordinario presso
Pubblicato sulla Gazzetta n. 80 delL' 8/10/2002.
ALLEGATO ALLA
RELAZIONE RIASSUNTIVA
GIUDIZI INDIVIDUALI E
COLLEGIALI SUI CANDIDATI
Candidato Guido Cifoletti:
Giudizio del Prof. Giorgio Banti
Assistente
incaricato all’Università di Udine dal 1974, poi pofessore associato presso la
stessa università dal 1983. Lì ha avuto a più riprese supplenze di Linguistica
generale presso
Al
momento della presentazione della domanda era coordinatore di un gruppo di
ricerca FISR.
Gli
interessi scientifici del candidato vanno da vari aspetti dell’interferenza
linguistica, soprattutto tra l’italiano e altre lingue europee da un lato, e
diversa varietà di arabo, ma anche tra tedesco e italiano (pubblicazione nr.
3), all’ebraico e le traduzioni greche e latine della Bibbia (pubblicazione nr.
10), a diversi aspetti del begia, una lingua cuscitica relativamente poco
studiata (pubblicazioni nrr. 4 e 7). Al filone di ricerca dell’interferenza si
connettono anche gli studi del candidato sulla lingua franca mediterranea
documentati dalle pubblicazioni nrr. 2, 8, e 9.
Al
curriculum vitae del candidato non è allegato un elenco completo delle sue
pubblicazioni, ed è quindi difficile valutare la continuità temporale della sua
produzione scientifica. Va però notato che i dieci lavori presentati per il
concorso sono del 1977 (se è la data reale di pubblicazione di IL 3/2), 1986, 1989, 1997, 1998, 2000,
2002, 2003, con due lunghe interruzioni tra il 1977 e il 1986, e tra il 1989 e
il 1997.
Il
volume sui “Prestiti italiani nel dialetto del Cairo” studia un corpus di
elementi lessicali entrati nell’arabo parlato egiziano e più specificamente
cairota, tratto da alcune delle principali opere di riferimento disponibili per
questa varietà di arabo fino alla metà degli anni ’80, e in parte
dall’escussione di parlanti nativi. L’autore stesso nota nel curriculum vitae
presentato per questa valutazione comparativa che “molto andrebbe aggiunto” dal
dizionario di arabo egiziano di Hinds e Badawi pubblicato nel 1986. Nella
bibliografia si nota però l’assenza di due importanti descrizioni dell’arabo
egiziano, la cui schedatura avrebbe sicuramente dato risultati interessanti:
quella di Wilhelm Spitta (Grammatik des
arabischen Vulgärdialekts von Aegypten, J.C. Hinrichs, Lipsia 1880) e
quella di T.F. Mitchell (Colloqial
Arabic: the living language of Egypt, The English Universities Press,
Londra 1962). L’analisi si concentra sugli aspetti finologici, morfologici e
semantici dell’interferenza.
Le
“Osservazioni sugli italianismi nel dialetto di Tunisi” cercano di distinguere
con cura (a.) gli elementi che si possono considerare prosecuzione diretta del
sostrato latino, da (b.) il materiale lessicale proveniente dalla lingua
franca, (c.) gli italianismi “entrati attraverso l’arabo letterario moderno”
(p. 141, che però comprendono anche gâzûz
~ gâzûza a p. 142 descritta come
“parola presente nei più diversi dialetti arabi”!), (d.) quelli di ambito
popolare note in gran parte del mondo arabo, ed (e.) quelli più tipici della
Tunisia. Tra questi ultimi colpisce però che il vocalismo presentato nella
forma origine del prestito sia sempre quello dell’italiano standard (-o ed -e finali, dittonghi uo e
ie, e chiusa da ĭ
latina, ecc.) senza prendere in considerazione la possibile origine da varietà
siciliane con vocalismo ben più vicino a quello presente nelle forme tunisine.
Mancano riferimenti alla forma che i prestiti esaminati hanno in maltese, che
pure sarebbero stati rilevanti. Mancano inoltre i dati sulla morfologia del
materiale esaminato, come i plurali dei sostantivi e le eventuali forme
femminili e plurali degli aggettivi, che avrebbero potuto gettare non poca luce
sul loro grado di integrazione.
La
monografia sulla Lingua franca
mediterranea (lfm.), forse il lavoro più noto del candidato, presenta i
principali documenti che si conoscevano su questa lingua, per la quale ora il
candidato propone nel suo curriculum vitae la denominazione di “lingua franca
barbaresca”. Ad essi viene premessa una trattazione della storia, fonologia,
morfologia, sintassi e lessico della lfm. I dati così organizzati sono molti e
interessanti, anche se in diversi casi l’influsso della sintassi araba avrebbe
potuto essere rilevato dall’autore, che conosce l’arabo. Per esempio, colpisce
che le frasi nominali senza verbo siano quasi tutte frasi principali (p. 54
sg.), mentre una forma di “essere” compare nella protasi della frase ipotetica si e vero que star enfermo, come kān “essere” in varietà parlate di
arabo dopo law, izā e simili. Anche l’ampliamento dell’uso di per agli oggetti indiretti ed agli
oggetti diretti umani sembra un calco della preposizione araba li-, anch’essa usata nei dialetti
centrali e occidentali per indicare scopo, beneficiario, oggetto indiretto
(tipicamente “per” e “a”) e, spesso, l’oggetto diretto umano come a in spagnolo e diverse varietà italiane
meridionali.
Il
lavoro del 2003 sugli “Influssi ebraici sulle traduzioni greche e latine della
Bibbia” (nr. 10) affronta un argomento complesso e di considerevole interesse,
sul quale si è sviluppata una vasta letteratura. Colpisce però che il lavoro
più recente menzionato dal candidato sia solo del 1985 (nota 3), e che non
vengano citatati i commentari e la letteratura filologica sul Salmo 150 (almeno
il volume di Gianfranco Ravasi dedicato specificamente ai Salmi!); per esempio, sarebbe stato opportuno sostanziare
filologicamente l’interpretazione di bqdšw
(versetto 1, secondo emistichio), la questione della lettura krb o brb (versetto 2, secondo emistichio), ecc. Colpisce anche
l’approssimazione di alcune affermazioni, come quella che “pare [SIC!] che
l’aramaico in questo caso usi la preposizione lә e non bә”
(p. 208).
Lo
studio sui “Fabbri di Kassala” presenta un breve etnotesto begia, con analisi
morfologica delle singole parole che vi compaiono, e un glossario finale.
Uscito nel
L’altro
breve lavoro su “L’emploi non marqué du passé en bedja” (nr. 7) presenta alcuni
dati sull’impiego della principale forma di passato in questa lingua cuscitica,
in quegli anni ancora molto poco conosciuta, con cui cerca di suffragare
l’ipotesi di Zaborski, ormai ampiamente screditata, che tale tempo derivi in
begia da un vecchio presente. Vanno però notate alcune imprecisioni, p. es.,
che l’ausiliare che compare nella cosiddetta coniugazione “debole” (secondo
l’ipotesi nota come ipotesi di Praetorius cui il candidato fa riferimento a p.
88 sg.) non significa “être” come indicato in alcuni lavori della fine del XIX
secolo, ma piuttosto “dire” come già notato dallo stesso Praetorius nel 1894;
oppure che non è vero (p. 89 sg.) che l’altra forma di passato, il
“plusqueparfait”, usata soprattutto in periodi ipotetici, “se distingue du
passé seulement par la voyelle du préfixe”, perché nei verbi di ultima debole
come digi “ramener, bring back” la 3
sg. m. di questo “plusqueparfait” è ’i-diig
con un tema -diig- diverso da quello -dgi- della corrispondente forma ’i-dgi dell’altra forma di passato. Va
anche notato che, sul problema che il candidato si pone in questo lavoro, cioè
degli usi di forme verbali preteritali con valore di presente, egli avrebbe
potuto citare diversi studi della letteratura tipologica già apparsi prima del
1997, come quello notissimo di Bernard Comrie (Tense, Cambridge University Press, Cambridge &c. 1985).
Nel
complesso si tratta di una studioso dagli interessi molteplici, il quale è
anche uno dei pochi linguisti italiani che si siano cimentati con le difficoltà
della ricerca linguistica sul campo in paesi dell’Africa settentrionale e
orientale. Ha però una produzione scientifica apparentemente piuttosto scarna,
nella quale spesso si rilevano debolezze metodologiche e lacune bibliografiche.
Sono titoli appena sufficienti per essere presi in considerazione per un posto
di professore universitario di prima fascia.
Giudizio del Prof. Marina BENEDETTI
G.Cifoletti
ha compiuto tutta la sua carriera accademica, a partire dal 1974, presso
l'Università di Udine, dove dal 1993 è professore associato.
Ha svolta attività didattica
esclusivamente presso l'Università di Udine, dove ha tenuto corsi di
Linguistica generale e di Glottologia.
Ha tenuto comunicazioni in diversi
convegni all'estero.
E' coordinatore di un gruppo di
ricerca finanziato con fondi FISR.
Le pubblicazioni presentate coprono
un arco di tempo che va dal 1976/77 ad oggi, con un'interruzione di quasi 10
anni, tra il 1976/7 e il 1986. Esse riguardano casi di interferenza lessicale
in area euromediterranea (lingua franca, coincidenze lessicali tra lingua
franca e dialetto tunisino; italianismi
e europeismi nel dialetto tunisino; italianismi del dialetto del Cairo;
influssi ebraici sulle traduzioni greche
e latine della Bibbia), con fugaci incursioni nel campo dei germanismi in
italiano e di una lingua cuscitica, il Begia.
Nei lavori
su aspetti di interferenza lessicale in area euromediterranea (nn. 1, 2, 5, 6,
8, 9, 10) è apprezzabile la ricerca di inquadramento storico-linguistico e la
raccolta dei materiali. Si segnalano invece debolezze sul piano metodologico.
Ad esempio,
nella trattazione dei fenomeni di prestito appare trascurata una questione
fondamentale, cioè quale varietà (per es. regionale) funge di volta in volta da
modello nel processo di interferenza. Quanto alle dinamiche dell'adattamento e
dell'integrazione di prestiti, semplicistico risulta talora il riferimento a
difficoltà di pronuncia. Scarsa attenzione è riservata alle implicazioni
sintattiche di alcuni dei fenomeni osservati (per es. a proposito dei verbi essere e avere).
La
pubblicazione più recente (n. 10), dedicata agli influssi ebraici sulle
traduzioni greche e latine della Bibbia, affronta un tema interessante e assai
complesso; la trattazione risente di alcune carenze sia sul piano della
conoscenza dei dati che su quello degli aggiornamenti bibliografici.
A un ambito
storico-culturale diverso da quelli più congeniali all'Autore si indirizza il
lavoro n. 3, sui germanismi che acquistano in italiano una connotazione
peggiorativa (fenomeno singolarmente etichettato come "peggioramento
semantico" o "deterioramento /peggioramento di significato", o
ancora "scadere di vocaboli"). Lo studio è in gran parte dedicato
alla ricerca di paralleli con altre situazioni di interferenza (prestiti turchi
nelle lingue balcaniche, in greco, nei dialetti arabi, prestiti alemanni nei
dialetti della Svizzera francese), secondo una procedura non priva di rischi,
data la differenza di contesti storico-culturali.
Al Begia
sono dedicati due brevi lavori; il n. 4 riporta un piccolo testo raccolto
direttamente dall'Autore (in una trascrizione da lui stesso definita come
"impressionistica e ben poco scientifica"); il 7 riguarda l'impiego
di forme di passato con valore di presente, al di fuori di una visione
sistematica dell'organizzazione del sistema temporale in Begia.
Nel
complesso si tratta di uno studioso appassionato a questioni storico-linguistiche di indubbio
interesse, non sempre interessato ad approfondirle in modo rigoroso.
Giudizio del Prof. Maria Patrizia BOLOGNA
Le dieci pubblicazioni
presentate, edite in sedi di ampia diffusione e rilevanza scientifica,
testimoniano vaste conoscenze, acquisite anche direttamente sul campo, in
diversi ambiti linguistici di area indoeuropea e camito-semitica e rigore
nell'analisi sincronica e diacronica dei fatti di lingua. L'indubbia
originalità nei risultati dell'indagine non nasce dall'indulgere ad azzardate
ipotesi interpretative, ma deriva dalla sicura competenza e dalla capacità di
matura riflessione critica che caratterizzano il profilo di uno studioso dalle
solide basi metodologiche e dalla pluridecennale e ininterrotta esperienza di
ricerca. La monografia sugli italianismi nel dialetto del Cairo [n. 1], lavoro
che non ha precedenti nella bibliografia relativa, contiene notazioni di histoire des mots rilevanti dal punto di
vista sociolinguistico ed è un ben informato e argomentato contributo
all'analisi dei processi di integrazione dei prestiti. Al medesimo filone di
ricerca appartengono le considerazioni a margine di un volume sul prestito
linguistico in arabo moderno [n. 5] e il lavoro sugli italianismi nel dialetto
di Tunisi, che si affianca alla citata monografia sul dialetto del Cairo con
analoga ricchezza di dati [n.6]. L'interferenza linguistica rimane al centro
della maggior parte delle altre pubblicazioni, sia in ulteriori indagini sul
prestito lessicale, segnatamente sui germanismi in italiano [n. 3] e sugli
ebraismi nelle traduzioni greche e latine della Bibbia [n. 10], sia nelle
approfondite indagini sulla lingua franca mediterranea [nn. 2, 8, 9].
Nell'articolo sui germanismi in italiano l'analisi dell'origine del loro
odierno statuto pragmalinguistico conduce a un convincente confronto con la
storia dei turchismi in greco, mentre gli esempi d'interferenza discussi in
maniera propositiva nell'articolo sulle traduzioni bibliche contribuiscono a
una chiara definizione di caratteristiche della lingua della Vulgata. I saggi sulla lingua franca
confermano le ottime conoscenze relative all'area linguistica mediterranea e
denotano grande esperienza nello studio delle lingue miste. In particolare, il
volume sulla lingua franca dei pirati barbareschi costituisce, dopo il
pionieristico articolo di Schuchardt del 1909, una prima nuova sistematica
descrizione dei tratti fonetici, morfologici, sintattici e lessicali di questo
pidgin, basata su fonti documentarie proposte e commentate nella seconda parte
dell'opera; il lavoro sulle attestazioni di lingua franca in Goldoni rivela
profondità d'indagine storica; l'articolo sulle coincidenze tra pidgin a base
italo-spagnola e arabo tunisino è ulteriore prova del buon dominio del metodo
d'indagine lessicologica. Nei due contributi, uno lessicale e l'altro
morfologico, sul begia [nn. 4 e 7], si apprezza la conoscenza diretta del dato
linguistico, la quale porta, nel secondo, alla confutazione di un'ipotesi di
Greenberg.
Il Candidato, professore
associato dal
Giudizio del Prof. Roberto Gusmani
Assistente di glottologia
presso
La
sua produzione si lascia ricondurre a tre fondamentali filoni tematici: la
cosiddetta lingua franca del Mediterraneo, gli influssi romanzi (soprattutto
italiani) in alcune varietà arabe dell’Africa settentrionale e il begia, una
lingua cuscitica particolarmente interessante dal punto di vista tipologico, ma
di analisi assai complessa.
Alla
lingua franca è dedicato il volume [2], che costituisce un primo fondamentale
passo verso una completa raccolta e analisi delle testimonianze, una puntuale
disamina dei tratti più rilevanti dal punto di vista linguistico e un
inquadramento storico della documentazione di questa lingua, il tutto frutto di
approfondite ricerche di prima mano. Accrescono il valore dell’opera il
glossario e l’esauriente bibliografia. Su uno specifico aspetto di questo
filone tematico ritorna [8], rapida sintesi delle tracce della lingua franca nelle
commedie di Goldoni.
Grazie
alla sua ragguardevole conoscenza delle varietà arabe nordafricane il candidato
ha ripetutamente indagato con accuratezza e senso critico la diffusione e
l’adattamento di numerosi romanismi: il volume [1] è una puntuale rassegna
degli italianismi (sicuri o anche solo probabili) presenti nel dialetto del
Cairo e della loro integrazione dal punto di vista fonologico, morfologico e
semantico; in [6] si studiano gli italianismi del dialetto tunisino,
discernendo opportunamente tra quelli penetrati direttamente, quelli mediati
dall’arabo e quelli giunti attraverso la “lingua franca” del Mediterraneo,
mentre [9] passa in dettagliata rassegna alcuni casi d’influsso romanzo
nell’arabo tunisino di non facile catalogazione, cercando di individuare in
particolare quelli mediati dalla predetta lingua. Alcune considerazioni
metodologiche sono ulteriormente sviluppate in [5], una recensione-articolo che
prende le mosse da una pubblicazione di T. Baccouche.
Al
begia sono dedicati due brevi, ma significativi saggi: [4] è un contributo
lessicografico arricchito dall’analisi di un testo inedito, mentre nella
relazione presentata al I Congresso camito-semitico di Fès ([7]) si discutono
criticamente, sulla scorta di esempi tratti da quella lingua, alcuni aspetti
della teoria della marcatezza del Greenberg. L’ampio ventaglio degli interessi
del Cifoletti è infine documentato dal saggio [3], che indaga sulle circostanze
che hanno prodotto il ‘peggioramento’ semantico di molti germanismi in italiano,
e dall’attenta analisi linguistica e stilistica delle traduzioni greca e latina
di un salmo contenuta in [10].
Per
varietà di competenze, serietà d’approccio e rilevanza dei risultati conseguiti
il candidato dimostra piena maturità scientifica e deve perciò essere preso in
attenta considerazione per la presente valutazione comparativa.
Giudizio del Prof. Celestina milani
Guido Cifoletti
dell’Università di Udine presenta due volumi e otto articoli. Nel volume Prestiti italiani nel dialetto del Cairo,
Unicopli, Milano 1986 l’autore presenta un’accurata valutazione del dialetto
del Cairo in rapporto ai dialetti arabi con un’intelligente analisi fonologica
del dialetto del Cairo. L’integrazione dei prestiti italiani è inserita, con
valida competenza, nella storia e nelle fasi dell’immigrazione ed è studiata
negli aspetti dell’adattamento fonologico, morfologico e semantico.
Nel volume La
lingua franca mediterranea, Unipress, Padova 1989 lo studioso tratta del
più antico pidgin del quale si possiede un’adeguata documentazione. Le
caratteristiche della lingua franca sono inquadrate nelle problematiche
storiche: sono studiati le caratteristiche fonetiche, morfologiche e
sintattiche e il lessico della lingua franca. Il volume è chiuso da un
utilissimo glossario.
Completano questo lavoro La lingua franca a Venezia nel Settecento
, 2000 e Coincidenze lessicali tra lingua
franca e l’arabo tunisino, 2002, Osservazioni sugli italianismi nel dialetto di
Tunisi, 1998. Due articoli studiano il begia, lingua cuscitica (1986 e
1998). L’insieme delle problematiche è esaminato anche sulla base di testi
inseriti nella bibliografia relativa.
Di notevole livello è anche il lavoro Europeismi nell’arabo moderno, 1997. È pure studiato il campo degli
Influssi ebraici sulle traduzioni greche
e latine della Bibbia, 2003.
I lavori di Cifoletti
presentano una profonda conoscenza delle lingue studiate sulla base di testi
scritti o tratti dal parlato, inseriti nelle vicende storiche relative. Lingue,
culture, storie sono studiate con sicura metodologia. Nelle analisi condotte
generalmente con il metodo storico-comparativo, lo studioso affianca un’attenta
considerazione per gli aspetti pragmatici e per i problemi dell’interferenza
linguistica, indagati con ricchezza di documentazione e grande originalità.
Nell’insieme la produzione si presenta di alto livello.
Giudizio
collegiale
Nato il 19.12.1947 a Milano,
dal 1974 assistente e dal 1983 professore associato di Glottologia e
Linguistica generale.
L'attività di ricerca
scientifica del Candidato riguarda vari ambiti linguistici, in particolare
l’arabo (soprattutto il dialetto egiziano e quello di Tunisi), il begia, lingua
cuscitica, e denota anche attenzione ai meccanismi d'interferenza linguistica e
interesse per la lingua franca mediterranea.
Ha partecipato, con
comunicazioni e relazioni, a diversi convegni scientifici. Coordina un gruppo
di ricerca su «Circolazioni linguistiche e culturali fra le due sponde del
Mediterraneo», finanziato con fondi FISR nell'ambito delle ‘Ricerche culturali,
antropologiche, economiche, politiche delle popolazioni mediterranee ai fini
dell'individuazione di una comune identità’.
Ha svolto attività didattica
come assistente incaricato presso la cattedra di Glottologia della Facoltà di
Lingue e Letterature Straniere di Udine, allora sezione distaccata
dell'Università degli Studi di Trieste, e in seguito anche come assistente
ordinario.
È stato professore associato
di Linguistica generale presso
Ha tenuto, in vari tempi, la
supplenza di Linguistica generale presso
Dal 2001, oltre
all'insegnamento di Glottologia, tiene anche l'insegnamento di Linguistica
generale presso
Le
dieci pubblicazioni presentate, edite in sedi di ampia diffusione e rilevanza
scientifica, testimoniano vaste conoscenze, acquisite anche direttamente sul
campo, in diversi ambiti linguistici di area indoeuropea e camito-semitica, e
interesse per l’analisi sincronica e diacronica dei fatti di lingua.
L’originalità nei risultati dell’indagine deriva dalla competenza e dalla
capacità di riflessione critica che caratterizzano il profilo dello studioso.
Due commissari rilevano nella produzione scientifica del candidato debolezze
metodologiche e lacune bibliografiche; ciò non di meno la maggioranza della
Commissione valuta in modo nettamente positivo l’attività scientifica del
Candidato, il cui curriculum e la cui produzione, del tutto congruente con le
tematiche del settore disciplinare L-LIN/01, indicano un linguista degno della
massima considerazione ai fini della presente valutazione comparativa.
Candidato Pietro Dini
Giudizio del Prof. Giorgio
Banti
Pietro Dini, ammesso nel 1988 al Dottorato di ricerca in
Linguistica di Pisa, ha vinto nello stesso anno un posto di ricercatore in
Linguistica all’Università della Basilicata. Dieci ani dopo, nel
Oltre
all’intensa attività didattica a Potenza (anche come titolare di supplenze) e a
Pisa già dall’a.a. 1989/90, quando era ancora ricercatore, non solo con
insegnamenti di carattere baltistico, ma anche con supplenze o affidamenti di
Glottologia, di Linguistica Generale, e di Linguistica Storica, il candidato ha
svolto una intensa attività di ricerca e di didattica all’estero. Ha infatti
avuto borse di studio del MAAEE per le Università di Vilnius e di Cracovia, nel
Egli è
inoltre redattore della rivista Res
Balticae, dirige due collane di monografie di argomento baltistico, e fa
parte del comitato di redazione di altre sei riviste scientifiche sia in Italia
che a Vilnius, Riga e Mosca.
Per la sua
attività scientifica nel campo della filologia e della linguistica baltica il
candidato è stato insignito di diverse onorificenze quali un Atto di
Ringraziamento del Governo lituano nel 2002, l’Ordine di Gediminas conferito
dal Presidente della Lituania (6 luglio 2002).
Come
risulta dal curriculum vitae e dall’elenco generale delle pubblicazioni,
allegati dal candidato, i suoi interessi scientifici si sono concentrati su
diversi ambiti: la linguistica baltica comparata, la linguistica e la filologia
delle tre principali lingue baltiche, la linguistica slava, gli studi
onomastici, e la storiografia linguistica, con alcune incursioni anche in altri
ambiti nei quali si prospettavano possibili agganci con la baltistica. La sua
produzione scientifica è estremamente ampia e continua nel tempo (più di 100 titoli
dal 1984 ad oggi, in italiano, tedesco, lituano, russo, polacco, e inglese), ed
è stata oggetto di traduzioni all’estero.
Per la
presente valutazione comparativa Pietro Dini presenta due volumi e otto
articoli di cui quattro in tedesco, apparsi sia in Italia che all’estero, su
sedi editoriali importanti tra le quali compare anche una rivista
internazionale di grande prestigio come Indogermanische
Forschungen (nr. 7).
L’ampio
volume del 1997 su Le lingue baltiche
(nr. 1), tradotto all’estero in più lingue, costituisce a tutt’oggi la
principale opera complessiva di riferimento sulla storia di questa famiglia di
lingue, a partire da quanto si riesce a ricostruire sull’epoca predocumentaria
fino ai nostri giorni. La letteratura sull’argomento viene presentata e
discussa in maniera esauriente, organizzata in maniera originale e integrata da
numerose osservazioni tratte dal lavoro scientifico personale dell’autore.
Alla
linguistica baltica è anche dedicato il lavoro del 1990 sui prestiti slavi e
tedeschi nella versione lituana del piccolo catechismo luterano di H.J. Lysius
del 1719 (nr. 4). Il materiale viene dapprima discusso con acume e competenza
voce per voce, e quindi valutato complessivamente nei suoi aspetti fonetici e
nei suoi risvolti storici.
Un volume
(nr. 2) e un articolo (nr. 6) costituiscono esempi del contributo
specificamente filologico che il candidato ha dato alla baltistica. Il primo,
del 1994, è una nuova edizione dell’inno in lituano antico a S. Ambrogio in cui
vengono corretti gli errori delle edizioni precedenti e si discute, tra
l’altro, il problema dell’interferenza tra le fonti latine e polacche
dell’inno. Le peculiarità ortografiche e linguistiche, i prestiti e il
complesso del lessico dell’inno vengono esaminati in maniera accurata e
competente. Il breve articolo del 1998, invece, pone in evidenza come dal Thesaurus polyglottus del 1603 di
Hyeronimus Megiser sia possibile recuperare due parole antico prussiane
precedentemente sconosciute.
I
due articoli sulla storia della linguistica baltica dall’epoca rinascimentale
fino all’avvento dell’indoeuropeistica dell’Ottocento (nrr. 7 e 10)
costituiscono esempi di questo ricco settore di storia della linguistica che,
rimasto finora in gran parte sconosciuto, ha ricevuto da parte del candidato
contributi solidi e originali.
I
tre lavori di onomastica, rispettivamente sui Neuroi (nr. 5), sul nome del centauro (nr. 8), e sul toponomo Pisa (nr. 9) danno un contributo
originale alla difficile questione dell’etimologia di queste parole, discutendo
possibili paralleli in ambito baltico e slavo. L’informazione bibliografica è
accurata, e il quadro dei problemi è presentato in maniera rigorosa anche se,
come spesso avviene nell’onomastica pre- e protostorica, una soluzione
definitiva non è facile da raggiungere.
Infine,
il lavoro sul sostrato prelatino del catalano e l’ipotesi “sorotaptica” del
Coromines (nr. 10) affronta la questione col dovuto taglio critico, senza
mancare di segnalare anche in questo caso i possibili paralleli baltici.
Nel
complesso la produzione del candidato si segnala per il rigore con cui egli
affronta il suo ambito di ricerche, per l’accuratezza filologica, per il metodo
comparativo sicuro, e per l’eccellente competenza nel suo settore di
specializzazione, che gli hanno permesso non solo di dare apporti originali e
di alto profilo scientifico alla conoscenza di un gruppo di lingue indoeuropee
finora troppo spesso trascurato dagli studiosi, ma anche di vedere da un punto
di vista diverso vari problemi della preistoria linguistica e culturale
dell’Europa. Questo, insieme alla rilevanza scientifica della collocazione
editoriale delle pubblicazioni di Pietro Dini, alla loro diffusione nella
comunità scientifica, alla loro continuità temporale, alle sue attività
didattiche e di ricerca all’estero e ai riconoscimenti internazionali che ha
ottenuto, lo rendono più che maturo per un posto di professore universitario di
prima fascia.
Giudizio del Prof. Marina BENEDETTI
Pietro
Dini, laureato in Lettere presso l'Università di Pisa nel 1984, vincitore nel
1988 del concorso per l'ammissione al Dottorato di ricerca presso l'Università
di Pisa, nello stesso anno ha preso servizio (in seguito a concorso nazionale)
come ricercatore nel SSD Glottologia e Linguistica presso l'Università della Basilicata;
nel 1998 è diventato professore associato nel SSD Filologia Baltica; è
attualmente professore associato nel SSD L-LIN/01 presso l'Università di Pisa.
Il
curriculum di Pietro Dini si segnala per un'intensa e brillante attività
svolta, oltre che in Italia, anche all'estero,
grazie a borse di studio del MAE (Università di Vilnius in Lituania -
sett. 1983/ luglio 1984 - e di Cracovia in Polonia - nov. 1986/luglio 1987-) e
della Humboldt-Stiftung (Gottinga, 1995/6 e 1996/7).
Nel 1997 è
risultato vincitore del concorso internazionale per un posto di professore di
Lingue Baltiche presso l'Università di Oslo, al quale ha successivamente
rinunciato.
E' stato
visiting professor, su invito, presso le Università dell'Illinois e UCLA, Los
Angeles.
Ha tenuto
28 comunicazioni a Congressi, in Italia e all'estero.
Dal
E' membro
di numerose associazioni scientifiche, direttore della rivista Res Balticae e
componente del comitato di redazione di diverse riviste di baltistica e
slavistica.
La
produzione scientifica si segnala per vastità e per continuità nel tempo; essa
è inoltre oggetto di recensioni e segnalazioni in varie sedi anche di
prestigio.
Le 10
pubblicazioni presentate ai fini della presente valutazione comparativa (4
delle quali in tedesco) illustrano la varietà degli interessi del candidato,
che riguardano in primo luogo la baltistica (ambito esplicitamente incluso
nella declaratoria del settore scientifico-disciplinare L-LIN/01), ma anche la
storiografia linguistica, la slavistica, la romanistica; questi interessi sono
coltivati anche in prospettiva indoeuropeistica. E' evidente la rilevanza scientifica
della collocazione editoriale delle pubblicazioni.
L'imponente
volume sulle lingue baltiche (pubblicazione n. 1), che è stata tradotto
all'estero in più lingue e ha avuto molteplici recensioni su riviste di rilievo
internazionale, offre una sintesi dell'evoluzione storica delle lingue
baltiche, secondo una prospettiva ampia, che copre sia la dimensione
storico-comparativa e diacronica sia quella sincronica e sociolinguistica. Si
tratta, per ampiezza e affidabilità – oltre che per la ricchezza di riferimenti
bibliografici – della più attendibile introduzione alla linguistica e filologia
baltica.
Il
contributo di Pietro Dini alla baltistica (anche in chiave di interferenza tra
lingue baltiche e altre lingue indoeuropee) è testimoniato inoltre dallo studio
originale degli slavismi e dei germanismi lessicali nel Piccolo catechismo
lituano di Lysius, scoperto in anni recenti (n. 4) e in due lavori di impianto
filologico-linguistico, il n. 2 (in cui il Candidato individua, con risultati
nuovi, la complessa interferenza tra fonte latina e fonte polacca della
traduzione in lituano antico dell'Inno di S.Ambrogio a opera di Martynas
Mazvydas) e il n. 6 (grazie al quale le - notoriamente limitate - conoscenze dell'antico prussiano si
arricchiscono di due elementi lessicali individuati in un testo del 1600).
I lavori
sulla storiografia della linguistica baltica (nn. 7 e 10) evidenziano un
promettente – e quasi del tutto inesplorato – filone di ricerca, nel quale
Pietro Dini si muove con solida competenza, scrivendo, con puntualizzazioni e
annotazioni preziose, una pagina nuova della storiografia linguistica.
A questioni
lessicali ed etimologiche sono dedicati i saggi n. 5 (sull'etnico erodoteo
Neuroi, per il quale viene proposta, sulla base di una fondata argomentazione,
una nuova etimologia), n. 8 (proposta di nuovi argomenti in favore di
un'origine balto-slava del discusso nome del centauro), n. 9 (ipotesi
etimologica sul toponimo Pisa, basata su una notevole serie di dati). Questi
lavori testimoniano, oltre alle vaste conoscenze del Candidato e alla sua
curiosità intellettuale, la capacità di coniugare argomentazioni rigorosamente
linguistiche con dati storico-culturali e una sicura padronanza di dati e
metodi. La solida conoscenza di ambiti linguistici meno frequentati dagli
indoeuropeisti consente al Candidato di apportare contributi interessanti e
innovativi a questioni anche ampiamente studiate.
L'interesse
verso teorie sostratistiche si manifesta nel saggio n. 3, sulla controversa
questione del presunto sostrato sorotaptico nel lessico catalano. Il lavoro si
segnala per la prudenza e l'equilibrio critico con cui è affrontata la
questione metodologica.
Nel
complesso si tratta di un eccellente studioso, apprezzato a livello
internazionale, la cui produzione scientifica, pienamente congruente con il SSD
L-LIN/01 si segnala per originalità, innovatività e rigore, per rilevanza
scientifica della collocazione editoriale e per continuità temporale. Dal
curriculum risulta una significativa attività didattica svolta anche
all'estero, la fruizione di prestigiose borse di studio finalizzate ad attività
di ricerca, un'importante attività di coordinamento di iniziative editoriali in
ambito nazionale e internazionale. In considerazione del curriculum, dei titoli
e della pubblicazioni presentate il Candidato è da tenersi nella massima
considerazione ai fini della presente valutazione comparativa.
Giudizio del Prof. Maria Patrizia BOLOGNA
Dalla maggior parte delle
dieci pubblicazioni presentate, edite in sedi di ampia diffusione e rilevanza
scientifica, si evincono comprovata esperienza e sicura competenza
specialistica nello studio storico-filologico delle lingue baltiche. L'ampia
monografia dedicata a queste lingue [n. 1], completa e aggiornata introduzione
alla filologia baltica e oggetto di alcune traduzioni, si distingue quale
pregevole opera di riferimento in tale campo di ricerca. In due contributi, un
volume e un articolo, su testi lituani antichi [nn. 2 e 4], al lavoro
filologico si uniscono osservazioni di ordine linguistico e traduttologico che
denotano il prevalere dell'interesse per gli aspetti storici e culturali su
quello per la sistemazione teorica. Nei saggi sul ruolo delle lingue baltiche
nell'opera di Hervás y Panduro [n. 7] e, più in generale, nel paleocomparativismo
[n. 10], si trovano documentati apporti alla storia della baltistica. Tali
apporti implicano pure, nel caso dell'indagine sulla presenza di termini
antico-prussiani nel Thesaurus
Polyglottus dell'umanista Hieronymus Megiser [n. 6], nuove acquisizioni
lessicali. I contributi etimologici e onomastici [nn. 5, 8, 9], rispettivamente
sull'etnonimo Neuroi, sul toponimo Pisa e sul nome dei Centauri, contengono
proposte degne di attenzione e supportate da un puntuale inquadramento
storico-archeologico, sebbene il rigore nell'analisi dei dati linguistici sia
più evidente quando questi dati appartengono all'area balto-slava e meno quando
il riferimento è ad altre lingue indoeuropee (come il greco nel terzo di questi
contributi). Il saggio [n. 3] sulla questione del sostrato preromano nel
lessico catalano, sostrato definito ‘sorotaptico’ dal Coromines, non è ancora
sufficientemente significativo sul piano dell'interpretazione dei fatti di
lingua, in quanto solo preliminare ad una ricerca più ampia, ma è comunque
apprezzabile sul piano della storia degli studi di sostratistica.
Il Candidato ha al suo
attivo una ragguardevole attività didattica. Il curriculum e la produzione
scientifica indicano un buon profilo di studioso e testimoniano un continuo e
fruttuoso percorso di ricerca in un ambito molto specifico del settore
scientifico-disciplinare L-LIN/01. Nel complesso, si ritiene che il Candidato
meriti di essere preso in considerazione ai fini della presente valutazione
comparativa.
Giudizio del Prof. Roberto Gusmani
Ricercatore presso
l’Università di Potenza dal 1988, professore associato di Filologia baltica
presso l’Università di Pisa dal 1998, più volte supplente e affidatario di
discipline linguistiche presso le Università di Potenza e Pisa. Cura l’edizione
di una rivista di baltistica. Tra i titoli presentati rivestono specifico
rilievo l’ottenimento di una borsa di studio della fondazione von Humboldt e le
attestazioni di conoscenza delle lingue lituana, lettone e polacca, che
risultano di fondamentale importanza per il percorso scientifico del candidato.
I suoi interessi scientifici sono rivolti essenzialmente
alle lingue baltiche e alla storia culturale dei popoli che le parlano o le
hanno parlate. Il contributo più significativo è il volume [1], un’ampia e
particolarmente ben riuscita introduzione su lingue e culture di quelle
popolazioni, che colma una lacuna avvertita anche a livello internazionale
(come provano le traduzioni in altre lingue) e che unisce – alla vasta
informazione bibliografica e ad apprezzabili competenze anche sui versanti
storico e letterario – la capacità di presentare con chiarezza il complesso
panorama della baltistica anche ad un pubblico non specialistico. Il carattere
prevalentemente informativo dell’opera comporta peraltro una trattazione non
sempre adeguatamente approfondita di problematiche (attinenti ad esempio la
ricostruzione e i rapporti areali) rilevanti dal punto di vista della moderna
comparatistica indoeuropea.
Del candidato sono apprezzabili pure due saggi di taglio
prevalentemente filologico: l’articolo [4], su germanismi e slavismi nel
catechismo lituano del Lysius, diligentemente
elencati pur senza un approfondimento dei fenomeni che si accompagnano a quei
prestiti, e il saggio [2] su caratteristiche e fonti dell’inno di S. Ambrogio
del Mažvydas, che tratta, in maniera sintetica, le peculiarità grafiche,
grammaticali e lessicali dell’opera e dimostra la dimestichezza dell’autore
anche con le varianti più antiche del lituano.
Utili per la
ricostruzione della storia degli studi baltici sono i contributi [7] sulla
documentazione delle lingue baltiche in Lorenzo Hervàs, [6] su due termini del
prussiano antico tramandati nel Thesaurus
del Megiser, nonché [10] sulla fase prescientifica degli studi baltici,
interessante peraltro più per una ricostruzione della storia culturale che per
i risvolti più specificamente linguistici.
Meno
significativi sono invece gli apporti delle altre pubblicazioni presentate: [9]
contiene audaci speculazioni a proposito del toponimo Pisa; [5] propone un’etimologia del nome dei Neuroi, popolazione ritenuta affine a Balti e Slavi, poco
verisimile sul piano della semantica, né maggiore persuasività ha [8] che si
occupa del nome greco del centauro. Infine [3] contiene una disamina critica –
corretta, ma prolissa – di una poco consistente ipotesi del Coromines a
proposito del sostrato preromano in catalano.
Il candidato
ha svolto un’intensa e meritoria, anche se settorialmente circoscritta,
attività scientifica: pur auspicando un ampliamento e un’accentuazione sul
versante linguistico del suo campo d’interessi, si ritiene Dini degno di esser
preso in considerazione ai fini della presente valutazione comparativa.
Giudizio del Prof. Celestina milani
Lo studioso Pietro Dini
dell’Università di Pisa presenta due volumi e otto articoli. Nell’opera L’inno di S. Ambrogio di Martynas Mažvydas,
Cinque degli articoli
presentati contribuiscono ad approfondire le tematiche baltiche trattate.
Meritano considerazione per le tematiche e la metodologia: Slavismi e germanismi lessicali nel piccolo Catechismo lituano di Lysius, 1987-1989; Der Werdergang der Auffasung über die
baltische Sprachdomäne bei Lorenzo Hervás y Panduro. Ein Beitrag zur Historiographie
der baltische Linguistik, 1997; Der Paläokomparativismus und das Baltische. Bericht über die
Erforschung der früheren baltischen Linguistik, 1999.
Tre lavori esulano da questa
prospettiva: Sl. *konь e l’origine
settentrionale del kentauros, 1994; Sul
toponimo Pisa in una prospettiva indoeuropea, 1994; Preliminari di metodo e prospettive di ricerca sul sostrato preromano
(sorotaptico) nel lessico catalano, 2000.
Nell’insieme i lavori sono
caratterizzati da organicità di pensiero e continuità di aree di studio, seppur
limitati prevalentemente al settore della filologia, storia e linguistica
baltica.
Nell’insieme la produzione
si presenta di apprezzabile livello
Giudizio
collegiale
Nato il 5.10.1960 a
Pietrasanta (Lucca), ammesso al dottorato di ricerca in Linguistica
dell’Università di Pisa nel 1988 e, nello stesso anno, vincitore di un posto di
ricercatore in Linguistica presso l’Università della Basilicata; nel 1998
vincitore del concorso a professore associato di Filologia baltica (ssd L09F),
successivamente inquadrato nel settore L-LIN/01 a seguito dell’accorpamento dei
due settori.
Gli interessi scientifici
del Candidato si collocano nell'area della baltistica, con interessi anche in
altri campi della linguistica indoeuropea.
Ha partecipato, con
comunicazioni e relazioni, a diversi congressi scientifici in Italia e
all’estero ed ha svolto attività di studio e di ricerca all'estero: si segnala
in particolare, durante gli anni accademici 1995-1996 e 1996-1997, la fruizione
di una borsa di studio della Alexander von Humboldt-Stiftung presso
l'Università di Göttingen.
Nel 1997 è risultato
vincitore di un concorso internazionale per un posto di professore di Lingue
baltiche presso l'Università di Oslo.
È componente del comitato di
redazione di alcune riviste scientifiche e direttore di collane di studi
monografici di baltistica e, per la sua attività di studioso di lingue e
letterature di area baltica, ha ottenuto alcuni riconoscimenti ufficiali.
Dal 1988 al
Ha tenuto un corso facoltativo di Lingua e letteratura
lituana presso l'Università degli Studi di Pisa e la supplenza di Glottologia e
di Linguistica generale presso l'Università degli Studi di Potenza.
Dal
Dal 1999 è membro del Collegio del
Dottorato in Baltistica dell'Università di Oslo.
E’ stato anche visiting professor
presso l’Università dell’Illinois (Chicago) e
Nel
Dalle dieci pubblicazioni
presentate, edite
in sedi di ampia diffusione e rilevanza scientifica, si evincono comprovata
esperienza e sicura competenza specialistica nello studio storico-filologico
delle lingue baltiche, oltre che interesse per altri ambiti del modo
linguistico indoeuropeo. Il curriculum e la produzione scientifica indicano un
rilevante profilo di studioso e testimoniano un continuo e fruttuoso percorso
di ricerca in uno degli ambiti del settore scientifico-disciplinare L-LIN/01.
Nel complesso, nonostante riserve espresse da un commissario su aspetti
specificamente linguistici della produzione del Candidato, si ritiene che egli
meriti di essere preso in considerazione ai fini della presente valutazione
comparativa.
Candidato Luisa
Mucciante:
Giudizio del Prof. Giorgio Banti
Laureata
nel
I
suoi interessi scientifici si sono indirizzati prevalentemente sui tre ambiti
documentati dalle 10 pubblicazioni presentate per questa valutazione
comparativa: (a.) la linguistica minoica e micenea (nrr. 1, 7, 8, e 9), (b.) i
glossari di epoca anglosassone (nrr. 3, 4, 5, 6, e 10), e (c.) la linguistica
del latino tardo (nr. 2).
La
candidata non ha allegato un elenco completo delle sue pubblicazioni, ma cita
nel proprio curriculum alcuni lavori non presentati per questo concorso, che
rendono possibile costruire il quadro seguente: 1976 (2 articoli), 1979 (2
articoli), 1984 (1 volume e 1 articolo entrambi in collaborazione con Loredana
Lazzari), 1989 (1 volume ristampato nel 1995), 1990 (1 articolo), 1995 (1
articolo), 2001 (1 articolo), 2002 (1 volume e 1 articolo). La sua produzione
scientifica sembra così piuttosto discontinua, con diverse lacune protrattesi
per molti anni.
Il
breve lavoro sul minoico (nr. 1) è di carattere sostanzialmente compilativo,
mentre i tre lavori sul miceneo sono nettamente più articolati, anche se
presentano alcune lacune bibliografiche, e alcune sviste, p. es., nei dati
semitici riportati nel lavoro sui prestiti in miceneo (nr. 8, šimšim invece di arabo simsim a p. 148, ecc.).
Il
lavoro sul tardo latino delle due recensioni dell’Itinerarium Antonini
Placentini, basato sull’edizione sinottica datane da Celestina Milani due anni
prima, risulta senz’altro interessante, anche se all’epoca in cui è stato
redatto molte questioni riguardanti la riorganizzazione della flessione
nominale e verbale e l’emergere della sintassi romanza non potevano ancora
essere trattate con lo strumentario a disposizione di chi se ne occupa ora.
Manca anche un tentativo di inquadrare i fenomeni osservati nel loro contesto
sociolinguistico e, eventualmente, dialettologico.
I
cinque lavori sui glossari di epoca anglosassone testimoniano l’interesse della
candidata per questo periodo storico e per la conoscenza del latino
nell’Inghilterra di allora. I lavori sono generalmente ben scritti, con una
accurata classificazione dei fenomeni osservati, anche se contengono alcune
sviste, come l’uso del termine “sintagma verbale” per definire gruppi come velum quod dirigit navem, qui ligna portant, e vas pice oblitum (nr. 10, p. 121).
Nel
complesso la candidata mostra di conoscere abbastanza bene i due principali
settori specialistici che la interessano. Ha però una produzione scientifica
apparentemente non molto ricca, che presenta alcune lacune bibliografiche e
metodologiche, e qualche svista. Sono titoli appena sufficienti per essere
presi in considerazione per un posto di professore universitario di prima
fascia.
Giudizio del Prof. Marina BENEDETTI
L.Mucciante ha svolto la
propria carriera accademica e la propria attività didattica e scientifica
presso l'Università degli Studi di Chieti, dove si è laureata nel 1971. Dopo
varie attività post lauream (diploma di perfezionamento, assegni, borse di
studio) è diventata ricercatrice nel 1980 e professore di II fascia nel 1999.
Ha svolto un'attività
didattica molto intensa, a partire dalle esercitazioni del 1971, tenendo
numerosi corsi ed esercitazioni su vari argomenti di àmbito linguistico.
Attiva nell'organizzazione di
convegni e nella partecipazione a iniziative redazionali, ha rappresentato
l'Istituto di Glottologia dell'Università di Chieti all'interno di un progetto
"Lingua" finanziato dall'Unione europea ed è stata responsabile di
unità locale in un progetto di ricerca ex 40%.
L'attività
di ricerca documentata dalle pubblicazioni è indirizzata verso tematiche di
ambito minoico e miceneo, di latino tardo e di germanistica (limitatamente a
glossari latino-inglese antico). La maggior parte dei lavori è uscito in sede
locale.
Il filone
degli studi di ambito minoico e miceneo è rappresentato dalle pubblicazioni nn.
1, 7, 8, 9. La prima, breve lavoro di carattere puramente compilativo, è
principalmente costituita da elenchi di segni sillabici corredati di un
riferimento alle trascrizioni proposte da altri studiosi.
Le
pubblicazioni nn. 7, 8, 9, dedicate al Miceneo, costituiscono delle rassegne,
rispettivamente, dei contesti in cui ricorrono forme connesse con il nome
Ζεύς, di vocaboli micenei riconducibili a origine alloglotta e dei passi in cui si fa riferimento all'oro. Si tratta
di lavori ordinati e ricchi, spesso appesantiti da richiami non strettamente
pertinenti al tema trattato; data questa impostazione, colpisce la presenza, nella pur ampia
bibliografia, di lacune importanti, e in certi casi l'adesione a ipotesi ben
poco fondate (per es. sull'antroponimo ‛Έκτωρ).
Imprecisioni si riscontrano talora nella resa in caratteri alfabetici dei
vocaboli micenei.
Allo studio di glossari
latino-inglese antico di epoca anglosassone sono dedicati i lavori nn. 3, 4, 5,
6, 10.
I primi tre
riguardano il Glossario di Aelfric, di cui si esaminano le concordanze (n.
3), le peculiarità delle forme (in
particolare L. Mucciante si dedica a quelle latine; n. 4) e la presenza di
influenze lessicali del latino sull'antico inglese (n. 5). Si tratta di
raccolte ordinate, di indubbia utilità, anche se non prive di fraintendimenti.
Maggiore precisione e affidabilità presenta il lavoro n. 6, che descrive
ordinatamente struttura e funzione dei glossari bilingui latino-inglese antico.
La
pubblicazione n. 10 è l'edizione con commento di un glossario bilingue del XII
secolo di ambito anglosassone; si tratta di un lavoro interessante, nel quale
spiace di rinvenire qualche errore nella valutazione linguistica dei dati.
Nel
complesso si tratta di una studiosa volenterosa, impegnata in attività
organizzative ed editoriali. Le pubblicazioni (attinenti al SSD L-LIN/01),
tutte in sedi nazionali, rivelano un apprezzabile tentativo di raccogliere dati
anche originali, non sempre accompagnata da un'analisi linguistica rigorosa e
puntuale.
Giudizio del Prof. Maria Patrizia BOLOGNA
Nelle dieci pubblicazioni presentate,
edite in sedi di ampia diffusione e rilevanza scientifica, si riconosce varietà
di interessi nell'ambito della linguistica storica, con una predilezione per
ricerche di dialettologia greca e di linguistica germanica e latina, campi di
studio nei quali
La prof. Mucciante ha al suo
attivo una cospicua e costante operosità didattica e organizzativa. Il
curriculum e la produzione scientifica, continua nel tempo e del tutto
congruente con le tematiche del settore disciplinare L-LIN/01, indicano una
studiosa pienamente matura, che appare degna della massima considerazione ai
fini della presente valutazione comparativa.
Giudizio del Prof. Roberto Gusmani
Ricercatrice presso
l’Università di Chieti dal 1980, affidataria dell’insegnamento di Glottologia
presso la stessa sede dal 1991 al 1999, è dal 1999 docente di seconda fascia
del settore disciplinare di “Glottologia e linguistica” e affidataria
dell’insegnamento di Linguistica generale presso
Il filone di ricerca in cui la candidata ha raggiunto
risultati particolarmente significativi è rappresentato dallo studio dei
glossari bilingui del Medioevo anglosassone. Il contributo più maturo è il
volume [10], dedicato al glossario – in larga misura ancora inedito – contenuto
in un manoscritto della British Library risalente al XII secolo: l’autrice ne
offre l’edizione completa accompagnata da un puntuale e adeguato commento sulle
singole voci, sulla struttura del testo nonché sulle corrispondenze tra i lemmi
e analogo materiale glossografico di altra fonte. Testimoniano una profonda
familiarità con le problematiche dei glossari medievali anche altri lavori: in
particolare al glossario di Aelfric sono dedicati gli articoli [3] e [4],
ambedue scritti in collaborazione distinta con altra studiosa, i quali – nella
parte da attribuirsi alla concorrente – illustrano i rapporti con analoghi
documenti lessicografici bilingui e offrono, soprattutto nel secondo caso,
un’attenta disamina delle voci latine e delle loro anomalie, rivelatrici
dell’evoluzione linguistica in età medievale e dell’influsso esercitato dalla
parlata nativa del glossatore, mentre il volume sui latinismi nell’inglese
antico ([5]) studia con particolare attenzione i risvolti semantici di quei
prestiti e i differenti aspetti dell’adattamento formale, con conclusioni
interessanti anche dal punto di vista della tipologia dei fenomeni
d’interferenza e del calco. Più generico l’apporto del saggio [6], che illustra
nelle linee essenziali struttura e funzione dei repertori bilingui del periodo
medievale.
Un differente
ambito di attività della candidata è costituito dal greco miceneo, cui sono
dedicati – a parte la breve nota [1] sui segni del lineare A – tre contributi
denotanti una sicura impostazione filologica: in particolare [7] consiste in
un’analisi esauriente e ben informata della documentazione relativa a di-wi-jo e termini connessi, [9] è
un’organica disamina delle tavolette micenee contenenti la menzione dell’oro (ku-ru-so) con dettagliate considerazioni
grammaticali, antiquarie e storiche, mentre [8] passa in rassegna i termini
micenei che – in base al loro etimo di maggiore o minore verisimiglianza –
indiziano una serie di rapporti culturali e linguistici con le aree viciniori.
Infine il
saggio sull’itinerario attribuito ad Antonino Piacentino [2] valorizza le
differenze tra le due recensiones per
mettere a fuoco alcuni significativi tratti dell’evoluzione del latino
altomedievale.
La candidata
ha dimostrato di saper coltivare con impegno e rigore di metodo più campi della
disciplina, fornendo accurate descrizioni e conseguendo diversi originali
risultati, per cui è meritevole di esser presa in attenta considerazione ai
fini della presente valutazione comparativa.
Giudizio del Prof. Celestina milani
Luisa Mucciante
dell’Università di Chieti presenta dieci lavori. Nell’articolo Il problema della Lineare A, 1976, la
studiosa chiarisce lo status quaestionis
dei testi in Lineare A sulla base dei lavori sino ad allora pubblicati da noti
studiosi. Tre articoli riguardano il greco miceneo: L’insieme miceneo di-we, di-wi-jo, di-wi-je-u 1995; Incontri di lingue e culture nei testi
micenei 2000-2001; L’oro nelle
iscrizioni in Lineare B, 2002: in questi lavori si riscontrano notevoli
momenti di originalità nella valutazione dei testi e nelle interpretazioni di
vari lessemi.
Per quanto riguarda la
lingua latina nella produzione presentata dalla candidata si trova l’articolo Aspetti della facies linguistica dell’Itinerarium
Antonini Piacentini, 1979, nel quale sono evidenziate, con notevole
competenza, differenze grafiche, fonetiche e morfologiche tra le recensiones (G, R, a) del testo. Nel
volume Contributo allo studio dei
latinismi nell’inglese antico, Chieti 1989, rist. Alessandria 1995 sono
studiati con grande profondità i latinismi del Glossario di Aelfric. Particolare risalto viene dato ai prestiti,
suddivisi secondo la terminologia religiosa e/o laica. I termini latini sono
messi in rapporto col lessema corrispondente dell’antico inglese. La candidata
mostra ottima competenza anche nell’antico inglese come appare anche dai
seguenti lavori: Il Glossario di Aelfric studio sulle concordanze, in
collaborazione con Loredana Lazzari (di L. Mucciante le pp. 14-18; 21-25;
35-41; 54-71; 106-151; 172-180; 192-198; 202-240), Ed.. dell’Ateneo, Roma 1984
si inserisce nella complessa problematica dei diversi glossari che figurano in
vari manoscritti con lo scopo di individuare le fonti dei vari lemmi.
L’articolo Aspetti formali del Glossario di Aelfric e delle sue concordanze,
1984 (in collaborazione con Loredana Lazzari) approfondisce il problema con
osservazioni molto interessanti. L’argomento è ulteriormente affrontato in Strutture e funzione dei glossari bilingui
nel periodo anglosassone, 1990, lavoro ricco di nuovi e originali
approfondimenti.
Il volume Apodix.i.socia. Il glossario del ms. London,
British Library, Royal 7.D.II come contributo alla conoscenza del latino
nell’Inghilterra medievale, Ed. dell’Orso, Alessandria 2002, denota
un’ottima conoscenza degli ambiti linguistici pertinenti, come appare
dall’analisi delle singole glosse. I riferimenti si estendono alle voci di altri
glossari e di altri testi medievali.
L’insieme dei lavori della
candidata rivela una profonda capacità di indagine, condotta con alta
metodologia, e un’ottima conoscenza delle lingue di cui la studiosa si occupa.
Sono notevoli e numerosi gli aspetti di originalità. La produzione è di
altissimo livello
Giudizio
collegiale
Nata l'1.11.1948 a Carpineto
Nora (PE), dal 1973 borsista di Glottologia, dal 1975 assegnista biennale della
stessa disciplina e poi contrattista, dal 1980 ricercatore confermato di
Glottologia, e dal 1999 professore associato di Glottologia.
Nel
L'attività scientifica della
Candidata si situa nell'ambito della linguistica minoica e micenea e più in
generale della dialettologia greca, nonché nell'ambito della linguistica
germanica (antico inglese), e in altri settori come la linguistica latina.
Ha svolto attività di
organizzazione scientifica di diversi convegni nazionali e internazionali
(Convegni internazionali della cultura interadriatica), attività di cura
editoriale di volumi, tra cui i Quaderni
dell’Istituto di Glottologia dell’Università degli Studi di Chieti, e
attività istituzionali all'interno dell'ateneo di appartenenza.
È stata responsabile
dell'unità locale dell'Università “G. d'Annunzio” nella ricerca
interuniversitaria «Redazione dei materiali etnolinguistici destinati alle
carte dei volumi dell'Atlante Linguistico italiano» ed ha rappresentato
l’Istituto di Glottologia dell'Università degli Studi di Chieti nel gruppo di
partenariato per la realizzazione del progetto «La lingua e il lavoro»
finanziato dall'Unione Europea.
Nell'anno
accademico 1971-
Dal
1991 al
Nelle
dieci pubblicazioni presentate, edite in sedi di ampia
diffusione e rilevanza scientifica, si riconosce varietà di interessi
nell’ambito della linguistica storica, con una predilezione per ricerche di
dialettologia greca e di linguistica germanica e latina, campi di studio nei
quali