Procedura di Valutazione comparativa ad un posto di Professore Ordinario Presso la Facolta' di lingue e letterature straniere Settore L-Lin/13 – letteratura tedesca. Pubblicato sulla Gazzetta n. 54 del 11/07/2008

 

VERBALE N. 3

 

Il giorno 27 luglio 2010 alle ore 8.30, presso i locali della Presidenza della Facoltà di Lingue e Letterature Straniere dell’Università degli Studi “G. D’Annunzio” in Chieti-Pescara, ha avuto luogo la  riunione della Commissione costituita per il concorso di cui in premessa.

La Commissione,  composta dai seguenti  professori:

 

Prof. Fabrizio Cambi                           Presidente

Prof. Alessandro Costazza                   Segretario

Prof. Matteo Galli                                Commissario

Prof. Lucia Perrone Capano                Commissario

Prof. Roberto Venuti                           Commissario

 

risulta presente al completo e pertanto la seduta è valida.

           

            Ogni Commissario, dopo attenta analisi del profilo curricolare, dei titoli e delle pubblicazioni procede alla formulazione di un giudizio individuale per ogni candidato.

 

GIUDIZI INDIVIDUALI

 

Candidato: Pier Carlo Bontempelli

 

Giudizio del Prof. fabrizio cambi

Pier Carlo Bontempelli è professore associato di Letteratura tedesca dal 2000, fino al 2005 presso l’Università di Cassino e dal 2005 a oggi all’Università “G.d.Annunzio” di Chieti-Pescara. In entrambe le sedi è stato l’unico docente strutturato della disciplina e ha svolto un’intensa attività didattica e organizzativa.

Gli interessi scientifici del candidato si sono concentrati nel tempo sulla letteratura e la cultura austriaca e tedesca fra Otto e Novecento, con specifico riferimento agli autori del Naturalismo, e in seguito a temi inerenti la storia della germanistica ripercorsa in chiave teorica e diacronica. A Bontempelli va riconosciuto il merito di aver fissato con metodo rigoroso e coraggioso le tappe costitutive ed evolutive della germanistica tedesca nel noto volume Storia della germanistica. Dispositivi e istituzioni di un sistema disciplinare, uscito nel 2000 e, a conferma della sua validità e solidità, edito in lingua inglese nel 2003 dalla University of Minnesota, in parte già anticipato in un capitolo della Storia della Civiltà letteraria tedesca (1998). In sintonia con gli studi di Pierre Bourdieu e Michel Foucault si esaminano nel volume le tensioni e le opposizioni, da K. Lachmann a J. Grimm, da G. Gervinus a W. Dilthey che hanno portato la germanistica alle soglie del terzo millennio. Le riflessioni articolate e sviluppate con spirito critico sono state il prodromo di un allargamento di prospettiva mirato a studiare il complesso rapporto fra cultura accademica e il regime nazionalsocialista. La monografia L’intelligence delle SS e la cultura tedesca (2006) si rivela, anche grazie al supporto di materiali d’archivio in gran parte inediti, un contributo illuminante sull’attività dei giovani intellettuali del Servizio di Sicurezza non sempre allineato con la politica culturale ufficiale circa l’obiettivo di affermare un autentico sapere tedesco alternativo al pensiero occidentale. Bontempelli ricostruisce in modo approfondito ed efficace tali complesse dinamiche confermando di muoversi con perizia nella dimensione dei circuiti culturali e letterari nel loro rapporto e impatto con la politica e le istituzioni ad essi preposti.

In un ambito più filologico-letterario vanno menzionate l’utile edizione dei manifesti letterari del Naturalismo tedesco (1990), che presenta un’ampia raccolta commentata di testi programmatici del movimento, e una scelta di saggi dello scrittore Karl-Markus Gauβ cui è dedicato anche un saggio pubblicato negli “Annali dell’Università di Napoli”. Fra gli articoli presentati si segnala il contributo sulle Elegie di Buckow di Brecht di cui sono fissate le coordinate poetiche e politiche.,

Il profilo scientifico raggiunto dal candidato è tale da meritare ampiamente di essere preso in considerazione per il conseguimento dell’idoneità a professore di I fascia di letteratura tedesca.  

 

 

 

Giudizio del  Prof. Alessandro Costazza

Il candidato è stato Ricercatore di Lingua e Letteratura tedesca prima presso l‘Università “G. d’Annunzio” di Pescara (1984-1992) e quindi presso l’Università di Cassino dal 1993 al 2000. A partire dal 2000 e fino al 2005 ha insegnato Letteratura tedesca in qualità di Professore associato presso l’Università di Cassino e nel 2005 è tornato all’Università di Chieti-Pescara, dove è tutt’ora attivo come Professore associato di Letteratura tedesca.

La sua attività di ricerca ha riguardato la letteratura e la cultura tedesca e austriaca tra Otto- e Novecento, il pensiero conservatore durante la Repubblica di Weimar e gli autori naturalisti. Negli ultimi quindici anni i suoi interessi si sono appuntati, come dimostrano le pubblicazioni inoltrate per il presente concorso, sulla storia, le metodologie e i temi della germanistica a partire dall’Ottocento fino ai giorni nostri.

Il capitolo Profilo storico della Germanistica (1800-1900), comparso all’interno della Storia della civiltà letteraria tedesca (1998), contiene già lo scheletro – necessariamente schematico – di quelli che saranno gli approfondimenti successivi. Nel volume Storia della germanistica (2000) diventano più chiari e più espliciti la prospettiva e gli strumenti metodologici applicati da Bontempelli, consistenti in particolare in alcune categorie sociologiche riprese da Pierre Bourdieu e da Michel Foucault. Come Bontempelli scrive nell’introduzione dell’edizione americana di quest’opera, “it has never been my intention to write a history of German Studies”. Per questo motivo appare più appropriato il titolo – e anche il sottotitolo – dell’edizione americana dell’opera, che recita: Knowledge, Power, and Discipline. German Studies and National Identity (2004). Bontempelli non intende proporre infatti né una carrellata di personaggi, né una disamina dei diversi metodi applicati nel corso della storia della germanistica. Attraverso un’analisi genealogica di tipo nietzscheano o arecheologica in senso foucaultiano, egli cerca piuttosto di individuare gli interessi politici, sociologici e culturali che hanno portato allo stabilirsi della Germanistica come disciplina universitaria e di mettere quindi a nudo i meccanismi interni ed esterni, le pratiche sociali di disciplinamento e di arruolamento che ne hanno garantito la legittimazione, l’affermazione e lo sviluppo. Alcuni dei temi affrontati in quest’opera vengono approfonditi anche nel saggio Wilhelm Scherer und die Bildung des Habitus in der deutschen Germanistik (2005), nonché nella monografia SD. L’intelligence delle SS e la cultura tedesca (2006). Qui Bontempelli mostra in maniera convincente e approfondita, anche sulla base di documenti inediti, come l’autonomia autoreferenziale della germanistica accademica abbia condotto al risultato in parte paradossale di una scienza molto vicina all’ideologia nazista che si oppose tuttavia al tentativo di allineamento e di controllo portato avanti dal nazionalsocialismo e dai suoi servizi segreti. In questa pubblicazione, così come anche in un saggio autonomo su Goethe durante il Terzo Reich, Bontempelli indaga i tentativi intrapresi dallo SD (servizio di sicurezza) di influenzare e di modificare concretamente il canone letterario affermato e condiviso in gran parte anche dal partito nazionalsocialista.

Al tema delle conseguenze esercitate sulla germanistica dalla caduta del muro di Berlino e alle prospettive di una nuova germanistica meno autoreferenziale, più aperta anche ad altre metodologie e a rapporti transnazionali, è dedicato il saggio intitolato Thesen zu einer transnationalen Germanistik, in cui Bontempelli prende a modello di uno sviluppo “alternativo” della germanistica la figura e l’opera di Leo Spitzer.

Vanno ricordate, ancora, le due antologie di testi, ben curate, commentate e anche tradotte da Bontempelli, vale a dire I manifesti letterari del Naturalismo tedesco (1990) e gli “Studi scelti su passato e futuro” di Karl-Markus Gauß, intitolati Cara patria (1997), sul quale Bontempelli presenta anche un saggio critico. Nel saggio Rileggere, oggi, le Elegie di Buckow (2003), Bontempelli interpreta infine in maniera convincente quest’opera come meditazione, portata avanti da Brecht sulle orme di Mao, sul rapporto tra l’intellettuale e il potere, tra l’eredità del passato e i compiti del presente, in risposta agli avvenimenti alla morte di Stalin e alla sollevazione del 17 giugno 1953.

La produzione scientifica di Bontempelli sembra aver trovato proprio negli ultimi anni nuovo slancio. I suoi lavori mostrano un indubbio dominio degli strumenti metodologici, unito alla capacità di lavorare in archivio e di acquisire in tal modo nuove conoscenze e di aprire anche nuovi orizzonti e punti di vista alla disciplina. Per tutti questi motivi ritengo che il candidato abbia tutte le caratteristiche per poter essere chiamato come Professore Ordinario all’interno della presente valutazione comparativa.

 

Giudizio del  Prof. MATTEO GALLI

Laureato alla Sapienza nel 1976, il candidato, dopo aver lavorato come Lettore di Lingua Italiana (Bamberg), è entrato nel 1984 nei ruoli dell’Università come Ricercatore presso l’Università di Pescara. Dal 1993 si è trasferito all’Università di Cassino, dove nel 2001 è diventato Professore associato. Dal 2005 è tornato a insegnare a Pescara. Ha svolto una costante attività didattica e organizzativa.

Ai fini del concorso Bontempelli presenta due monografie (2004 e 2006, la prima delle quali è in realtà la traduzione in inglese del suo Storia della germanistica, pubblicato in Italia nel 2000), due volumi curati (1990 e 1997), nonché sei saggi che vanno dal 1998 al 2005.

Il principale ambito di ricerca di Bontempelli è la disciplina stessa della germanistica a cui sono dedicate per intero la monografia qui presentata in inglese e alcune parti del volume del 2006, incentrato sull’intelligence delle SS e la cultura tedesca. Servendosi di metodologie e categorie in buona parte mutuate dalle scienze sociali – da Foucault e da Bourdieu avanti a tutti - Bontempelli compie, nel primo volume, una puntuale ricognizione relativa alla progressiva legittimazione disciplinare della germanistica nell’arco di circa due secoli: dalla nascita della prima cattedra di germanistica nella appena fondata università della Berlino occupata all’inizio dell’800 fino ai giorni nostri, passando attraverso alcuni snodi storici e teorici canonici quali gli anni che precedono la fondazione dello stato nazionale, l’età del positivismo, la nascita della Geistesgeschichte, gli anni del nazismo, le articolazioni della disciplina nel quarantennio di divisione, la frattura generazionale negli anni intorno al’68. Appoggiandosi a un cospicuo materiale d’archivio e ricorrendo ai medesimi numi tutelari, sul piano della metodologia, il candidato studia nel volume del 2006 un aspetto decisamente innovativo nel panorama della cultura tedesca del ‘900, vale a dire la penetrazione dei servizi segreti all’interno dell’università tedesca, segnatamente della germanistica, al fine di ridurla al completo servizio dell’ideologia dominante e di eliminare qualsivoglia velleità di autonomia intellettuale e istituzionale. Si tratta di una ricerca che solo in alcune parti (p.es. nel capitolo: “Come conquistare la Germanistica”, p. 144-188, e in quello dedicato all’eredità culturale, là dove si tratta diffusamente del caso Goethe, p. 222-256) può definirsi germanistica in senso stretto, mentre le altre sezioni, tutte eccellenti, del volume sono piuttosto da considerarsi ricerche squisitamente storiche.

Il marcato interesse di Bontempelli per questioni attinenti la teoria e l’ideologia è dimostrato altresì dall’attenzione riservata al saggista austriaco Karl Markus Gauß (del quale il candidato ha curato anche una scelta di testi) nonché dai contributi di minor respiro, due dei quali (quello su Goethe nel Terzo Reich e quello attinente alla storia della germanistica inserito all’interno della Storia della civiltà letteraria tedesca diretta da Marino Freschi), si incentrano su argomenti trattati in pubblicazioni più articolate presentate ai fini del concorso. Fra i contributi più brevi spicca un’avvincente lettura delle Elegie di Buckow di Bertolt Brecht, re-interpretate in chiave maoista.

Il curriculum scientifico di Bontempelli configura un candidato di sicura, seppur leggermente tardiva, maturità, degno di essere preso in seria considerazione per un’idoneità a professore di I fascia di Letteratura tedesca.

 

Giudizio del  Prof.  lUCIA pERRONE cAPANO

Pier Carlo Bontempelli è attualmente Professore associato di Letteratura tedesca all’Università di  Chieti-Pescara. Ha svolto una lunga e intensa attività didattica - è stato anche Visiting Professor alla University of Minnesota (USA) - e di coordinamento di progetti di rilievo, tra cui molti finanziati dal CNR. I suoi interessi di ricerca sono volti, da una parte, alla cultura letteraria  dell’Ottocento e del Novecento in Germania e in Europa e, dall’altra, alla cultura contemporanea e alla disciplina germanistica nella sua formazione, evoluzione e trasformazione. Con grande perizia lo studioso ricostruisce  la storia degli studi tedeschi attraverso l’analisi dei testi e dei discorsi istituzionali in un importante volume che ha pubblicato anche in edizione inglese con il titolo Knowledge, Power, and Discipline. German Studies and National Identity (Minnesota University Press, 2004).

Nella prima direzione si muovono, tra le pubblicazioni presentate per la valutazione comparativa, gli studi sul Naturalismo che indagano il ruolo del movimento nel panorama letterario del volgere del secolo presentandolo efficacemente attraverso i manifesti e il loro interrelarsi con le manifestazioni culturali dell’epoca.

Di notevole interesse è anche il testo che presenta gli itinerari ‘periferici’ di K.-M. Gauss (Cara Patria. Studi scelti su passato e futuro della letteratura mitteleuropea, Marcos y Marcos, 1997), e ha il grande merito non solo di far conoscere al lettore italiano la figura di questo brillante polemista austriaco, ma anche di porre all’attenzione temi, come ad esempio quello del concetto di patria dopo il 1945, di cultura etnica e di letterature non canonizzate, che hanno trovato poi largo spazio nel dibattito letterario e culturale successivo. Si tratta anche di «Quel nuovo sguardo letterario verso l’est», come lo definisce l’autore in un altro saggio dedicato a Gauss (2004), che è culminato l’anno scorso nell’attribuzione del Premio Nobel a Herta Müller.

Grande rilievo assume lo studio, basato sull’attento esame di un cospicuo materiale di archivio, che  ha per argomento la politica culturale dei servizi segreti delle SS e in particolare il ruolo degli intellettuali militanti legati ai corpi speciali e alle istituzioni culturali del Terzo Reich, in cui si colgono e analizzano  in maniera pregnante le specifiche relazioni che si instaurano tra intellettuali e potere, nella fattispecie dittature totalitarie del Novecento. Va segnalato anche come la sicurezza nella ricerca di fonti e documenti si unisca sempre alla chiarezza dell’esposizione e alla fluidità della scrittura.

In tutti i suoi studi Pier Carlo Bontempelli dimostra ampiezza di prospettiva scientifica e  strumenti metodologici  molto aggiornati. Ne emerge il profilo di uno studioso lucido e innovativo che ha aperto nuove direzioni di ricerca nella germanistica italiana, riflettendo in chiave storica e teorica, ma con costante attenzione al tessuto testuale della cultura, sulle metodologie e sui temi della disciplina in una sempre più attuale prospettiva transnazionale. Il candidato si impone decisamente per una considerazione ai fini dell’idoneità a ricoprire una cattedra di prima fascia di Letteratura tedesca.

 

Giudizio del  Prof.  rOBERTO VENUTI

Pier Carlo Bontempelli, vincitore di concorso per Ricercatore nel 1983 e Ricercatore confermato dal 1987, è Professore associato dal 2000, prima presso l’Università degli Studi di Cassino e poi, dal 2005, di nuovo presso l’Università G. d’Annunzio.

L’attività scientifica di Pier Carlo Bontempelli è coerentemente incentrata su alcuni ben definiti nuclei tematici, che ruotano intorno al rapporto tra la cultura e le sue condizioni istituzionali di produzione, ricezione e trasmissione, nella linea di una nuova e aggiornata teoria materialistica della cultura. Fin da una delle prime prove (Introduzione a I manifesti letterari del naturalismo tedesco, 1990) si scorge un sicuro interesse per la definizione dello spazio di relazione in cui si muovono gli autori naturalisti e per i nessi storici, sociali e politici che lo attraversano. Una lettura criticamente attenta e talvolta originale delle opere di teorici e pensatori degli ultimi decenni – in particolare di Pierre Bourdieu e di Michel Foucault –  caratterizza l’impianto dei suoi studi più recenti. Fra questi, il più ampio e significativo – anche per la diffusione presso la comunità scientifica internazionale assicurato dalla pubblicazione presso una delle principali University Press statunitensi – è il volume Knowledge, Power, and Discipline. German Studies and National Identity, del 2004. Si tratta dell’edizione in lingua inglese, riveduta, ampliata e corredata di un’importante introduzione metodologica (assente nell’edizione italiana), del suo precedente volume Storia della germanistica. Dispositivi e istituzioni di un sistema disciplinare (2000). In questo volume, Bontempelli parte da una solida metodologia d’impianto teorico, particolarmente attenta alla critica dell’ideologia, su cui egli innesta, in modi rigorosi e non dogmatici, spunti interpretativi  ripresi da autori che negli ultimi decenni del Novecento hanno analizzato le forme della dominazione simbolica nella cultura e nei saperi. Il volume ripercorre le vicende intellettuali e istituzionali della germanistica, dalla sua fondazione nel 1810 fino al 2000, concentrandosi su momenti specifici e cruciali di questo sviluppo, analizzando i suoi più importanti dispositivi istituzionali e disciplinari.  Di particolare interesse risultano i capitoli dedicati alla germanistica del  Terzo Reich; alla svolta epistemologica e alla contestazione del 1968;  alle più recenti espressioni del rapporto potere/conoscenza nel processo di Evaluierung che ha investito le università tedesco-orientali dopo la riunificazione. Il lavoro, condotto con estremo rigore filologico su una rilevante mole di documenti di varia natura, è retto da un filo interpretativo coerente e convincente e costituisce un apporto originale sul piano metodologico, come del resto testimoniato dalle numerose recensioni positive tedesche, americane e italiane. Temi su cui Bontempelli si era del resto già cimentato, come si evince dal panorama efficace (Profilo storico della germanistica. 1800-1990) tratteggiato nella Storia della civiltà letteraria tedesca della UTET (1998).

Il tema del conflitto tra potere politico e autonomia del campo culturale si ritrova anche nel volume SD. Il servizio di sicurezza delle SS e la politica culturale (2006).  In esso Bontempelli fa uso di materiali inediti reperiti presso il “Bundesarchiv” di Berlino per esaminare il funzionamento di una istituzione quasi ignota del potere nazionalsocialista: il Servizio segreto delle SS e, in particolare, la sezione dedicata al lavoro culturale e ideologico, di cui facevano parte insigni studiosi e germanisti.

Il volume, basato su materiali d’archivio inediti, spesso sorprendenti, e su un’analisi acuta e teoricamente avvertita di casi esemplari sapientemente scelti, presenta spunti di grande interesse e si propone come uno dei contributi più originali e innovativi, anche sul piano internazionale, nello studio dei rapporti tra sapere e potere all’interno della germanistica e dell’istituzione universitaria durante il Terzo Reich.                   

Altro elemento che attraversa gli interessi scientifici di Bontempelli è lo sguardo verso i territori dell’ex Impero Austro-ungarico, qui rappresentato dai saggi su Karl-Markus Gauβ: l’introduzione al volume Cara patria. Studi scelti su passato e futuro della letteratura mitteleuropea (1997) e Karl-Markus Gauβ: Literatur und Kritik e il nuovo sguardo verso Est (2004). In essi Bontempelli delinea un abbozzo di storia sociale dell’intellettuale austriaco nei suoi rapporti con il potere, dal riformismo di Maria Teresa e di Giuseppe II fino alla Repubblica austriaca dei nostri giorni, per poi soffermarsi sul ruolo svolto da Gauβ, Kulturkritiker solitario ed eretico dopo il 1989.

In conclusione, Bontempelli presenta, sia come docente sia come studioso, un percorso lungo e ricco di esperienze nazionali e internazionali. La sua produzione scientifica, continuativa e interamente congruente con gli ambiti previsti dal SSD, è organizzata attorno a nuclei coerenti e ben definiti, che denotano solide competenze in campo germanistico, ma anche la capacità di far dialogare quest’ultimo - in maniera originale - con i contributi provenienti da altri campi del pensiero, con risultati innovativi e di notevole spessore. Le sue argomentazioni, attraversate da una vigile consapevolezza di ordine teorico e metodologico, sono sempre sorrette da una documentazione rigorosa e accurata. Tutta la sua ricerca è di spiccato interesse e originalità; spesso basata su fonti inedite, essa costituisce un indubbio contributo al sapere nel campo germanistico. Si ritiene pertanto il candidato pienamente valido sotto tutti i profili previsti dalla presente valutazione comparativa e meritevole di una idoneità di prima fascia.

 

           

Candidato: Gabriella D’Onghia

 

Giudizio del Prof. fabrizio cambi

La candidata Gabriella D’Onghia è dal 1985 Professore associato di Letteratura tedesca presso la Facoltà di Lettere e Filosofia di Salerno. Dal 1989 al 1992 si è trasferita all’Università L’Orientale di Napoli. Dal 1992 al 1996 ha insegnato all’Università di Cassino e dal 1996 a oggi è in servizio all’Università di Roma Tre. Ha svolto una lunga e costante attività didattica e organizzativa. La produzione scientifica presentata si concentra essenzialmente sulla narrativa della seconda metà dell’Ottocento e della cultura viennese fin de siècle, con particolare riferimento a Theodor Storm e a Karl Kraus.

A Theodor Storm, con la cui opera la candidata ha una lunga frequentazione, avendo scritto la prefazione nel 1984 a un’ampia raccolta in traduzione italiana dei suoi racconti, sono dedicati tre contributi che contribuiscono all’inquadramento storico-critico dell’autore. Si segnalano in proposito il saggio su Le ambivalenze prospettiche nell’ultima novella di Storm, pubblicato su “Cultura tedesca” (1999), nel quale si compie una lettura dello Schimmelreiter basata  sull’ “ottica del contrasto” e sulle “ambivalenze della narrazione”, e lo studio Theodor Storm e la favola di Psiche, pubblicato nel volume Mito e parodia, curato dalla candidata stessa e da Ute Weidenhiller e contenente gli atti di un convegno tenutosi nel 2005.

L’altro filone di ricerca riguarda l’opera di Karl Kraus cui sono dedicati quattro studi ripresi e ampliati nella monografia Teatro e teatralità nell’opera di Karl Kraus (2003). Interessante risulta la prospettiva interpretativa, basata anche sull’esame degli scritti teatrali giovanili, della “dimensione scenica della scrittura” di Kraus di cui si rileva l’intreccio fatto di attrazione e di possibile sintesi fra scena e linguaggio. Si segnala infine il saggio Heimito von Doderer. “Il caso Gütersloh”, pubblicato su “Studia austriaca”, nel quale si inquadra la ricezione di Gütersloh in Heimito von Doderer in un contesto assai più ampio di quanto secondo tradizione si è soliti fare limitandosi alla sua biografia del 1930.

Pur in considerazione del curriculum scientifico di assoluta dignità si esprimono riserve circa la possibilità di prenderla in considerazione ai fini del conseguimento dell’idoneità a Professore di I fascia di Letteratura tedesca.

 

Giudizio del  Prof. Alessandro Costazza

La candidata Gabriella D’Onghia è Professore associato di Letteratura tedesca presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università Roma Tre. La produzione scientifica presentata si concentra sulla narrativa della seconda metà dell’Ottocento e della cultura viennese fin de siècle, con particolare riferimento a Theodor Storm e a Karl Kraus.

La candidata, che ha pubblicato nel 1984 un’ampia raccolta in traduzione italiana di Theodor Storm, presenta quattro lavori che contribuiscono all’inquadramento storico-critico dell’autore. Si segnala in particolare il saggio su Le ambivalenze prospettiche nell’ultima novella di Storm, nel quale viene condotta una lettura dello Schimmelreiter basata sull’ “ottica del contrasto” e sulle “ambivalenze della narrazione”. La candidata presenta anche lo studio Theodor Storm e la favola di Psiche, pubblicato nel volume Mito e parodia, curato dalla candidata stessa e da Ute Weidenhiller e contenente gli atti di un convegno tenutosi nel 2005.

Un ulteriore filone di ricerca riguarda l’opera di Karl Kraus, sul quale la candidata presenta quattro studi ripresi e ampliati nella monografia Teatro e teatralità nell’opera di Karl Kraus (2003). Interessante risulta l’esame della “dimensione scenica della scrittura” degli scritti teatrali giovanili di Kraus, di cui si rileva l’intreccio fatto di attrazione e di possibile sintesi fra scena e linguaggio. Il saggio Heimito von Doderer. “Il caso Gütersloh” inquadra invece la ricezione di Gütersloh in Heimito von Doderer, considerandolo sullo sfondo di un contesto assai più ampio di quanto secondo tradizione si è soliti fare limitandosi alla sua biografia del 1930.

Il giudizio complessivo dei titoli presentati evidenzia il limitato campo di investigazione scientifica della candidata, che non conduce ad apprezzabili risultati scientifici. Si ritiene quindi che la candidata non possa esser presa in considerazione ai fini del conseguimento dell’idoneità a Professore ordinario di Letteratura tedesca.

 

Giudizio del  Prof. MATTEO GALLI

Professore Associato presso le Università di Salerno (1985-1989), Napoli (1989-1992), Cassino (1992-1996), dal 1996-97  è docente presso l’Università di Roma Tre, Gabriella D’Onghia, che ha svolto una costante attività didattica, presenta per il concorso in oggetto: una monografia (2003), l’introduzione relativa ad un volume da lei tradotto (1995 2^ ed.), un saggio all’interno di un volume di saggi miscellanei da lei curato insieme ad Ute Weidenhiller (2007), nonché sette saggi pubblicati fra il 1986 e il 2005.

Delle dieci pubblicazioni presentate 4 vertono su Theodor Storm e 4 su Karl Kraus. Le due restanti sono incentrate una su Heimito von Doderer (e Albert Paris Gütersloh) e l’altra su un’opera minore di Goethe, unica incursione della candidata nel territorio della “Klassik”.

Il volume dedicato a Karl Kraus, pur molto documentato, non apporta alcun  contributo sostanzialmente originale alla bibliografia sull’autore: un capitolo dedicato a una trouvaille critica (il primo saggio su Kraus in Italia), non particolarmente connesso col resto del volume, un capitolo biografico, dedicato ad alcune delle prime recensioni teatrali krausiane, un capitolo teorico e infine due dedicati, rispettivamente, a Die letzten Tage der Menschheit e a Wolhenkuckuksheim. Servendosi di uno stile enfatico-estetizzante, l’autrice alterna ampi brani tratti dai testi saggistici e fictional dell’autore a una sua lettura parafrastico-textimmanent.

La stessa metodologia è rintracciabile nei contributi stormiani della candidata, fra i quali spicca la perspicua introduzione al volume della BUR.

Il curriculum e le pubblicazioni della candidata, pur di assoluta dignità, non consentono che venga presa in esame come possibile idonea per una valutazione comparativa.

 

Giudizio del  Prof.  lUCIA pERRONE cAPANO

Professore associato di Letteratura tedesca dal 1985, insegna attualmente nell’Università di Roma Tre. Ha svolto una lunga e intensa attività didattica. Gli interessi di ricerca della candidata sono concentrati sulla letteratura tedesca del secondo Ottocento e sulla prosa del primo Novecento austriaco con contributi in particolare sulla narrativa di Theodor Storm e sulla cultura mitteleuropea di fine secolo. A quest’ultimo periodo si riferiscono la pubblicazione sul rapporto fra Doderer Gütersloh e i saggi su Karl Kraus. Su Karl Kraus Gabriella D’Onghia ha pubblicato la monografia Teatro e teatralità nell’opera di Karl Kraus (2003), che presenta un’analisi dell’estetica krausiana nel suo rapporto con la dimensione etica e con la decadenza della Vienna del finis Austriae.

Dell’opera di Storm, altro filone importante di ricerca, la studiosa ha curato  una scelta di novelle per i classici della BUR (1995²), corredata da introduzione, note, testimonianze e giudizi critici. Di Storm, cui Gabriella D’Onghia dedica altri quattro interessanti contributi, ricostruisce le coordinate di una concezione artistica basata sul problematico rapporto arte-vita. Tra questi saggi si segnalano quello su Le ambivalenze prospettiche nell’ultima novella di Storm  (“Cultura tedesca”, 1999), in cui si compie un’attenta lettura dello Schimmelreiter basata sull’ ”ottica del contrasto”, e il contributo su Theodor Storm e la favola di Psiche, pubblicato nel volume  Mito e Parodia nella letteratura tedesca del diciannovesimo/ventesimo secolo, a cura della candidata e di Ute Weidenhiller (2007).

Nel complesso si delinea il profilo di una studiosa attenta che ha fornito apprezzabili contributi alla ricezione di Kraus e di  Storm.

 

 

Giudizio del  Prof.  rOBERTO VENUTI

La candidata Gabriella D’Onghia è dal 1985 Professore associato di Letteratura tedesca presso la Facoltà di Lettere e Filosofia di Salerno. Dal 1989 al 1992 ha insegnato presso l’Università di Napoli L’Orientale, dal 1992 al 1996 ha insegnato presso l’Università di Cassino e dal 1996 a oggi all’Università di Roma Tre. Ha svolto una lunga e ininterrotta attività didattica. La produzione scientifica presentata si concentra essenzialmente sulla narrativa della seconda metà dell’Ottocento e della cultura viennese fin de siècle, con particolare riferimento a Theodor Storm e a Karl Kraus.

Sull’opera del primo autore la candidata ha concentrato a più riprese la sua attenzione critica. Del 1984 è la cura delle Novelle corredate da una nitida introduzione, cui hanno fatto seguito una serie di contributi, Pole Poppenspäler: commedia umana o teatro dei burattini (1990); Le ambivalenze prospettiche nell’ultima novella di Storm (1999); Theodor Storm e la favola di Psiche (2005), in cui Gabriella D’Onghia ha esaminato con sguardo attento gli aspetti centrali della produzione di questo autore, collocandola nelle coordinate storico-letterarie della cultura del secondo Ottocento e studiandone le anticipazioni rispetto ad alcuni grandi motivi di quella primo-novecentesca.

A Karl Kraus la candidata ha dedicato quattro studi ripresi e ampliati nella monografia Teatro e teatralità nell’opera di Karl Kraus (2003). La prospettiva interpretativa, basata anche sull’esame degli scritti teatrali giovanili e della “dimensione scenica della scrittura” dell’autore austriaco, mira a chiarire gli snodi dell’estetica krausiana in rapporto alla dimensione etica e ai fenomeni caratterizzanti la Vienna del finis Austriae.

Completa il quadro delle pubblicazioni presentate il saggio L’eco di “Die Vögel” nel racconto del “Viaggio in Italia”, in cui la candidata studia con garbo e competenza l’influenza della commedia di Aristofane sulla redazione del Viaggio in Italia di Goethe.

Complessivamente la candidata appare una studiosa informata e consapevole che sa porgere con chiarezza i risultati delle sue ricerche.

 

 

Candidato: Roberto De Pol

 

Giudizio del Prof. fabrizio cambi

Il candidato è dal 2000 Professore associato di Letteratura Tedesca presso l’Università di Genova, dove ha svolto un’intensa attività didattica e organizzativa.

Gli interessi scientifici di De Pol si rivolgono ad autori e temi della letteratura tedesca medievale, cinquecentesca e dell’età barocca, raramente studiati nella germanistica italiana, sviluppando di frequente una prospettiva comparatistica.

La produzione scientifica, presentata ai fini della valutazione comparativa, non comprende studi monografici e si articola in una edizione critica, una curatela e diversi saggi, alcuni dei quali pubblicati in tedesco. Di notevole rilievo è l’edizione da lui curata del dramma allegorico, in tre atti con un interludio, Germania anelante la Pace di Johann Rist. Nell’ambito della letteratura seicentesca, originata dalla Guerra dei Trent’Anni, la chiave di lettura proposta dal candidato nell’introduzione è che l’invocazione alla pace non sia dettata da una visione utopico-proiettiva quanto da una prospettiva retroattiva che riafferma la purezza e quindi la potenza degli originari valori e costumi del popolo germanico. Il candidato ricostruisce inoltre le tappe poetiche di Rist, fra l’altro divulgatore della riforma opitziana, anche alla luce di altri testi letterari.

Vanno menzionati inoltre i due consistenti capitoli su Il secondo Cinquecento  da Lutero a Fischart  e Il Seicento nella Storia della civiltà letteraria tedesca, diretta da Marino Freschi, che forniscono un panorama assai esteso, documentato e informativo, con un’analisi del rapporto tra generi letterari e discorsi storico-ideologici, di grande utilità per gli studenti di germanistica.

Tra i contributi si segnala l’edizione critica della prima traduzione tedesca a stampa del Principe di Niccolò Machiavelli, apparsa adespota nel 1714, con il titolo Lebens- und Regierungsmaximen eines Fürsten. Nell’introduzione De Pol analizza approfonditamente gli aspetti linguistici, storico-culturali ed editoriali del testo. In altri studi presentati viene spesso affrontata e approfondita la prospettiva del rapporto fra testo letterario e teatrale e il potere nelle sue manifestazioni come nel saggio “Io e Lui”: l’uccisione del nemico in testi letterari tedeschi dal Medioevo all’età moderna.

Ne emerge il profilo di uno studioso serio e impegnato dotato di una solida preparazione filologica e di sicuri strumenti metodologici.

 

Giudizio del  Prof. Alessandro Costazza

Il candidato è dal 2000 Professore di Letteratura tedesca presso l’Università di Genova, dove ha svolto un’intensa attività didattica e organizzativa.

Gli interessi scientifici di De Pol si concentrano su autori e temi della letteratura tedesca medievale, cinquecentesca e dell’età barocca, sviluppando spesso una prospettiva comparatistica. I lavori presentati ai fini della valutazione comparativa non comprendono studi monografici. Di rilievo è l’edizione da lui curata del dramma allegorico di Johann Rist Germania anelante la Pace. Nell’introduzione, il candidato sostiene che l’invocazione alla pace di cui tratta il dramma non sia dettata da una visione utopico proiettiva, quanto piuttosto da una prospettiva retroattiva che riafferma la purezza e la potenza degli originari valori e costumi del popolo germanico. Nei due capitoli della Storia della civiltà letteraria tedesca su Il secondo Cinquecento da Lutero a Fischart e Il Seicento, il candidato fornisce un vasto panorama ben documentato e informativo sull’epoca trattata, indagando in modo particolare il rapporto tra generi letterari e discorsi storico-ideologici. Tra i contributi si segnala anche l’edizione critica della prima traduzione tedesca a stampa del Principe di Machiavelli, apparsa nel 1614 con il titolo di Lebens- und Regierungsmaximen eines Fürsten. Nell’introduzione De Pol analizza approfonditamente gli aspetti linguistici, storico-culturali ed editoriali del testo. Due dei lavori presentati dal candidato si occupano poi della tragedia barocca slesiana. Il primo indaga il diverso significato dei riferimenti alla Turchia in due drammi di Lohenstein (Ibrahim Bassa e Ibrahim Sultan), mentre il secondo contributo approfondisce il tema della sconfessione del consigliere finalizzata alla salvezza del sovrano in quattro drammi rispettivamente di Gryphius, Lohenstein, Hallmann e Haugwitz.

Da questi lavori si ricava il profilo di uno studioso serio e impegnato, dotato di una solida preparazione filologica e di sicuri strumenti metodologici.

 

Giudizio del  Prof. MATTEO GALLI

Ricercatore di Letteratura Tedesca dal 1981 presso l’Università di Genova, il candidato è dal 2000 Professore associato di Letteratura Tedesca presso la medesima Università, dove ha svolto un’intensa attività didattica e organizzativa.

Gli interessi scientifici di De Pol si rivolgono ad autori e temi della letteratura tedesca medievale, cinquecentesca e dell’età barocca, periodi poco studiati nella germanistica italiana, sviluppando di frequente una prospettiva comparatistica e interculturale.

La produzione scientifica presentata ai fini della valutazione comparativa non comprende studi monografici e si articola in un’edizione critica (2006), una curatela (2000) e otto saggi, di cui tre redatti in lingua tedesca, scritti fra il 1998 e il 2008.

Di particolare rilievo è l’edizione critica della prima traduzione tedesca a stampa del Principe di Niccolò Machiavelli, apparsa adespota nel 1714, con il titolo Lebens-und Regierungsmaximen eines Fürsten. Nell’introduzione De Pol analizza approfonditamente gli aspetti linguistici, storico-culturali ed editoriali del testo.

Si segnala altresì l’edizione da lui curata del dramma allegorico, in tre atti con un interludio, Germania anelante la Pace di Johann Rist. Nell’ambito della letteratura seicentesca, originata dalla Guerra dei Trent’Anni, la chiave di lettura proposta dal candidato nell’introduzione è che l’invocazione alla pace non sia fondata da una visione utopico-proiettiva quanto da una prospettiva “reazionaria” che riafferma la purezza e quindi la potenza delle originarie virtù del popolo germanico.

I due corposi capitoli della Storia della civiltà letteraria tedesca, dedicati al Secondo Cinquecento e al Seicento, forniscono un panorama ampio, documentato e informativo, di sicura utilità, analizza il rapporto tra generi letterari e discorsi storico-ideologici.

De Pol è uno studioso serio e impegnato, dotato di una solida preparazione filologica e di sicuri e affidabili strumenti metodologici.

 

Giudizio del  Prof. lUCIA pERRONE cAPANO

Ricercatore dal 1981, è Professore associato di Letteratura tedesca presso l’Università di Genova dal 2000. Ha svolto una lunga e intensa attività didattica.  Collabora alla rivista “Internationales Archiv für Sozialgeschichte der deutschen Literatur” dal 1978, partecipa a convegni e progetti di ricerca internazionali (con Vienna e Francoforte).

Gli interessi di ricerca del candidato sono volti ad analizzare il rapporto tra generi letterari e discorsi storico-ideologici nella letteratura tedesca dalle origini al Seicento, i poemi e i romanzi cortesi medievali, alcuni aspetti della letteratura bellica, la ricezione in Germania di autori italiani come Machiavelli. Nella trattazione di questi temi lo studioso sviluppa spesso una proficua prospettiva comparatistica e interculturale.

Di rilievo tra le pubblicazioni presentate è l’edizione a sua cura del libro Johann Rist. Germania anelante la pace, apparso nel 2000, in cui l’invocazione alla pace non è dettata da una visione utopica ma da una prospettiva che ribadisce la potenza degli originari valori del popolo germanico.

Tra gli altri contributi si segnalano i due capitoli della Storia della civiltà letteraria tedesca del 1998 che forniscono un ampio e documentato panorama della letteratura tedesca del Secondo Cinquecento e del Seicento e l’edizione critica del Principe di Machiavelli, che si basa sulla prima edizione tedesca del 1714 Lebens - und Regierungsmaximen eines Fürsten, con introduzione e con documentato apparato di una rigorosa edizione critica, approfondendo gli aspetti linguistici e storico-culturali.

Il profilo scientifico è quello di uno studioso serio e impegnato, dotato di una solida preparazione metodologica e di sicuri strumenti filologici.

 

Giudizio del  Prof.  rOBERTO VENUTI

Roberto De Pol è dal 2000 Professore associato di Letteratura tedesca presso l’Università di Genova, dove ha svolto un’intensa e continua attività didattica e organizzativa.

Gli interessi scientifici di De Pol si sono orientati verso autori e temi della letteratura tedesca medievale, cinquecentesca e dell’età barocca, che hanno in genere trovato scarso interesse presso la germanistica italiana.

La produzione scientifica del candidato, per molti versi sviluppatasi lungo una prospettiva di tipo comparatistico, comprende un’edizione critica, una curatela e alcuni saggi. Di rilievo è l’edizione da lui curata del dramma allegorico, in tre atti con un interludio, Germania anelante la Pace di Johann Rist. Nell’ambito della letteratura seicentesca, originata dalla Guerra dei Trent’Anni, la chiave di lettura proposta dal candidato nell’introduzione è che l’invocazione alla pace non sia dettata da una visione utopico-proiettiva quanto da una prospettiva e che riafferma la purezza e quindi la potenza degli originari valori e costumi del popolo germanico.

Meritano segnalazione i due capitoli della Storia della civiltà letteraria tedesca che forniscono un panorama ampio, documentato ed esaustivo delle vicende letterarie tedesche della seconda metà del Cinquecento e del Seicento. Si tratta di sintesi sorrette da una conoscenza solida e consapevole, che mirano soprattutto a dar conto del rapporto tra generi letterari e discorsi storico-ideologici.

Tra i contributi si segnala l’edizione critica della prima traduzione tedesca a stampa del Principe di Niccolò Machiavelli, apparsa adespota nel 1714, con il titolo Lebens -und Regierungsmaximen eines Fürsten. Nell’introduzione De Pol analizza approfonditamente gli aspetti linguistici, storico-culturali ed editoriali del testo.

Nel complesso la produzione del candidato fa emergere il profilo di uno studioso serio e impegnato,  dotato soprattutto di una solida preparazione filologica e di sicuri strumenti metodologici.

 

 

Candidato: Francesco Fiorentino

 

Giudizio del Prof. fabrizio cambi

Francesco Fiorentino è stato Ricercatore di Lingua e Letteratura tedesca allo IULM di Milano e dal 1997 al 2001 all’Università di Roma III dove insegna dal 2001 a oggi come Professore associato. Ha svolto un’intensa attività didattica e organizzativa.

Dalla produzione scientifica presentata, che consiste in due monografie, due curatele e sei saggi, si rileva il profilo dello studioso motivato e fortemente impegnato che negli ambiti di ricerca investigati ha raggiunto risultati significativi cui non di rado si uniscono originalità di impostazione metodologica e prospettive innovative.

I suoi interessi concernono temi e autori del Novecento, che comunque rinviano spesso a generali categorie estetico-poetologiche sottese al fare letteratura, e l’area culturale e letteraria svizzera.

Nella prima monografia, La sentinella perduta. Ernst Jünger e la Grande Guerra (1993), il candidato, affrontando l’opera jüngeriana per tradizione viziata da stereotipate chiavi critiche (fra le più scontate quelle dell’ideologia prefascista e del pensiero esistenzialista) la riporta persuasivamente all’ambito letterario. Si lavora quindi sul terreno peculiare della scrittura, che caratterizza anche la saggistica, per indagare sia le ragioni della fuorviante sua ricezione, sia soprattutto le categorie estetico-poetologiche che scandiscono l’itinerario intellettuale e letterario dello scrittore.

Apprezzabile per l’impostazione storico-culturale e per informazione, attese le  finalità della collana edita da Carocci, risulta il volume sulla Letteratura della Svizzera tedesca, primo contributo di taglio manualistico organico di utilità per lo studente italiano di germanistica. Con chiarezza e finezza espositiva viene presentato un quadro esauriente in chiave diacronica e tipologica della letteratura svizzero-tedesca, ripercorrendo con adeguati strumenti ermeneutici il complesso processo di “autoconsapevolezza storico-culturale e linguistica”.

Un ulteriore filone di ricerca, attestato da cinque saggi presentati, è rivolto al teatro di Heiner Müller di cui Fiorentino può essere considerato uno dei più fini interpreti nella germanistica e nel campo della poetica drammaturgica nonché della letteratura teatrale, come documentano anche la sua voce nello Heiner-Müller-Handbuch e un saggio su “Theater der Zeit”. Nell’introduzione al volume da lui curato, Heiner Müller. Per un teatro pieno di tempo, si spiegano il ricorso al mito e alla tragedia greca come medium e “superficie di reazione per una anamnesi dei mali del presente”,  a sua volta acutamente approfondito nel saggio su Philoktet. Anche l’analisi della decostruzione delle strutture drammatiche, verificata nel contributo sulla Hamletmaschine, risulta perspicua e persuasiva.

Un percorso ulteriore di ricerca molto fertile è avviato nel saggio introduttivo al volume su Topografie letterarie, da lui curato e pubblicato su “Cultura tedesca”, con una innovativa esplorazione estetica sui prodotti letterari, riferita in particolare al romanzo moderno e postmoderno, i cui esiti e prospettive ulteriori si sono rivelati assai fecondi nella produzione scientifica degli ultimi tempi. La manifestazione delle strutture topografiche di una cultura, della cartografia, geografia e della localizzazione spaziale nei linguaggi della letteratura si rivela una prospettiva di rilevanza analitico-interpretativa suscettibile di innovativi sviluppi in corso di svolgimento.

In considerazione del solido e maturo profilo scientifico si ritiene che il candidato possa essere preso in considerazione ai fini dell’idoneità a ricoprire una cattedra di I fascia di Letteratura tedesca.

 

Giudizio del  Prof. Alessandro Costazza

Il candidato ha frequentato il corso di dottorato di ricerca in Letteratura tedesca presso l’Università di Pisa dal 1993 al 1995. Nel 1995 ha conseguito il titolo di Ricercatore di Letteratura tedesca presso lo IULM di Milano e dal 1997 al 2001 è stato Ricercatore di Lingua e Letteratura tedesca presso l’Università degli Studi di Roma Tre. Nel 2001 ha vinto il concorso di Professore Associato di Letteratura tedesca presso la stessa Università.

I suoi ambiti di ricerca riguardano l’opera di Ernst Jünger, la letteratura di lingua tedesca della Svizzera e l’opera del drammaturgo Heiner Müller.

In La sentinelle perduta. Ernst Jünger e la grande guerra, Fiorentino indaga le opere dell’autore tedesco che hanno per tema la prima guerra mondiale da un punto di vista estetico-poetologico, interpretandole quale tentativo di risposta a una situazione di crisi individuale, che rispecchia però significativamente la crisi epocale della borghesia. Come mostrano i diari di guerra, che saranno poi alla base anche delle trasfigurazioni letterarie, la scrittura serve a Jünger per dare un senso alla realtà, ma anche per immunizzare da essa. Fiorentino legge questo processo di ideologizzazione e rimozione sulla scorta della teoria freudiana della cultura, mentre le teorie di Max Weber, Freud, Canetti o Norbert Elias gli servono a interpretare lo sviluppo e la decadenza della realtà borghese.

In La letteratura della Svizzera tedesca Fiorentino tratteggia la storia della letteratura della Svizzera tedesca, per cercare di cogliere in essa le radici di alcune caratteristiche particolari della letteratura svizzera moderna. Fin dai suoi inizi nell’Ottocento, con l’affermarsi degli spiriti nazionali, la letteratura tedesca della Svizzera ha dovuto confrontarsi, sia dal punto di vista linguistico che dal punto di vista culturale, con il problema della sua appartenenza alla letteratura tedesca. E fin da allora si sono delineate secondo Fiorentino quelle due tendenze, riassunte dalle opposte posizioni di Gottfried Keller e di Jeremias Gotthelf, che consistono da un parte nel tentativo di superare i limiti nazionali, dall’altro nella difesa della particolarità nazionale. Pur con sfumature diverse, questa alternativa caratterizza  anche i discorsi di autori moderni come Bichsel, Nizon, Muschg, Marti e altri. Le categorie esegetiche sviluppate da questi scrittori, tuttavia, pur se importanti per comprendere “l’autoconsapevolezza di un contesto storico-culturale”, non si riverbererebbero nei loro testi letterari in maniera diretta e pervasiva. Il senso di non appartenenza, il rifiuto della letteratura critica e impegnata, avrebbero aperto d’altra parte alla letteratura svizzera, e in particolare a quella femminile, lo spazio per nuovi esperimenti formali e consentito quindi un riallineamento di questa letteratura sull’asse della letteratura moderna e postmoderna.

Fiorentino presenta poi ben sei lavori su Heiner Müller. Sono interpretazioni attente della sua poetica e di alcune delle sue opere, che contengono però, come è inevitabile, alcune ripetizioni. Heiner Müller: oltre le idee rappresenta una chiara ricostruzione della poetica di Müller, della sua radicalizzazione della poetica brechtiana e della decostruzione del mito comunista del progresso storico. L’attenta e approfondita lettura della Hamletmaschine, che mette in luce e interpreta i numerosissimi riferimenti intertestuali dell’opera, rappresenta in un certo senso una conferma della poetica delineata in quel saggio. L’interpretazione del Philoktet mette invece in risalto soprattutto l’opposizione tra discorso razionale e corporeità, tra politica e arte, il cui compito consiste nel mettere in discussione le certezze della politica. Fiorentino istituisce poi un interessante confronto sul significato opposto che l’immagine del bosco ha in un saggio di Jünger, in cui esso diventa il rifugio dello spirito e il luogo della sua vittoria sul corpo e la storia, e in Heiner Müller, dove invece l’attraversamento del bosco diventa il luogo di un superamento decostruttivo ed ecologico del soggetto. Der Krieg der Landschaften è infine una lettura di alcuni elementi del dramma di Müller Leben Grundlings … e in particolare di alcune concezioni dello spazio dominato e colonizzato, opposto a uno spazio non dominabile e sovra-umano nei paesaggi americani o in Siberia.

Ne I sentieri del canto. L’europa dei romanzi e il pensiero contemporaneo sullo spazio Fiorentino cerca di illustrare il nuovo interesse per la dimensione spaziale (spatial turn) che si è prodotto a partire dagli anni settanta all’interno del cosiddetto cultural turn e che ha poi investito anche gli studi letterari. Se già la mappatura originaria del mondo avviene per cosi dire attraverso il canto e il mito (Chatwin), proprio la narrazione e il mito lavorano poi, come viene mostrato sulla scorta di romanzi quali Le affinità elettive di Goethe, Cuore di tenebra di Conrad, Ulisse di Joyce e poi soprattutto Il Castello di Kafka, per destrutturare quella cartografia euclidea che è alla base della costruzione degli stati nazionali e per trasformare i confini in zone di contatto, di conflitti ed interferenze.

Fiorentino legge poi la critica di Adorno all’arte impegnata di Brecht sullo sfondo della sua concezione dell’autonomia dell’arte, mettendo bene in evidenza anche le aporie di questa concezione, che finisce per sancire la dipendenza dell’opera d’arte dal giudizio estetico e filosofico.

Le opere presentate dal candidato ai fini di questa valutazione comparativa rivelano una crescente maturità scientifica e la capacità di confrontarsi con testi teatrali, ma anche con teorie estetiche e letterarie di grande complessità, senza rinunciare alla chiarezza dell’esposizione. Per tutti questi motivi si ritiene che Francesco Fiorentino possa essere preso in considerazione ai fini di una valutazione comparativa per un posto di Professore ordinario.

 

Giudizio del Prof. MATTEO GALLI

Laureato a Napoli, Francesco Fiorentino ha conseguito il titolo di dottore di ricerca nel 1995 (Pisa). Ha quindi lavorato come Ricercatore a partire dal 1995 fino al 1997  presso lo IULM e in seguito all’Università di Roma Tre (1997-2001). Qui è diventato nel 2001 Professore associato.

Ai fini della valutazione comparativa il candidato presenta due monografie (1993 e 2001), due volumi curati (2005, 2007) e sei saggi, quattro dei quali in lingua tedesca, pubblicati fra il 2001 e il 2007. Sono in tutto quattro gli ambiti di ricerca in cui si articola la ricca produzione di Fiorentino, tutti riconducibili alla cultura di lingua tedesca del ‘900: 1) l’opera di Ernst Jünger analizzata nel più ampio quadro della rivoluzione conservatrice, cui è dedicata la monografia del 1993 e parte di un contributo (2004); 2) la letteratura della Svizzera tedesca, su cui è incentrata la monografia del 2001; 3) l’opera di Heiner Müller, su cui verte il volume curato nel 2005 e 5 dei 6 saggi presentati; 4) lo studio delle topografie letterarie, cui è dedicato il volume curato nel 2007 e che darà luogo, in data successiva alla chiusura del bando della presente valutazione comparativa all’importante Atlante della letteratura tedesca, curato da Fiorentino insieme a Giovanni Sampaolo.

Comune a questi quattro ambiti è, da un lato, la severa e marcata attenzione da parte del candidato alle pratiche discorsive, al dato teorico-filosofico, andato vieppiù accentuandosi col passare del tempo e riscontrabile pertanto soprattutto negli scritti su Heiner Müller – di cui Fiorentino è con certezza il massimo esperto italiano - e nel volume sulle topografie letterarie, testi, questi, costantemente in dialogo con i più attuali esiti teorici della critica internazionale, non solo tedesca. Ma già nella monografia su Jünger Fiorentino dedicava ampio – forse troppo – spazio, sulla scorta di una ricognizione relativa alla (s)fortuna critica dell’autore, ai molti complessi teorici sfiorati da Jünger, salvo poi ribadirne a più riprese la totale inaffidabilità e incoerenza.  Dall’altro è possibile ravvisare negli scritti del candidato una tendenza ad affrancarsi dal paradigma storicistico, anche là dove i lavori intenderebbero pur presentare un ordine cronologico (nelle due monografie e nella notevolissima introduzione al volume mülleriano), ciò che produce uno stile incline qua e là alla ridondanza. Soprattutto la monografia sulla letteratura svizzero-tedesca finisce talora per perderne in perspicuità. Si tratta, comunque, nel complesso di una produzione di notevole livello e di respiro decisamente internazionale, come poche altre nell’attuale panorama della germanistica italiana, che merita attenzione in relazione al conferimento di un’idoneità a Professore di I fascia per una cattedra di letteratura tedesca.

 

Giudizio del  Prof.  lUCIA pERRONE cAPANO

Francesco Fiorentino è attualmente Professore associato di Letteratura tedesca presso l’Università di Roma Tre. Dal 1995 al 1997 è stato Ricercatore di Lingua e letteratura tedesca presso l’Istituto Universitario di Lingue Moderne di Milano e successivamente presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi Roma Tre. E’ stato borsista del “Deutscher Akademischer Austauschdienst” presso la Johann-Wolfgang-Goethe Universität di Francoforte, dove nel 2007 è stato Visiting Professor presso l’Institut für Theater-, Film- und Medienwissenschaft. Ha organizzato e presieduto il comitato scientifico di giornate di studio e convegni internazionali sulla letteratura svizzero-tedesca contemporanea, il teatro di Heiner Müller, il rapporto tra letteratura e studio della cultura.

I suoi ampi interessi di ricerca spaziano dal teatro tedesco del Novecento, con particolare attenzione alle relazioni tra scrittura teatrale e politica,  alla letteratura svizzera di lingua tedesca alla cultura della rivoluzione conservatrice. Di recente si è occupato proficuamente  anche di questioni riguardanti gli studi culturali, del rapporto tra letteratura e geografia e tra letteratura, identità culturali e territorialità. Emergono tra i suoi lavori gli studi dedicati alle  Topografie letterarie (“Cultura tedesca” 33/2007), che propongono l’esplorazione della letteratura non soltanto lungo l’asse cronologico delle epoche, ma anche nella sua dimensione geografica,  ponendo l’attenzione sugli spazi e i luoghi della letteratura tedesca che, come è noto, non si trovano solo all’interno dei confini della Germania, dell’Austria e della Svizzera tedesca, ma comprendono anche territori e isole linguistiche, come il Banato di Herta Müller di recente assurto all’attenzione internazionale. Interrogando in modo nuovo e approfondito i temi dello spazio e delle modalità letterarie di interpretazione e produzione degli stessi, gli studi di Fiorentino forniscono importanti contributi a un’ermeneutica topografica rielaborando in modo originale gli impulsi venuti alle ricerche in questa direzione dagli studi angloamericani e tedeschi e dalla filosofia tedesca.  E in una prospettiva di discussione delle identità nazionali e dei concetti di centro e periferia si muove anche il manuale La letteratura della Svizzera tedesca (Roma 2001), che delinea la fisionomia di un sistema letterario di confine sul quale mancano trattazioni esaustive.

Si segnalano inoltre  i contributi su due autori fondamentali del Novecento tedesco come Ernst Jünger e Heiner Müller.  Nel  saggio Heiner Müller e la "Hamletmaschine", Fiorentino approfondisce il tema della malinconia postmoderna di un intellettuale spaesato e senza sogni, “oltre le idee”, per riprendere il titolo dato dal candidato all’introduzione al volume, da lui curato, Heiner Müller. Per un teatro pieno di tempo. 

Nel complesso la produzione scientifica del candidato raggiunge degli ottimi risultati e costituisce un contributo originale agli studi tedeschi e letterari più in generale, dimostrando la sua piena maturità scientifica. Il suo profilo di studioso merita di venire preso in seria considerazione ai fini della idoneità a ricoprire una cattedra di “Letteratura tedesca” di I fascia.

 

Giudizio del  Prof.  rOBERTO VENUTI

Francesco Fiorentino insegna dal 2001 come Professore associato  presso l’Università di Roma Tre. Ha svolto in questi anni un’intensa attività didattica, organizzativa e istituzionale.

Il candidato presenta due volumi di notevole impegno. Il primo (La sentinella perduta. Ernst Jünger e la grande guerra ) è uno studio monografico dedicato all’opera controversa di Ernst Jünger, di cui Fiorentino sottolinea la complessità che nasce dall’ambigua simultaneità di posizioni contraddittorie . Il lavoro,  che è testimonianza di un’approfondita e accurata conoscenza della letteratura critica, cerca di mettere a fuoco le caratteristiche della scrittura jüngeriana, sia stilistiche che ideologiche, focalizzando il rapporto tra componenti esistenziali “borghesi”  e “scrittura del soldato”. Il lavoro, risalente al 1993, frutto di un interesse vivace e partecipe, non è privo di qualche incertezza compositiva.

Nel volume dedicato alla Letteratura della Svizzera tedesca, che, rispetto alla precedente monografia, trova ospitalità in una collana di maggiore autorevolezza e diffusione, Francesco Fiorentino disegna con scrittura attenta e consapevole un’ampia ricognizione del “sistema letterario svizzero tedesco”. Ne coglie, con una scrittura sciolta e piacevole,  nodi e peculiarità sullo sfondo di uno scenario “nazionale” particolarismo. Un’operazione storiografica utile alla conoscenza di una realtà culturale finora scarsamente studiata dalla germanistica italiana.

La maggior parte degli altri lavori presentati sono dedicati a un filone di ricerca particolarmente prediletto dal candidato: l’opera di Heiner Müller, figura di spicco del panorama teatrale tedesco della seconda metà del Novecento. Si tratta di cinque saggi e di una voce scritta per lo Heiner Müller-Handbuch, che danno modo al candidato di dar conto della sua esperta e attenta consuetudine con l’opera di questo autore. Il saggio, che fa da introduzione al volume curato dallo stesso Fiorentino, Heiner Müller. Per un teatro pieno di tempo, traccia un profilo nitido degli aspetti essenziali della vicenda teatrale dello scrittore tedesco-orientale ossessionato dalla “miseria tedesca” e dalla “tragedia del socialismo”.  Gli altri quattro saggi (Heiner Müller e la “Hamletmaschine”; Spätmoderne Waldgänger. Über Ernst Jünger und Heiner Müller; “Mein Hass gehört mir”. Über Heiner Müllers Philoktet; Der Krieg der Landschaften) indagano aspetti diversi dell’opera del drammaturgo con un disegno critico originale e una lettura sensibile della complessità, anche ideologica, della ruvida scrittura mülleriana.

Degno di menzione per sapienza prospettica e teorica anche il saggio I sentieri del canto. L’Europa dei romanzi e il pensiero contemporaneo dello spazio che orienta  gli interessi di Fiorentino verso il filone dei Cultural Studies, in particolare del cosiddetto “spatial turn”, interesse del resto già presente nell’ultimo dei testi, in ordine di tempo,  dedicati a Heiner Müller.

Francesco Fiorentino è uno studioso che si è creato un suo spazio ben definito nel campo degli studi germanistici per competenza e originalità.  Le sue ricerche sono state pubblicate per buona parte in sedi editoriali di prestigio e dimostrano pertinenza e corrispondenza con il settore scientifico disciplinare di questa valutazione comparativa.

 

 

Candidato: Andreina Lavagetto

 

Giudizio del Prof. fabrizio cambi

La candidata ha insegnato dal 1998 al 2001 come Professore associato presso l’Università di Ferrara e dal 2001 ad oggi è in servizio presso l’Università di Venezia.

I suoi interessi scientifici si concentrano sul primo romanticismo, sulla cosiddetta “klassische Moderne”, con particolare riferimento anche alla tradizione ebraico-tedesca (Buber, Kafka).

Ai fini della valutazione comparativa in oggetto, la candidata non presenta monografie. Su F. Schlegel e l’età classico-romantica presenta tre pubblicazioni. L’eccellente traduzione dello Sullo studio della poesia greca (1988) è corredata da una nota introduttiva, in cui Lavagetto mostra l’irresolubile ambiguità di questo scritto a metà tra filologia, estetica, filosofia della storia e della cultura e critica letteraria. Nella prefazione al Dialogo sulla poesia di F. Schlegel Lavagetto ricostruisce dapprima la forma di quest’opera dialogica pubblicata sulla rivista “Athenäum”, espressione pregnante della “sinfilosofia” romantica, nella sua progressione infinita di eterna perfettibilità, per poi considerare i dialoghi sulla sfondo della teoria culturale ed estetica dello “Studium-Aufsatz” e di altri scritti precedenti alla pubblicazione del Dialogo.

Nell’introduzione al volume La poesia dell’età romantica Lavagetto discute le categorie di lirismo e narratività e il loro fecondo intrecciarsi sulla base delle osservazioni di Goethe e Schiller nella poetica dei generi, mostrando incisivamente il graduale allontanamento da parte di Goethe e poi di Friedrich Schlegel da ogni nozione normativa che culminerà nella teoria romantica del romanzo come unico genere della modernità.

Un aspetto decisamente centrale degli interessi scientifici della candidata è rappresentato dall’ opera di Rilke cui Lavagetto ha dedicato tre saggi e soprattutto il ricchissimo e illuminante commento ai due volumi delle poesie pubblicato da Einaudi-Gallimard. Si tratta infatti di un commento di dimensioni notevoli in cui si discutono e si riprendono i risultati più aggiornati della ricerca su questo autore.

Nelle “note ai testi” della traduzione di La metamorfosi e tutti i racconti pubblicati in vita di Franz Kafka, Lavagetto ricostruisce, facendo ricorso ai diari e soprattutto alle lettere di Kafka a Max Brod, all’editore Kurt Wolff e alle donne amate, prima a Felice, poi anche a Milena e quindi a Dora Diamant, la genesi dei racconti, ma anche le sue reazioni alle critiche ricevute e talora anche le sue considerazioni più tarde su di essi.

La commissione ritiene di prendere in considerazione anche l’edizione buberiana pervenuta in bozze, corredata dalla lettera dell’editore circa l’imminente e nel frattempo avvenuta pubblicazione del volume nella collana dei Meridiani. L’edizione presenta una ricca introduzione alle raccolte di narrazioni chassidiche di Martin Buber, nella quale si discute in particolare il rapporto con la mistica ebraica nella tradizione religiosa delle comunità chassidiche sviluppatesi nell’Est europeo. La candidata individua le motivazioni dell’incontro di Buber con la letteratura chassidica, l’influenza della teoria della creatività e dell’ermeneutica romantica mutuata da Dilthey, per cui la forma necessaria di rappresentazione dell’ebraismo non può essere ormai che la narrazione. Sono quindi ricostruite la genesi e le articolate tappe di progettazione dei testi buberiani. Le singole raccolte, tre delle quali tradotte dalla candidata, sono precedute da ricche e puntuali prefazioni.

Il profilo scientifico della candidata è quello di una studiosa seria e impegnata, caratterizzato da grande rigore filologico.

 

Giudizio del  Prof. Alessandro Costazza

La candidata è stata Ricercatrice di Letteratura tedesca presso l’Università di Venezia, Ca’ Foscari, dal 1990 al 1998. Dal 1998 al 2001 ha lavorato come Professore associato presso l’Università di Ferrara e dal 2001 insegna Letteratura tedesca presso l’Università di Venezia.

I suoi principali ambiti di ricerca sono il primo romanticismo, la cosiddetta “klassische Moderne”, con particolare riferimento alla tradizione ebraico-tedesca (Buber, Kafka).

Al fine della valutazione comparativa in oggetto, la candidata presenta tra pubblicazioni su Friedrich Schlegel e l’età classico-romantica. L’ottima traduzione dello Sullo studio della poesia greca (1988), saggio fondamentale per la comprensione del rapporto tra classicismo e romanticismo, è accompagnato da una nota introduttiva, in cui Lavagetto mostra, sullo sfondo della Querelle des anciens et des modernes e soprattutto del saggio schilleriano sulla poesia ingenua e sentimentale, l’irrisolvibile ambiguità di questo scritto a metà tra filologia, estetica, filosofia della storia e critica letteraria. Nella prefazione al Dialogo sulla poesia, dello stesso autore, Lavagetto ricostruisce dapprima la forma di quest’opera dialogica pubblicata sulla rivista “Athenäum”, espressione pregnante della “sinfilosofia” romantica, nella sua progressione infinita di eterna perfettibilità, per poi considerare i dialoghi sulla sfondo della teoria culturale ed estetica dello “Studium-Aufsatz” e di altri scritti precedenti e successivi alla pubblicazione del Dialogo.

Nell’introduzione al volume La poesia dell’età romantica, Lavagetto discute le categorie di lirismo e narratività e il loro produttivo incrociarsi sulla scorta delle osservazioni di Goethe e di Schiller sulla poetica dei generi, mostrando efficacemente il progressivo allontanamento ad opera del tardo Goethe e poi di Friedrich Schlegel da ogni nozione normativa che culminerà nella teoria romantica del romanzo come unico e contaminato genere della modernità.

Un aspetto centrale degli interessi germanistici della candidata è rappresentato dall’opera di Rainer Maria Rilke, cui Lavagetto ha dedicato tre saggi e soprattutto l’ampio e documentatissimo commento ai due volumi delle poesie, in cui discute e riprende i risultati più aggiornati della letteratura critica su questo autore.

Nelle “note ai testi” dell’ottima traduzione di La metamorfosi e tutti i racconti pubblicati in vita di Franz Kafka, Lavagetto ricostruisce attraverso i diari e soprattutto attraverso le lettere di Kafka a Max Brod, all’editore Kurt Wolff e alle donne amate – a Felice, a Milena e quindi anche a Dora Diamant – la genesi dei racconti, ma anche le reazioni dell’autore alle critiche ricevute. Queste annotazioni di carattere strettamente filologico, interessanti e utili talvolta alla comprensione dei racconti presentati, non contengono alcuna interpretazione da parte di Lavagetto degli stessi.

La commissione ha ritenuto di prendere in considerazione anche l’edizione buberiana pervenuta in bozze, corredata dalla lettera dell’editore circa l’imminente e nel frattempo avvenuta pubblicazione del volume nella collana dei Meridiani. L’edizione presenta una ricca introduzione alle raccolte di narrazioni chassidiche di Martin Buber, nella quale si discute in particolare il rapporto con la mistica ebraica nella tradizione religiosa delle comunità chassidiche dell’Est europeo. La candidata indaga le motivazioni dell’incontro di Buber con la letteratura chassidica, approfondendo l’influenza della teoria della creatività e dell’ermeneutica romantica mutuata da Dilthey, secondo cui l’ebraismo può essere ormai rappresentato solo attraverso la narrazione. Vengono quindi ricostruite la genesi e le articolate tappe di progettazione dei testi buberiani. Ricche e approfondite prefazioni introducono le tre raccolte tradotte dalla candidata.

Lavagetto è senz’ombra di dubbio una studiosa molto seria e impegnata, la cui ricerca è caratterizzata da una scrittura sobria e precisa e da un estremo rigore filologico, che si esprime però principalmente in curatele, edizioni, traduzioni e introduzioni alle stesse. La mancanza di un’opera monografica di ampio respiro non permette di includere il suo nome nella rosa dei candidati al posto di Professore ordinario oggetto della presente valutazione comparativa.

 

Giudizio del  Prof. MATTEO GALLI

La candidata è stata Ricercatrice dal 1990 al 1998 all’Università di Venezia -Ca’ Foscari. Dal 1998-2001 è stata Professore associato presso l’Università di  Ferrara e nel 2001è tornata a insegnare Venezia, dove lavora tutt’oggi.

Le pubblicazioni  - saggi, introduzioni e postfazioni -  presentate ai fini della valutazione comparativa ruotano intorno ai due complessi tematici che, da sempre, costituiscono i principali ambiti di ricerca di Andreina Lavagetto: la Frühromantik, con particolare attenzione all’opera teorica di Friedrich Schlegel e la “klassische Moderne” con una vistosa concentrazione su alcuni autori canonici quali Kafka e, soprattutto, Rilke, cui sono dedicate 4 delle 10 pubblicazioni presentate. A questo secondo filone è altresì riconducibile, ma in una prospettiva necessariamente diversa e più ampia, la ricerca sull’ebraismo orientale che ha condotto la candidata a divenire curatrice dell’importante Meridiano Mondadori dedicato a Martin Buber.

Il grande merito di Andreina Lavagetto va rintracciato nella acuta e rigorosa attenzione al dato filologico, un’attenzione mai fine a sé stessa, bensì sempre volta a creare una complessa rete di relazioni intertestuali e intratestuali, discorsive ed estetico-poetologiche; in questo senso il commento ai due volumi Einaudi/Gallimard dedicati alle poesie di Rilke si configura con certezza come il suo esito più compiuto e più maturo, frutto di una frequentazione pluriennale che ha dato luogo fra gli altri a un acuto saggio su I quaderni di Malte Laurids Brigge (contenuto nell’importante volume einaudiano sul romanzo curato da Franco Moretti), incentrato sulle categorie di lirismo e polarità.

Anche i due contributi dedicati a Schlegel si segnalano per la lucida capacità di contestualizzare i testi nel più ampio quadro del pensiero e dell’estetica romantica.

Spiace constatare, all’interno di una produzione così ricca e densa, oltreché ospitata in sedi editoriali di indiscusso prestigio, l’assenza a tutt’oggi di una monografia articolata che avrebbe probabilmente reso Andreina Lavagetto una candidata da prendere in seria considerazione per l’ottenimento di una idoneità a professore di I fascia.

 

Giudizio del  Prof.  lUCIA pERRONE cAPANO

Andreina Lavagetto è attualmente Professore associato di Letteratura tedesca all’Università di Venezia. Ha svolto una lunga e intensa attività didattica. I suoi ambiti di ricerca riguardano la letteratura romantica, l’opera di R.M. Rilke e la tradizione ebraico-tedesca.

Interessanti e degne di nota sono le argomentazioni di Andreina Lavagetto nei saggi dedicati alla poesia romantica. In particolare, nell’introduzione al volume La poesia dell’età romantica. Lirismo e narratività (2002), esito di un colloquio malatestiano, la candidata discute le due categorie e il loro intrecciarsi sulla scorta delle osservazioni di Goethe e Schiller sulla poetica dei generi, mostrando il progressivo allontanamento del tardo Goethe e di Friedrich Schlegel da ogni nozione normativa che culminerà nella teoria romantica del romanzo come unico e contaminato genere della modernità. La studiosa, in questo come negli altri contributi, conduce le sue indagini in modo puntuale e preciso seguendo un percorso argomentativo stringente.

Un aspetto decisamente centrale dei suoi interessi scientifici è costituito dall’opera di Rilke cui ha dedicato alcuni saggi e l’imponente commento ai due volumi delle poesie pubblicati da Einaudi-Gallimard, in cui rielabora in maniera autonoma i risultati più aggiornati della ricerca su questo autore.

Così il bel saggio che Andreina Lavagetto dedica alle lettere scritte da Rainer Maria Rilke dopo la visita alla famosa mostra del Salon d'Automne nell'ottobre del 1907 smonta le troppo facili e affrettate interpretazioni basate sulle affinità tra poeta e pittore per evidenziare la distanza tra le due figure che diventerà per Rilke produttiva dopo la poetica del vedere esercitata alla scuola di Cézanne.

Il suo profilo scientifico è quello di una studiosa seria, impegnata, dotata di strumenti metodologici rigorosi, che ha fornito notevoli contributi alla ricezione dell’opera di Rilke e della letteratura romantica.

 

Giudizio del  Prof.  rOBERTO VENUTI

Andreina Lavagetto ha insegnato Letteratura tedesca dal 1998 al 2001 come Professore associato presso l’Università di Ferrara. Dal 2001 è in servizio presso l’Università di Venezia.

Ha svolto un’intensa attività didattica e organizzativa.

I suoi principali ambiti di ricerca sono il primo romanticismo, la cosiddetta “klassische Moderne”, anche con particolare riferimento alla tradizione ebraico-tedesca (Buber, Kafka).

Ai fini della valutazione comparativa in oggetto, la candidata non presenta monografie.

Su F. Schlegel e l’età classico-romantica presenta tre pubblicazioni. L’ottima traduzione di Sullo studio della poesia greca (1988) è accompagnata da una nota introduttiva, in cui Lavagetto mostra l’irrisolvibile ambiguità di questo scritto a metà tra filologia, estetica, filosofia della storia e della cultura e critica letteraria. Nella prefazione al Dialogo sulla poesia di F. Schlegel Lavagetto ricostruisce dapprima la forma di quest’opera dialogica pubblicata sulla rivista “Athenäum”, espressione pregnante della “sinfilosofia” romantica, per poi considerare i dialoghi sullo sfondo della teoria culturale ed estetica dello “Studium-Aufsatz” e di altri scritti precedenti alla pubblicazione del Dialogo.

Nell’introduzione al volume La poesia dell’età romantica, esito di un colloquio malatestiano, Lavagetto discute le categorie di lirismo e narratività e il loro produttivo incrociarsi sulla scorta delle osservazioni di Goethe e Schiller sulla poetica dei generi, mostrando efficacemente il progressivo allontanamento ad opera del tardo Goethe e poi di Friedrich Schlegel da ogni nozione normativa che culminerà nella teoria romantica del romanzo come unico e contaminato genere della modernità.

Un aspetto rilevante degli interessi scientifici della candidata è rappresentato dall’opera di Rainer Maria Rilke, cui Lavagetto ha dedicato tre saggi e, soprattutto, il commento ai due volumi delle Poesie, pubblicati da Einaudi/Gallimard. Si tratta di un commento di dimensioni considerevoli in cui si discutono e riprendono i risultati più aggiornati della ricerca su quest’autore.

La ricca introduzione alle raccolte di narrazioni chassidiche di Martin Buber, oltre a disegnare un quadro pregevole della tradizione religiosa delle comunità chassidiche sviluppatesi nell’Est europeo, ricostruisce la genesi e le articolate tappe di progettazione dei testi buberiani.

Nel complesso il suo profilo scientifico è quello di una studiosa seria e impegnata, caratterizzato da un estremo rigore filologico e da una non comune sensibilità linguistica.

 

 

 

Candidato: Jutta Linder

Giudizio del Prof. fabrizio cambi

La candidata Jutta Linder è stata Lettrice dal 1979 al 1998 alle Università di Padova e di Venezia. Dal 1998 è Professore associato di Letteratura tedesca presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Messina. Ha svolto nella Facoltà una costante e intensa attività didattica..

La candidata, romanista di formazione, presenta tre studi monografici, due edizioni di testi e cinque saggi. I suoi interessi scientifici si concentrano sull’età dell’Illuminismo, sulla Goethezeit, sul Biedermeier, su Thomas Mann e sulla sua ricezione di Goethe. Jutta Linder esplora spesso, con rigore metodologico e un vasto quanto capillare uso delle fonti, versanti finora non sufficientemente e organicamente affrontati dalla critica che avrebbero forse richiesto da parte della candidata una maggiore contestualizzazione nel dibattito storico-critico. Nel volume monografico Schillers Dramen. Bauprinzip und Wirkungsstrategie viene indagata l’ ‘officina’ drammatica di Schiller al fine di stabilire connessioni ricche di significato fra i frammentari lavori preparatori e la loro possibile proiezione sulla scena e di verificare il principio metodologico di fondo della funzionalità degli studi storico-filosofici alla produzione tragica e poetica.

Nella seconda monografia Ästhetische Erziehung. Goethe und das Weimarer Hoftheater (1990), cui va affiancata come pendant la terza su “Falsche Tendenzen”. Der Staatsdiener Goethe und der Dichter (2001), la candidata ricostruisce, con metodo puntigliosamente analitico, l’attività di Goethe come direttore dello Hoftheater di Weimar. Si approfondiscono in modo esauriente la complessa, tormentata, ma ‒ questa è la tesi dimostrata ‒ organica e feconda dialettica fra la dimensione privata del poeta e quella pubblica dell’amministratore e funzionario, e la possibile finalità estetico-pedagogica della sfera teatrale. A questo contributo, che guida il lettore dietro le quinte e sulla scena del teatro weimariano, si unisce appunto la successiva indagine nella quale la candidata, allargando il raggio d’azione, esamina criticamente la duplicità di piani convergenti, sul piano esistenziale e artistico, di Goethe poeta e uomo pubblico.

A Jutta Linder dobbiamo inoltre l’edizione in italiano del carteggio tra Ottilie von Goethe e Giuseppe Valentinelli, bibliotecario della Biblioteca Marciana, che può apparire solo a prima vista un contributo di erudizione, ma che in realtà getta luce ulteriore sul mondo goethiano e sui rapporti con l’Italia. Va poi menzionata l’edizione italiana, commentata e corredata di un’utile postfazione, dei Cinquantacinque radiomessaggi alla Germania di Thomas Mann, nella traduzione di Cristina Baseggio. Completano la produzione scientifica proposta uno studio sulla ricezione goethiana in Thomas Mann, un saggio su Goethe e l’antichità greca in Sicilia e un altro su Schiller e la rivoluzione francese.

In considerazione del profilo scientifico-didattico raggiunto la candidata potrebbe essere inserita nella rosa dei candidati meritevoli dell’idoneità a ricoprire un posto di professore di Letteratura tedesca di I fascia.

 

Giudizio del Prof. ALESSANDRO COSTAZZA

La candidata ha iniziato la sua carriera accademica come italianista, con dottorato su Pasolini, prima di lavorare come Lettrice di lingua tedesca presso l’Università di Padova e di Venezia negli anni 1986-1998. Nel 1998 diventa Professore associato di Lingua e Letteratura tedesca e da quella data insegna Letteratura tedesca presso l’Università di Messina.

Ai fini della presente valutazione comparativa, la candidata presenta tre monografie che si occupano del Classicismo di Weimar. Schillers Dramen affronta i drammi “classici” di Schiller a partire dalle opere rimaste frammento e in particolare dal Demetrius. L’analisi delle varie versioni dei frammenti e delle riflessioni poetologiche che le accompagnano permette infatti a Linder di individuare i principi guida seguiti da Schiller nell’elaborazione delle sue opere. Contrariamente all’idea diffusa, secondo cui il principio dell’autonomia dell’arte (anche nei confronti delle aspettative del pubblico) caratterizzerebbe l’estetica del classicismo, Linder dimostra come Schiller fosse in realtà molto attento proprio all’effetto (Wirkung) delle sue opere sul pubblico. I principi che lo guidano soprattutto nei suoi drammi storici sono il principio della credibilità e verosimiglianza ma ancora di più il quello della necessità drammatica (rappresentato dalla metafora della “aufbrechende Knospe”), che non sarebbero stati invece rispettati nelle opere giovanili di Schiller (dai Räuber al Don Karlos). L’argomentazione risulta plausibile, anche se le caratteristiche individuate da Linder come tipiche del dramma “classico” di Schiller rappresentano in verità elementi che sono tipici dell’estetica teatrale illuminista, quali ad es. la questione dell’eroe medio, il principio di necessità drammatica e di verosimiglianza, il problema della colpa ecc.

In Ästhetische Erziehung Linder indaga, anche sulla base di documenti inediti, il grande impegno profuso da Goethe per decenni nella direzione e organizzazione del Teatro di corte di Weimar. In questo modo riesce a smentire alcuni pregiudizi ormai radicati sulla supposta lontananza dalla realtà del classicismo di Weimar e fornisce inoltre alcuni elementi utili anche per l’interpretazione di alcune opere letterarie di Goethe, soprattutto del Wilhelm Meister e del Faust. Tanto l’interesse di Goethe per l’educazione degli attori che quello per l’educazione del gusto del pubblico (e non dell’educazione morale in senso stretto) non sono sufficienti, tuttavia, per parlare di una “educazione estetica” nel senso proprio conferito da Schiller a questo termine, poiché rimangono in fondo sempre nell’ambito dell’educazione del gusto.

Falsche Tendenzen porta avanti e radicalizza l’approccio dello studio precedente, cercando di mostrare l’influsso esercitato sull’opera poetica di Goethe della sua attività amministrativa all’interno del ducato di Weimar. Partendo dalla constatazione del carattere fortemente autobiografico di tutta la produzione goethiana, Linder ricerca in varie opere, nei Lehrjahre, nel Tasso, ma anche nel Faust nelle Wahlverwandtschaften e nei Wanderjahre, riflessi dell’attività amministrativa di Goethe. L’argomentazione appare a tratti troppo meccanicistica, soprattutto quando Linder ricerca la realtà biografica dietro le opere letterarie. Tanto l’interpretazione delle opere che quella più generale della vita e dell’evoluzione di Goethe non apportano inoltre vere novità e ribadiscono piuttosto con argomenti meno conosciuti quanto è già noto.

Il saggio Schillers Schweigen mostra in maniera plausibile come Schiller, contrariamente a quanto comunemente creduto, sia stato almeno all’inizio favorevole alla Rivoluzione francese, adducendo poi almeno tre spiegazioni per il suo silenzio su di essa: la distanza dello storico, il rispetto verso la futura suocera e il conte di Weimar, il desiderio di avvicinarsi a Goethe. In Totes und Lebendiges. Goethes Begegnung mit der Antike Linder evidenzia gli aspetti negativi dell’esperienza in Sicilia di Goethe, il quale non avrebbe apprezzato le rovine dei templi anche in seguito alla sua avversione per tutto ciò che ha a che fare con la morte.

La candidata presenta anche l’edizione del carteggio di Ottilie, nuora di Goethe, con il bibliotecario della biblioteca Marciana di Venezia Valentinelli, recuperando nella biblioteca Marciana e nell’archivio di Weimar le loro lettere.

I due saggi Goethe nello Zauberberg e Zu Th. Manns Orientierung an Goethe riguardano l’interesse per Goethe e lo studio della sua opera da parte di Th. Mann, interpretato come risposta alla sua delusione per l’esito della prima guerra mondiale. Th. Mann. Ascoltatori tedeschi offre infine una chiara ricostruzione dell’evoluzione politica che ha portato Thomas Mann a formulare i suoi discorsi radiofonici ai tedeschi durante l’esilio americano, analizzando sia i contenuti che la forma di questi discorsi.

Strafe oder Gnade? Zur “Judenbuche” der Droste rappresenta un’interpretazione convincente e originale della novella della Droste, che si basa da una parte su un’analisi attenta degli aspetti formali del racconto (verosomiglianza, necessità drammatica), dall’altra sulla decodifica dei riferimenti in essa contenuti al mito di Ulisse ma anche al Faust goethiano e alle citazioni del Vangelo.

Nei suoi lavori Linder prende sempre le mosse da problematiche ancora aperte all’interno della discussione critica, per poi cercare di proporre una sua soluzione o interpretazione personale. La conoscenza della letteratura critica risulta sempre molto approfondita e la lettura dei testi è sempre accurata. I temi affrontati appaiono però talvolta abbastanza secondari e l’argomentazione un po’ meccanica. Va valutata molto positivamente, invece, la grande attività di ricerca svolta in archivio dalla candidata. La candidata potrebbe pertanto rientrare in una rosa dei candidati meritevoli del giudizio di idoneità.

 

Giudizio del  Prof. MATTEO GALLI

Romanista di formazione (con tesi di dottorato presso l’università di Bonn sul teatro di Pasolini [1981]), Jutta Linder è stata dal 1979 al 1998 Lettrice a Venezia e a Padova. Dal 1998 è Professore associato a Messina dove ha svolto una costante attività didattica.

Ai fini della valutazione comparativa la candidata presenta 3 monografie in lingua tedesca (1989, 1990, 2001), due edizioni curate (entrambe in lingua italiana: 1994 e 2006) e cinque saggi (1997-2008, quattro in lingua tedesca, uno in lingua italiana).

Sono sostanzialmente due i complessi tematici intorno ai quali ruota la produzione scientifica di Jutta Linder: 1) la Goethezeit, cui la candidata ha dedicato le tre monografie (due delle quali incentrate sull’autore eponimo), uno dei testi curati (il carteggio Ottilie von Goethe/Giuseppe Valentinelli) e due dei cinque saggi; 2) Thomas Mann, al centro dell’altro volume curato e di due saggi, entrambi peraltro riguardanti la relazione Goethe-Mann (un aspetto, cui la candidata, in data successiva alla scadenza dei termini della presente valutazione comparativa, ha dedicato un’articolata monografia Vaterspiel. Zu Thomas Mann-Goethe-Nachfolge, 2009). Unico testo, fra quelli presentati, che esula da questi due ambiti tematici è un saggio sulla Judenbuche di Annette von Droste-Hülshoff.

Già la monografia schilleriana rivela nella candidata una marcata attenzione al dato filologico e documentale (in quel caso già predisposto dall’edizione degli studi preparatori curata da Herbert Kraft), un interesse che culminerà poi nelle due monografie goethiane, dedicate rispettivamente all’attività d’impresario e regista teatrale e alle attività ministeriali e burocratiche dello scrittore, ciascuna di esse è corredata infatti da un’ampia appendice che riproduce alcuni dei documenti consultati dall’autrice nell’archivio weimariano. Il materiale documentale non produce tuttavia in entrambe le monografie goethiane prospettive critiche profondamente innovative. Il libro del 2001 si segnala per una attenta ricerca all’interno dei testi del periodo di tracce autobiografiche e “professionali” del Goethe ministro alla corte di Weimar. Lo stesso discorso vale per i saggi e gli interventi radiofonici manniani: l’autrice indaga con estrema perizia il dato fattuale, accompagna il proprio testo con un corposo apparato, ma non avanza interpretazioni che si discostino davvero da alcune evidenze acquisite dalla comunità scientifica.

Si ritiene che le pubblicazioni della candidata, ispirate a un estremo rigore filologico, configurino un profilo che potrebbe esser preso in considerazione per un’idoneità a professore di I fascia di Letteratura Tedesca.

 

Giudizio del  Prof.  lUCIA pERRONE cAPANO

Jutta Linder è dal 1998 Professore associato di Letteratura Tedesca nell’Università di Messina. Precedentemente ha svolto attività di Lettrice di Lingua tedesca presso l’Università di Padova e di Venezia.

Laureatasi in Filologia Romanza all’Università di Bonn, ha ampliato in maniera molto proficua la sua formazione accademica in direzione degli studi di Germanistica facendo confluire l’iniziale interesse per la letteratura italiana in alcuni interventi comparatistici.

Jutta Linder ha indagato soprattutto la letteratura del periodo classico  e in particolare le figure di  Goethe e Schiller, cui ha dedicato importanti lavori. Dei tre volumi presentati,  due, Schillers Dramen. Bauprinzip und Wirkungsstrategie (Bonn 1989) e Ästhetische  Erziehung. Goethe und das Weimarer Hoftheater (Bonn 1990),  approfondiscono il tema della drammaturgia e della storia del teatro tedesco. Il terzo libro, “Falsche Tendenzen”. Der Staatsdiener Goethe und der Dichter (Catanzaro 2001),  focalizza invece l’attenzione sul rapporto tra il lavoro di scrittore e quello di alto funzionario dello Stato mostrando come le “false tendenze” costituiscano in realtà una parte indispensabile dell’esperienza del poeta. In tutti i suoi testi la studiosa svolge un attento e encomiabile riesame delle fonti, frutto di scrupolose ricerche archivistiche.

Interessanti e degni di attenzione sono anche gli altri studi di Linder presentati ai fini della valutazione comparativa: quello sulla Droste, dedicato alla celebre novella Die Judenbuche, come quello sulla ricezione dell’antico nell’esperienza di Goethe in Sicilia e quello sul rapporto di Schiller con la rivoluzione francese.

In ambito novecentesco si colloca il volume che raccoglie e interpreta i messaggi radiofonici di Thomas Mann alla nazione tedesca trasmessi durante la seconda guerra mondiale che esprimono tutta la “sofferenza per la Germania”, come Jutta Linder intitola l’acuta postfazione all’edizione da lei curata.

All’intensa attività didattica e di ricerca la candidata ha affiancato anche una continuativa attività di partecipazione a convegni e seminari, nonché l’organizzazione di tavole rotonde e conferenze.

Il profilo di Jutta Linder si presenta come quello di una studiosa – specialista in particolare dell’età classico-romantica – i  cui contributi sono seri, metodologicamente coerenti e sempre ben fondati.

La candidata potrebbe pertanto rientrare in una rosa dei candidati meritevoli del giudizio di idoneità.

 

Giudizio del  Prof.  rOBERTO VENUTI

Jutta Linder è stata dal 1979 al 1998 Lettrice a Venezia e a Padova. Dal 1998 è Professore associato presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Messina.

Interesse prevalente della candidata è costituito dalla letteratura della “deutsche Klassik”. Lo testimoniano tre lavori monografici di meritevole respiro pubblicati in lingua tedesca. Due di questi, apparsi nel 1989 e nel 1990, hanno per oggetto, rispettivamente, la drammaturgia schilleriana e la politica culturale di Goethe nelle vesti di direttore del teatro di Weimar. Il Leitmotiv che percorre entrambi i testi è dato dalla sottolineatura del grande legame, intellettuale e spirituale, che unì i due grandi autori weimariani.  Il terzo volume, più recente (“Falsche Tendenzen” Der Staatsdiener Goethe und der Dichter, 2001), studia il rapporto e le possibili influenze tra le funzioni di amministrazione e governo esercitate da Goethe e la sua attività poetica e creativa. Tutti e tre i volumi nascono da una apprezzabile e puntuale familiarità con i testi, editi e inediti, dei due grandi scrittori. Più originale per impianto e articolazione appare l’ultima monografia che tenta di approfondire in modo sistematico, anche sfruttando il corpus delle amtliche Schriften goethiane,  una tematica affrontata solo marginalmente dalla critica germanistica.

Tra le pubblicazioni presentate appartengono a quest’ambito di ricerca anche un articolo dedicato al soggiorno siciliano di Goethe, che riassume temi e aspetti per altro già ampiamente noti, e un saggio su Schiller e la Rivoluzione francese. Del medesimo tenore, anche se caratterizzati da un affidabile approccio testuale, due articoli miranti a illustrare l’influenza esercitata dall’opera di Goethe su Thomas Mann.

L’interesse della candidata per un ben determinato filone, classico e umanistico, all’interno della cultura tedesca, emerge con evidenza anche dalla cura del volumetto che raccoglie i messaggi di Thomas Mann da Radio Londra. Nella postfazione e nelle note ai testi manniani la curatrice offre una attenta ricostruzione delle vicende storiche legate alla nascita di questi documenti.

Nel complesso Jutta Linder,  che ha svolto una costante e intensa attività didattica,  presenta una produzione scientifica che rivela la personalità di una studiosa seria e impegnata.  Le sue pubblicazioni hanno trovato collocazione internazionale e sono caratterizzate da rigore nell’utilizzo delle fonti, anche se non presentano sempre carattere di originalità.

 

 

Candidato: Camilla Miglio

 

Giudizio del Prof. fabrizio cambi

La candidata Camilla Miglio è stata dal 1998 al 2001 Ricercatore alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Pisa e dal 2001 è Professore associato di Letteratura tedesca all’Università di Napoli L’Orientale. Ha svolto un’intensa attività didattica, istituzionale e culturale.

Gli interessi scientifici di ampio spettro della candidata, che presenta due lavori monografici, la cura di un volume e sette saggi, si rivolgono ad autori  della Goethezeit e soprattutto alla poesia e al linguaggio lirico del Novecento con specifico riferimento a Paul Celan, Paul Valéry, Rilke e Ingeborg Bachmann. Il volume Vita a fronte. Saggio su Paul Celan (2005) è l’esito più maturo e originale di ricerche compiute negli anni di cui la prima monografia Celan e Valéry. Poesia, traduzione di una distanza (1997) costituisce già di per sé una tappa significativa. La tesi di fondo, sviluppata da Miglio con sensibilità critica e piglio interpretativo, sostenuti da rigore metodologico e da matura capacità di analisi, è che il principio poetologico della poesia celaniana siano la dialogicità e la discorsività incentrate sulla modalità della ripetizione. L’indagine della candidata si sviluppa quindi in gran parte, e con risultati assai positivi e innovativi, sul versante delle esperienze del linguaggio nella sua traducibilità per creare quello spazio ermeneutico tale da far affiorare segmenti di intersezione tra il linguaggio stesso e la storia. Fra gli altri studi sulla poesia del Novecento si segnala il saggio Figura e ritmo. Le oscillazioni dei Buddha di Rainer Maria Rilke, nel quale la candidata affronta alcuni nodi significativi della poetica rilkiana, in particolare la coestensività dell’elemento visuale e ritmico nella soglia percettiva dello spazio.

Per equilibrio e chiarezza espositiva è da menzionare anche il capitolo Herder 1769. Viaggio e “invenzione” di sé: “Journal”, poesie, lettere, pubblicato nel volume Cultura e rappresentazione nell’età di Goethe .

Camilla Miglio si dimostra interprete sensibile e felicemente versata nel leggere criticamente gli esiti poetici, frutto di associazioni e di combinazioni di generi artistici, come attestano il bel saggio Gedächtnis, Schrift, “Musica impura”. Ingeborg Bachmanns “Lieder von einer Insel”, pubblicato su “Arcadia” (2007), e il saggio sulle riflessioni di Goethe sulla musica nel carteggio con Zelter. Di notevole rilevanza è inoltre il saggio su Poesia e Kitsch. Su un sonetto di Brentano in tre redazioni nel quale la candidata svolge un commento articolato e convincente delle tre stesure del sonetto noto con il titolo Über die Skizze di cui sono illustrati i diversi piani di significato nel loro reciproco rapporto emblematici del “dilemma poetico ed esistenziale” del poeta e gli esiti nella deformazione nel Kitsch.

Va infine segnalata l’edizione italiana di Cinque storie di animali (2000) di Kafka, curata dalla candidata, la cui scelta pone ancor più in primo piano alcuni degli interrogativi più inquietanti e affascinanti dell’opera kafkiana, in questo caso la relazione fra ebraismo e la vita animale.

Il giudizio sull’attività scientifica e didattica svolta dalla candidata è senz’altro positivo e quindi tale da consentirle di essere presa in considerazione ai fini dell’idoneità a professore di I fascia di Letteratura tedesca.

 

Giudizio del  Prof. Alessandro Costazza

Camilla Miglio ha svolto il dottorato di ricerca in Germanistica presso l’Università degli Studi di Pisa dal 1992 al 1997, laureandosi dottore con una tesi su Celan e Valéry. Nel 1998 ha vinto il concorso per un posto di Ricercatore in Letteratura tedesca presso l’Università di Pisa e nel 2001 è diventata Professore associato presso l’Università di Napoli L’Orientale. Ha ricoperto in questi anni ruoli istituzionali all’interno dell’università, impegnandosi molto anche in numerose attività di organizzazione culturale extra-universitaria.

I suoi interessi di studio principali hanno riguardato l’opera poetica di Paul Celan e più in generale la poesia del Novecento, con qualche incursione anche nella poesia della “Goethezeit”. Si è occupata anche dei rapporti tra la letteratura e le altre arti, oltre che di teoria della traduzione.

La candidata presenta ai fini della presente valutazione comparativa quattro lavori che si occupano della poesia di Paul Celan. Nella sua tesi di dottorato Celan e Valéry, Miglio si concentra sulla traduzione operata da Celan del poema Jeune parque di Paul Valéry, individuando in un confronto serrato tra originale e traduzione le scelte stilistiche ma soprattutto interpretative che caratterizzano il testo di Celan. Affermare che Celan proietti sul testo dell’autore francese i propri moduli stilistici e poetici sarebbe addirittura banale. Per questo motivo Miglio ricostruisce con precisione la poetica di Celan – nel suo complesso rapporto tra cabbalismo secolarizzato e poésie pure, nella sua vicinanza a Kafka letto attraverso Benjamin e Adorno, così come nel suo rifiuto della poetica di Gottfried Benn e nella sua vicinanza a Osip Mandel’stam –, al fine di consentire una reale comprensione dell’incontro/scambio/scontro chiasmico tra di essa e la poetica e ancor più la poesia di Valéry.

Vita a fronte riprende molti temi, interpretazioni e argomentazioni del volume precedente, approfondendoli tuttavia in maniera spesso significativa. L’aspetto sicuramente più innovativo di questa ricerca consiste nell’evidenziazione del significato assolutamente centrale della traduzione quale cifra linguistica, poetologica ed esistenziale per comprendere l’intera opera di Paul Celan. La traduzione, in quanto “Über-tragung”, è infatti al centro di una complessa costellazione di opposizioni quali distanza/vicinanza, estraneità/appartenenza, dimenticanza/memoria, io/tu, dialogo/monologo, morte/vita, che caratterizzano il rapporto di Celan con il suo passato, con la lingua, con le poetiche simboliste, con la tradizione ebraica, con la Shoah ma anche con il lettore.

In Romania celaniana Miglio ricostruisce con competenza la vicende e i luoghi dell’infanzia e della giovinezza di Celan prima a Czernowitz e poi a Bucarest, per poi indagare su questo sfondo la prima produzione letteraria dell’autore, scritta ancora in lingua rumena. In L’opera e la vita, Miglio riassume alcune tendenze della critica più recente su Paul Celan.

All’interpretazione delle opere di tre poeti sono dedicati poi tre saggi presentati dalla candidata. Nel saggio su Brentano Miglio analizza le tre redazioni del sonetto in seguito intitolato Über eine Skizze, ricostruendone il contesto biografico e i riferimenti intertestuali (Shakespeare, A. W. Schlegel, Hölderlin). L’analisi mira però soprattutto a mostrare la genesi del Kitsch nell’ultima produzione del poeta. Nella parte iniziale del lavoro su Rilke Miglio cerca invece di mettere in luce l’analogia esistenze tra la concezione dello spazio-tempo con cui Rilke risponde alla crisi del soggetto moderno e quella della fisica quantistica, per concentrarsi poi su una serie di sette poesie di Rilke che hanno per oggetto Buddha o le sue ‘metempsicosi’ come statua, immagine epifanica, musica, vibrazione. Di Ingeborg Bachmann viene analizzato il ciclo di poesie Lieder von einer Insel, di cui viene fornita una profonda interpretazione, che va molto al di là dei riferimenti autobiografici.

In un altro lavoro Miglio fornisce una bella interpretazione della concezione della musica da parte di Goethe, sullo sfondo della sua concezione della scienza e del rapporto tra le arti. La postfazione alla traduzione di cinque racconti di animali di Kafka contiene alcune buone considerazioni stilistiche, ma tralascia completamente l’interpretazione dei contenuti dei racconti.

La dote più evidente di Camilla Miglio è rappresentata senza dubbio dalla sua capacità di interpretare la poesia, che ella sa ascoltare e far parlare attraverso riferimenti alla biografia degli autori, ma anche a contesti culturali molto più vasti, che non si fermano solo ai rapporti intertestuali, ma si estendono invece alla teoria musicale, alla fisica e in particolare alle teorie letterarie più attuali. Nei suoi saggi, il gusto e la grande capacità interpretativa vanno sempre di pari passo con la precisione filologica. Queste caratteristiche rendono la candidata meritevole di essere presa in seria considerazione ai fini della valutazione comparativa per un posto di Professore ordinario di Letteratura tedesca.

 

 

Giudizio del  Prof. MATTEO GALLI

La candidata ha conseguito il titolo di dottore di ricerca nel 1997 (Pisa). Ha dunque lavorato come Ricercatrice presso l’Università di Pisa dal 1998 al 2001. Nel 2001 ha conseguito l’idoneità come Professore associato, lavorando presso l’Orientale di Napoli fino al 2009. Dal 2009 – dunque in data successiva alla chiusura del bando per la presente valutazione comparativa – si è trasferita all’Università di Roma La Sapienza.

Ai fini della valutazione Camilla Miglio presenta due monografie (1997 e 2005), un volume curato (2000) e sette saggi pubblicati fra il 2000 e il 2008, l’ultimo dei quali scritto in tedesco.

L’autore che ha costantemente accompagnato la produzione della candidata è Paul Celan; a lui sono dedicate le due monografie e due dei sette saggi. Più in generale l’interesse di Camilla Miglio verte in larga parte sulla lirica: ne sono prova i saggi dedicati a Brentano (2003), a Rilke (2007) e a Bachmann (2008). Fra le pubblicazioni presentate vanno altresì ricordati: un saggio su Herder (2003), uno su Goethe teorico della musica (2000) e una postfazione ad alcuni racconti kafkiani (2000). Tali scritti testimoniano dell’ampio spettro di interessi di una candidata che può vantare una robustissima preparazione teorica, una notevole finezza ermeneutica e, soprattutto, negli scritti celaniani doti di scrittura che qua e là finiscono per trascendere la ritualità del registro critico per approdare ad una scrittura empatica, corporea, ritmica, quasi poetica, di tanto in tanto forse un po’ rapsodica. La seconda monografia dedicata a Celan è con certezza il contributo più maturo di Camilla Miglio, un lavoro di debordante ricchezza, capace di ri-affrontare alcuni fra i più importanti Diskurse della sterminata ermeneutica celaniana con un approccio che riesce sapientemente a combinare intertestualità, decostruzionismo e cultural studies. Di particolare interesse risultano i capitoli in cui vengono affrontate le relazioni dialettiche, sia sul piano critico che traduttorio, con Mandel’stam e con Ungaretti, l’importante capitolo dedicato al rapporto Celan/Benn e quello dedicato alla riconfigurazione mnestica dei paesaggi orientali perduti, un’indagine topologica/topografica cui la candidata ha dedicato numerosi studi, anche recentissimi.

La finezza ermeneutica, la rara capacità di combinare suggestioni intermediali da parte della candidata per quanto attiene all’ambito della lirica è dimostrata inoltre dai ricchi e densi lavori su Brentano e su Bachmann. Meno convincente invece appare il saggio su Herder.

Camilla Miglio appare dunque meritevole di essere presa in seria considerazione per un’idoneità nel quadro della presente valutazione comparativa a Professore di I fascia di Letteratura tedesca.

 

Giudizio del  Prof.  lUCIA pERRONE cAPANO

Camilla Miglio è attualmente Professore associato di Letteratura tedesca presso l’Università di Roma la Sapienza, dopo aver insegnato nelle Università di Pisa e Napoli L’Orientale. Nel 2005 ha ottenuto il Premio Ladislao Mittner del DAAD. Parallelamente all’attività didattica Camilla Miglio è consulente della casa editrice Donzelli e di varie istituzioni culturali tedesche in Italia  e si è imposta all’attenzione anche come traduttrice, tra l’altro di Franz Kafka. È ideatrice e responsabile di numerosi progetti finanziati da organismi europei o dal MIUR, tra cui si segnalano il PRIN 2000-2002 sugli Studi culturali in Italia. Nuove metodologie per lo studio dell’Età di Goethe (Univ. Pisa, Siena, Palermo), il progetto europeo Europe as a Space o Translation. A long lasting Program and a Festival” (EACEA Culture 2007) e la  ricerca d’Ateneo su Heimat und mentale Landschaften.

Il fulcro delle ricerche di Camilla Miglio è costituito dagli studi su Celan a partire dalla sua prima importante monografia, Celan e Valéry. Poesia, traduzione di una distanza (1997). Tutti i lavori della studiosa (in questo ambito oltre a due monografie, la cura di un volume, numerosi saggi e studi, l’organizzazione di un convegno a Napoli, la partecipazione a diversi  seminari e convegni) partono da un attento lavoro d’archivio e coniugano in maniera produttiva critica genetica ed ermeneutica, filologia e interpretazione, fornendo contributi nuovi e originali nell’interpretazione di Celan, che hanno ricevuto molti apprezzamenti dalla comunità scientifica internazionale. Camilla Miglio ha innovato anche il modo di guardare alla poetica della traduzione come momento fondante nell’ interpretazione di un poeta  e nel volume  Vita a fronte emerge la produttiva interazione tra studi traduttologici e interpretazione del poeta. La ricerca, basata su materiali del fondo Celan conservato a Marbach, su attente letture testuali dall’opus celaniano, nonché sull’analisi comparativa delle traduzioni ricostruisce così con grande perizia e finezza di analisi l’originale interlocuzione del poeta nato in una enclave multilinguistica con persone, luoghi lontani e situazioni estreme.

Interessanti e innovativi sono anche gli studi dedicati ad aspetti della cultura della Goethezeit e in particolare a Clemens Brentano.

Tra le nuove direzioni di ricerca intraprese dalla studiosa si segnalano inoltre quelle volte agli spazi culturali e alla rappresentazione letteraria nei paesi di lingua tedesca e presso le minoranze germanofone in Europa Centro-Orientale, in cui ridiscute l'idea di confine tra mondo germanico ed Est europeo. In tutti gli ambiti di indagine Camilla Miglio dimostra una spiccata sensibilità per lo specifico e le dinamiche interne del linguaggio letterario, le strutture compositive e le strategie figurative del testo, la trama delle relazioni che legano il testo ai suoi molteplici contesti.

Dal complesso dei suoi lavori e dalla sua intensa attività didattica e di ricerca emerge il profilo di una studiosa matura, caratterizzata da  grande finezza e vivacità intellettuale che la pongono in sicura evidenza ai fini della presente valutazione comparativa.

 

 

Giudizio del  Prof.  rOBERTO VENUTI

Camilla Miglio nel 2001 ha conseguito l’idoneità come Professore associato, prendendo servizio presso l’Università di Napoli L’Orientale.

A una seria, continua e intensa attività didattica e organizzativa Camilla Miglio ha associato un’appassionata e costante attività di ricerca. Tema privilegiato del suo percorso scientifico, così come appare dalla scelta delle pubblicazioni  presentata a questa valutazione,  è la lirica del Novecento e in particolare il tema centrale della sua traducibilità. La “traduzione” e le ragioni della sua possibilità di stabilire un dialogo, spesso  “tragico”  tra individui, lingue e culture diverse, diventa la categoria essenziale di un discorso dalle salde fondamenta storiche e filosofiche, che va a toccare le radici più profonde dello stesso fare poetico. Ciò appare in maniera assolutamente evidente nella ampia e documentata monografia dedicata all’opera di Paul Celan (Vita a fronte. Saggio su Paul Celan, 2005), in cui l’autrice riprende e riscrive, secondo un’articolazione intelligente ed organica, testi già precedentemente pubblicati. Si tratta di un lavoro maturo, in cui Miglio dà conto della sua capacità di leggere - mediante una griglia composita che ha soprattutto nell’interpretazione testuale uno strumento affilato e rigoroso -  l’opera del grande poeta in una prospettiva che affronta e chiarisce, l’uno dopo l’altro, nodi basilari della lirica novecentesca di lingua tedesca.  Si tratta di un  lavoro dall’impianto solido e consapevole, ricco di rinvii e riferimenti, accompagnato da una bibliografia ampia e puntuale. Alcuni dei temi e degli aspetti affrontati in questa monografia erano già stati studiati in un precedente volume apparso nel 1995 (Celan e Valery. Poesia, traduzione di una distanza), utile per definire, anche in termini di metodo, il percorso di maturazione scientifica della candidata. Sempre dedicato a Celan, va segnalato  un valido saggio del 2006 (L’opera e la vita. Su alcuni aspetti della ricezione di Paul Celan negli ultimi dieci anni), in cui Camilla Miglio fa il punto sulle tendenze più recenti delle ricerche su questo poeta.

Completano e integrano il ventaglio della ricerca novecentesca della candidata gli studi su Kafka (la postfazione al volume di racconti Josefine la cantante. Cinque storie di animali), su Rainer Maria Rilke e Ingeborg Bachmann . Quest’ultimo saggio, dedicato ai Lieder von einer Insel, rappresenta, per l’ipotesi che lo sottende, un contributo originale e brillante alla letteratura critica bachmanniana.

Gli interessi della candidata non si limitano comunque al Novecento. Lo dimostrano i lavori, di buono spessore, sul carteggio Goethe-Zelter, su un sonetto di Brentano (in cui risaltano di nuovo le capacità interpretative di Camilla Miglio), il saggio dedicato al giovane Herder.

I titoli presentati dalla candidata, che  testimoniano di un progressivo affinamento della scrittura e delle capacità analitiche, corrispondono pienamente ai parametri del settore scientifico di questa valutazione e presentano caratteri di indubbia e ricca originalità, che la rendono senz’altro meritevole di un’idoneità a Professore di prima fascia.

 

 

 

Candidato: Stefan Nienhaus

 

Giudizio del Prof. fabrizio cambi

Il candidato Stefan Nienhaus è stato lettore di Lingua tedesca dal 1986 al 1994 alla Università Federico II di Napoli. Dal 1996 al 2002 è stato Ricercatore a Bari. Ha conseguito la Habilitation nel 2001 all’Università di Jena e dal 2002 è Professore associato di Letteratura tedesca presso l’Università di Foggia. La produzione scientifica presentata comprende tre studi monografici, quattro saggi, un’introduzione a un’edizione di testi di Carl Schmitt e un apparato critico all’edizione critica delle opere di Theodor Däubler, in collaborazione con Dieter Werner, e si concentra su temi e autori dell’età romantica e della “Wiener Moderne”.

Nella monografia Das Prosagedicht im Wien der Jahrhundertwende. Altenberg – Hofmannsthal – Polgar, rielaborazione della tesi di dottorato, pubblicata nel 1986, il candidato affronta in chiave sincronica e diacronica il genere letterario, finora non sufficientemente studiato, del Prosagedicht nella letteratura viennese fra il 1895 e il 1914. La ricerca, organica e a tutto campo, si rivela di particolare interesse grazie alla felice prospettiva, sostenuta da una metodologia rigorosa, volta a definire la specificità del genere letterario in base sia a un complesso di pregevoli e puntuali analisi testuali sia a una finalità interpretativa di questa particolare forma nel contesto dello “Jung-Wien”.

Notevole rilievo riveste il volume sulla Geschichte der deutschen Tischgesellschaft, prima ricostruzione complessiva, basata anche sull’esame di una vasta documentazione di manoscritti, dell’importante associazione letteraria della prima metà dell’Ottocento. Lo studio si segnala per il felice connubio di ricostruzione delle articolazioni dell’associazione e inquadramento storico-politico delle forme di Geselligkeit, dall’Illuminismo alla tradizione romantica sino all’incipiente movimento nazionale tedesco, contribuendo a sgombrare il terreno da incrostazioni ideologiche stereotipate.

Un ulteriore versante significativo nella produzione scientifica di Nienhaus è dato dagli studi di carattere retorico-linguistico che tuttavia solo in parte trattano temi di letteratura tedesca. Nel saggio, pubblicato nel volume da lui curato sull’ Attualità della retorica, contenente gli atti del convegno di Foggia (2006), si ripercorre la storia della gestualità nel suo originario rapporto di centralità con la retorica fino alla contemporaneità e alla sua presenza e dinamica nei media. Pregevole risulta in questo ambito anche lo studio sulla narrativa di Eichendorff, inquadrata sulla base dello stilema della ripetizione.

Si segnala inoltre il saggio, ben focalizzato e sviluppato, sulla commedia Kaiser Octavianus di L. Tieck.  Si deve invece rilevare che il contributo su Theodor Däubler relativo all’apparato nella Kritische Ausgabe di Das Nordlicht, curato con Dieter Werner, non può essere valutato in quanto non si è in grado di stabilire la parte effettivamente svolta dal candidato.  Assai apprezzabile risulta l’edizione in italiano, con una utile introduzione, di tre significativi saggi di Carl Schmitt su Däubler.

Il profilo scientifico del candidato risulta solido e maturo e tale da consentire di inserirlo senz’altro fra i candidati meritevoli dell’idoneità a ricoprire un posto di I fascia nel s.s.d. L-LIN/13.

 

Giudizio del Prof. Alessandro Costazza

Il candidato ha studiato in Germania, concludendo gli studi con una dissertazione sul Prosagedicht im Wien der Jahrhundertwende (1986). Nel 2001 consegue la “Habilitation” in “Neuere Deutsche Literatur” presso l’Università di Jena, con un lavoro sulla Geschichte der deutschen Tischgesellschaft. Diventa Professore associato di Letteratura Tedesca presso la Facoltà di Foggia nel 2002.

Nella sua dissertazione dottorale Nienhaus cerca di cogliere le particolarità formali e di contenuto di un genere letterario come “la poesia in prosa”, che nell’ambito della letteratura di lingua tedesca rischia tuttavia di rivelarsi come una “unerfüllte Gattung”, limitandosi in realtà alle produzioni letterarie di un breve periodo geograficamente limitato – il fin de siècle viennese – e corrispondendo in definitiva alle prime opere di Peter Altenberg. Nienhaus analizza il Prosagedicht servendosi delle categorie della linguistica testuale, ma non trascura nemmeno il contesto storico e culturale in cui esso è nato, vale a dire la “Wiener Moderne” e il “Kaffeehaus”. Attraverso una precisa e dettagliata analisi e interpretazione dei singoli “schizzi” e delle “serie di schizzi” dell’opera Wie ich es sehe (1896), egli mette in rilievo quali elementi caratterizzanti di questo genere la coerenza interna (centralità dell’asse sintagmatico), la poetica dell’allusione e il finale aperto; elementi che richiedono una attiva collaborazione da parte del lettore e si oppongono a una ricezione passiva e distratta.

Con il volume Geschichte der deutschen Tischgesellschaft (2003), Nienhaus riesce a chiudere un’importante “Lücke der Forschung”, proponendo una revisione filologicamente motivata dei moltissimi giudizi fortemente ideologizzati su questa società fondata nel 1811 da Achim von Armim e Adam Müller, alla quale avevano preso parte nomi importanti della cultura (Brentano, Fichte, Schopenhauer, Iffland e solo di sfuggita Kleist), dell’esercito e dell’amministrazione berlinese dell’epoca. Nienhaus analizza nel dettaglio i vari testi pervenuti, prodotti da questa associazione, suddividendoli in base alla loro funzione e natura retorica e accentrando l’attenzione su tre tematiche fondamentali quali le posizioni politiche all’interno della Tischgesellschaft – vale a dire l’alternanza di patriottismo e di nazionalismo, considerata in prospettiva diacronica sullo sfondo dell’occupazione napoleonica e delle guerre di liberazione – la politica culturale perseguita – cominciando dalla rivalutazione dell’arte popolare e del medioevo fino alla mitizzazione di Goethe e di Schiller – e infine il forte antisemitismo presente in molti discorsi tenuti nella Tischgesellschaft, ma soprattutto nel discorso di Armin. Nienhaus non sottovaluta o relativizza esteticamente il carattere violento di questo discorso, che viene considerato anzi sullo sfondo dell’antisemitismo montante all’interno dello stato prussiano proprio in corrispondenza con la crescente emancipazione degli ebrei.

In Eichendorffs Wiederholungsstil Nienhhaus analizza i diversi tipi di ripetizione che caratterizzano lo stile della prosa di Eichendorff, partendo dai richiami intertestuali ai topoi della letteratura romantica (ad es. a Caldéron) e dalle autocitazioni, per proseguire con la ricorrenza di determinati termini o sintagmi, con le ricorrenze parziali o i parallelismi nelle descrizioni dei personaggi e nelle costruzioni narrative, per giungere infine alle ricorrenze più note e studiate dell’opera di Eichendorff, vale a dire alle descrizioni di paesaggi. La funzione principale che Nienhaus riconosce a queste ripetizioni è il rafforzamento della coerenza interna del testo e quindi la predominanza delle relazioni sintagmatiche, che aumentano le relazioni significative tra gli elementi del testo e impongono al lettore una lettura produttiva e creativa.

Altri due saggi sono dedicati all’opera di Tieck e in particolare al Kaiser Octavianus, letto come “opera d’arte totale”, e alle fiabe del Phantasus, di cui Nienhaus approfondisce le metafore che rimandano al superamento o alla perdita dell’io e della coscienza razionale.

Altri due lavori sono dedicati al poeta Theodor Däubler. Se la curatela e l’edizione di Das Nordlicht non può essere valutata, perché non è possibile distinguere l’apporto individuale dei due curatori Nienhaus e Dieter Werner, la lunga introduzione agli scritti del filosofo e giurista Carl Schmitt su Das Nordlicht, inquadra bene il profondo interesse di Schmitt per la letteratura e la sua ammirazione per Däubler che, secondo quanto mostra Nienhaus, avrebbe influito addirittura con la sua opera poetica anche sul suo pensiero filosofico e giuridico.

Nienhaus legge poi le favole di Pestalozzi sullo sfondo della sua idea pedagogica e delle sue convinzioni politiche, inserite naturalmente nel contesto culturale e politico del tempo, non tralasciando di evidenziarne anche i limiti e le contraddizioni Egli critica in particolare la sua scarsa fiducia nelle capacità interpretative dei suoi lettori, che lo porta e esplicitare nella terza edizione delle favole la loro “morale”, riducendo in tal modo la ricchezza poetica e la polisemia di alcune favole.

Il candidato rivela ottime capacità interpretative, approfondite competenze tecnico-retoriche e teorico-letterarie, sicure conoscenze storiche e grande capacità espositiva sia in italiano che in tedesco. Le sue analisi partecipano a un discorso internazionale, all’interno del quale egli si inserisce con autorevolezza e originalità. Per questi motivi Nienhaus merita senza dubbio di essere preso in considerazione per il conseguimento dell’idoneità di Professore di prima fascia di Letteratura tedesca.

 

Giudizio del  Prof. MATTEO GALLI

Il candidato ha studiato a Münster, dove già nel 1984 ha presentato la sua Dissertation. Dal 1986 al 1994 ha lavorato come Lettore all’Università di Napoli Federico II. Dal 1996 al 2002 è stato Ricercatore all’Università di  Bari. Nel 2001 ha conseguito la Habilitation presso l’Università di Jena. Dal 2002 è strutturato come Professore associato presso l’Università di Foggia.

La scelta di opere presentata per il concorso in oggetto appare molto ricca e varia. Si tratta in primo luogo di tre volumi: il libro che rielabora la tesi di dottorato (1986), un lungo saggio dedicato all’opera di Eichendorff (1991) e la parte meno squisitamente filologica e più discorsiva della “Habilitationsschrift” (2003) sulla “deutsche Tischgesellschaft”. Tutti e tre i volumi sono redatti in lingua tedesca. In lingua tedesca sono anche l’apparato all’edizione Däubler (2004) e alcuni saggi pubblicati in volumi collettanei (2002-2007). Gli unici contributi in lingua italiana presentati per la valutazione comparativa in oggetto sono l’introduzione a un volume di Carl Schmitt dedicato a Th. Däubler (1995) e un saggio all’interno di un volume curato dal candidato stesso (2008).

I due ambiti principali su cui è incentrata la produzione di Nienhaus sono il Romanticismo maturo, cui il candidato ha dedicato numerosi contributi, fra i quali spicca l’innovativa storia della “deutsche Tischgesellschaft”, e la letteratura a cavallo fra ‘800 e ‘900, in particolare austriaca, a cui sono riconducibili il volume tratto dalla tesi di dottorato, incentrato sul genere del “Prosagedicht”e le numerose ricerche che il candidato a dedicato a Theodor Däubler, anche in quanto curatore, insieme a Paolo Chiarini e Walter Schmitz, dell’edizione critica.

Il volume del 2003 dedicato alla “deutsche Tischgesellschaft” rappresenta senza dubbio il contributo più ricco e originale del candidato. Un accurato lavoro, basato su cospicuo materiale di archivio ha permesso di ricostruire fin nelle sue minime articolazioni la storia, la struttura, le dinamiche interne dell’associazione, le numerose “Gattungen” ivi praticate, la presenza sociale e “mediatica” di questa significativa forma di “private Öffentlichkeit”, come la chiama l’autore con un felice ossimoro. Il volume coniuga importanti affondi su alcuni testi-chiave “prodotti” dalla “Tischgesellschaft”, con numerose e preziose contestualizzazioni relative alle variegate modalità di socialità letteraria a cavallo fra ‘700 e ‘800, al Diskurs antisemita, alla temperie nazionalista. Il volume ha goduto di una notevole eco nella germanistica internazionale e può senz’altro ambire alla definizione di “Standardwerk” relativamente all’argomento in oggetto, e non solo.

Anche il volume sul “Prosagedicht” austriaco va essere considerato come una solida opera di riferimento, di cui sono apprezzabili lo stile asciutto e la mancanza di tutta quella retorica di autolegittimazione critico-teorica che rende tante Dissertationen tedesche di faticosa lettura. Le pubblicazioni su Theodor Däubler testimoniano infine una volta di più l’affidabilità filologica di uno studioso pienamente maturo, un candidato da prendere in seria considerazione per il conferimento di un’idoneità a Professore di I fascia per una cattedra di Letteratura tedesca.

 

 

Giudizio del  Prof.  lUCIA pERRONE cAPANO

Stefan Nienhaus, attualmente Professore associato di Letteratura Tedesca presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Foggia, è stato Ricercatore presso la Facoltà di lingue e letterature straniere dell’Università di Bari. Ha conseguito il Dottorato di ricerca con una dissertazione sulla letteratura austriaca di fine secolo: Das Prosagedicht im Wien der Jahrhundertwende, pubblicata da de Gruyter nel 1986.  Nel 2000 ha ricevuto una Borsa di ricerca della Stiftung Weimarer Klassik e nel 2001 ha conseguito la Habilitation in Neuere Deutsche Literatur con la Habilitationsschrift: Geschichte der deutschen Tischgesellschaft. Monographie und Textedition (Venia Legendi e Privadozentur presso la Friedrich-Schiller-Universität Jena). L’attività scientifica di Stefan Nienhaus si  caratterizza per la qualità e la vastità degli studi che si muovono prevalentemente in tre direzioni: il romanticismo tedesco, la letteratura dell’Illuminismo e quella della Jahrhundertwende austriaca. Al cosiddetto ‘romanticismo politico’ di Berlino Nienhaus dedica l’approfondita monografia Geschichte der deutschen Tischgesellschaft, pubblicata dal Niemeyer-Verlag di Tübingen nel 2003, che presenta e discute anche documenti inediti su questo evento storico e ne offre per la prima volta una trattazione esaustiva.

Numerosi sono anche gli  studi dedicati ad altri importanti autori romantici come Eichendorff e Tieck che si segnalano per la capacità di coniugare in modo proficuo e innovativo l’approccio storico-letterario con  quello filologico e con un’attenta analisi dei meccanismi retorici dei testi. Interessante appare anche nel saggio su  Pestalozzi la prospettiva da cui si esaminano le fiabe dell’autore come espressione di una visione politica e di un confronto serrato con le questioni sociali. Nell’ambito della letteratura della Aufklärung va segnalato anche il denso capitolo di sintesi storico-letteraria dedicato all’Età di Lessing. 

In un ambito più filologico si colloca l’importante lavoro di partecipazione all’edizione critica dell’opera principale di Theodor Däubler.

L’ampiezza e il rilievo degli interessi di ricerca sono testimoniati inoltre dalla partecipazione e dai numerosi interventi a convegni internazionali e dai progetti scientifici realizzati, da cui risulta una notevole visibilità di Stefan Nienhaus nell’ambito della comunità scientifica internazionale. Per il suo profilo scientifico di studioso maturo, dotato di sicuri e articolati strumenti metodologici, merita seria considerazione ai fini della presente valutazione comparativa.

 

 

Giudizio del  Prof.  rOBERTO VENUTI

Stefan Nienhaus  ha studiato a Münster, dove nel 1984 ha presentato la sua Dissertation. Dal 1986 al 1994 ha lavorato come Lettore all’Università di Napoli Federico II. Dal 1996 al 2002 è stato Ricercatore all’Università di  Bari. Nel 2001 ha conseguito la Habilitation presso l’Università di Jena. Dal 2002 è strutturato come Professore associato presso l’Università di Foggia.

Il candidato presenta tre monografie, di cui due di notevole rilievo scientifico e di particolare risonanza editoriale. La prima, intitolata Das Prosagedicht im Wien der Jahrhundertwende. Altenberg - Hofmannsthal - Polgar, è dedicata al genere del poema in prosa nella letteratura viennese tra il 1895 e il 1914 e offre un quadro accurato dei testi composti dai tre autori citati nel titolo.  Oltre alla ricostruzione del contesto storico letterario, il lavoro si distingue per una serie di pregevoli analisi testuali. La seconda monografia (Geschichte der deutschen Tischgesellschaft ) ricostruisce le vicende della “Deutsche Tischgesellschaft”, l’associazione fondata nel 1811 da Achim von Arnim e di cui fecero parte artisti e intellettuali di spicco della cultura romantica berlinese quali Brentano, Adam Müller, Fichte, Schleiermacher e Savigny. Si tratta di un contributo di ampio e sicuro respiro storiografico che approfondisce aspetti centrali della cultura del primo Ottocento, sia sul versante letterario che su quello storico-politico (nazionalismo, antisemitismo). La terza monografia, di misura più limitata, ma ben articolata e convincente nei risultati, mira a definire, in base a una competente analisi testuale, i tratti caratteristici di quello che Stefan Nienhaus definisce il “Wiederholungsstil” di Joseph von Eichendorff.

Completano il quadro dell’interesse spiccato del candidato per il Romanticismo due saggi dedicati all’opera di Ludwig Tieck, in cui studia con competenza e acume analitico alcune metafore poetiche del Phantasus e  legge la scrittura teatrale del Kaiser Oktavianus alla luce della categoria romantica del “Gesamtkunstwerk”.

Due contributi, tra quelli presentati dal candidato, hanno per oggetto la letteratura della Aufklärung: il saggio Educazione nazionale e rivoluzione. Allegorie politiche: le favole di Johann Heinrich Pestalozzi del 2002 e il capitolo L’età di Lessing, nel primo volume della Storia della civiltà letteraria tedesca diretta da Marino Freschi. In quest’ultimo lavoro  Nienhaus disegna la sintesi equilibrata di un periodo cardine della cultura letteraria settecentesca, collocato temporalmente a cavallo della metà del secolo. Ne coglie momenti e figure essenziali, mettendo a frutto con metodo sicuro i risultati recenti della storiografia sull’illuminismo.

Contributi d’importante rilevanza scientifica sono stati forniti dal candidato anche in area primo novecentesca.  Alla figura di Theodor Däubler sono dedicati due lavori importanti di Stefan Nienhaus: il primo,  per così dire, collegato per via indiretta. Si tratta della cura della trad. it. di Aurora boreale (Nordlicht) di Carl Schmitt, un’interpretazione del poema epico di Theodor Däubler scritta nel 1916 dal grande giurista. Il secondo, pur di notevolissimo valore filologico, non può essere oggetto di valutazione. Si tratta della curatela del volume di apparato di Nordlicht, apparso nel quadro dell’edizione critica delle opere di Däubler, la cui paternità non può essere però distinta da quella dell’altro curatore, Dieter Werner.

Nel loro complesso i lavori di Stefan Nienhaus si caratterizzano pienamente per pertinenza e congruenza con il settore scientifico disciplinare della presente valutazione comparativa. La loro collocazione editoriale, soprattutto per quelli di lingua tedesca è eccellente. La continuità degli interessi e l’aggiornamento rispetto al campo disciplinare è fuor di discussione. La sua produzione scientifica è tale da farne un autorevole candidato al ruolo di Professore di prima fascia.

 

 

 

 

 

Candidato: Maria Luisa Roli

 

Giudizio del Prof. fabrizio cambi

Maria Luisa Roli ha insegnato come Professore associato di Letteratura tedesca dal 1986 al 1989 presso l’Università di Bergamo e dal 1989 a oggi all’Università di Milano, svolgendo un’intensa attività didattica e organizzativa.

La produzione scientifica della candidata, che attesta ampiezza e versatilità di interessi nonché continuità nella ricerca, si è concentrata nel tempo sulla letteratura austriaca e sul rapporto tra letteratura e arti figurative con specifico riferimento all’opera di Adalbert Stifter. A questo autore, del quale la candidata può essere considerata una delle studiose  più attente e sensibili, è dedicato il recente volume Arte e scienza nella scrittura visuale di Stifter (2007), costruito su una serie di saggi che non risultano sempre ben amalgamati, nel quale si dimostra con ricchezza documentaria la relazione feconda e originale  degli interessi dello scrittore nel campo delle scienze naturali con la visualità come sua precipua modalità di scrittura. Significativo in questo studio risulta anche l’attenzione al rapporto di Stifter con l’Oriente finora rimasto abbastanza in ombra nella critica. La monografia segna una tappa rilevante in un percorso stifteriano in cui si collocano la curatela degli atti del convegno, tenutosi a Milano nel 1999, nel volume Adalbert Stifter. Tra filologia e studi culturali e la meritoria e pregevole edizione, Saggi e note di letteratura e d’arte, che raccoglie gli scritti teorici di Stifter su temi letterari e artistici, uscita nel 2004 nella collana “Intersezioni”, diretta da Roli stessa e da Elio Franzini. Nell’introduzione alla prima edizione in lingua italiana dei saggi poetologici la candidata illustra con efficacia il rapporto di Stifter artista con la società, rilevandone la “tensione etica e l’impegno civile”.

Il tema della visione, della scrittura visuale, della rappresentazione visiva nell’opera letteraria con le sue contiguità e tangenze con le arti figurative caratterizza anche altri lavori di Maria Luisa Roli: il saggio sul Malte  e sulle Lettere di Cézanne di Rilke, il contributo su Il telescopio di Goethe e le aporie della conoscenza scientifica e lo studio sui motivi pittorici del Doktor Faustus di Thomas Mann. Un altro versante significativo di ricerca è costituito dalla letteratura sudtirolese nel quale è da segnalare la rilevante edizione italiana della silloge di poesie di Franz Tumler di cui nell’introduzione si presenta un significativo profilo storico-critico.

Sulla base dei titoli presentati si formula un giudizio positivo sull’attività didattico-scientifica svolta da Maria Luisa Roli. Si ritiene pertanto che la candidata potrebbe essere inserita nella rosa dei candidati ai fini del conseguimento dell’idoneità a professore di I fascia di Letteratura tedesca.

 

Giudizio del  Prof. Alessandro Costazza

Maria Luisa Roli ha insegnato a Bergamo Storia della lingua tedesca dal 1986 al 1989 e quindi a Milano, per poi passare all’insegnamento di Lingua e Letteratura tedesca e in seguito a Letteratura tedesca. Si è occupata di diversi autori della letteratura tedesca e austriaca tra Otto- e Novecento, tra i quali vanno ricordati in particolare Rilke, Thomas Mann e Handke. La sua ricerca si è accentrata tuttavia in particolare sull’opera di Stifter; ha pubblicato inoltre anche saggi su autori sudtirolesi (Tumler, Kaser e Zoderer), nonché su Goethe e Enzensberger. La sua produzione scientifica è abbastanza costante e si nota un deciso incremento quantitativo negli ultimi dieci anni.

Tra le pubblicazioni presentate per il concorso, il lavoro più importante è costituito senza dubbio dal volume su Stifter, intitolato Arte e scienza nella scrittura visuale di Stifter, nel quale convergono i lavori di alcuni anni precedenti. A parte il capitolo sull’“Oriente africano di Stifter” e qualche ripetizione nei vari capitoli, rivelatrice del fatto che sono nati come saggi autonomi, il volume risulta comunque omogeneo. I primi capitoli sono dedicati soprattutto al rapporto tra arte e scienza e in particolare al tema degli strumenti ottici, mentre negli ultimi capitoli diventa prevalente il tema dell’arte. ll terzo capitolo, su “scienza e natura nel Nachsommer” è sicuramente quello più importante del volume. A ragione Roli riconosce e sottolinea qui l’influsso della concezione goethiana della natura e ancor più del rapporto tra arte e natura sulle concezioni estetiche e scientifiche presenti nel romanzo di Stifter. Significativa è inoltre la sottolineatura dei parallelismi con l’opera di Alexander von Humboldt nonché con un saggio sulla pittura di paesaggio di Carl Gustav Carus, in cui ritornano comunque molto evidenti le idee di Goethe sul rapporto tra arte e scienza.

Altri due lavori presentati dalla candidata si occupano di Stifter. Il saggio sul motivo del Pigmalione (riproposto in Arte e scienza, pp. 117-136) riprende alcuni studi critici di carattere semiotico sulla figura del Pigmaglione (Naumann, Mülder-Bach), applicando i risultati raggiunti (e talora correggendoli) alla presenza del tema nel Nachsommer di Stifter. La lettura testuale è sempre molto attenta e va sottolineato anche lo sforzo di ricostruire il contesto culturale e in questo caso anche intertestuale.

L’introduzione ai Saggi e note di letteratura e d’arte di Stifter mostra alcuni aspetti nuovi dell’autore austriaco, rispondendo anche ad alcune questioni ancora aperte sul suo impegno politico, sulla sua concezione dell’arte ecc. Le sue recensioni artistiche e teatrali vengono messe bene in relazione con la sua produzione letteraria e Roli inserisce bene i discorsi nel contesto storico ma soprattutto all’interno della storia delle idee.

Vicino alla monografia su Stifter è anche il saggio sul telescopio di Goethe, nel quale si evidenzia l’ambiguità del rapporto di Goethe nei confronti degli strumenti ottici; un’ambiguità che Roli riscontra anche in un passaggio dei Wanderjahre nonché nella Novelle dello stesso autore. Ai limiti di questo tipo di conoscenza scientifica Goethe opporrebbe il carattere totalizzante della modalità narrativa.

Due saggi sono dedicati a Rilke. Il più interessante di essi è quello sulle lettere scritte da Rilke sui quadri di Cézanne, nel quale vengono continuamente e con competenza indagati i parallelismi tra i giudizi sul pittore francese e la poetica dello stesso Rilke. L’altro lavoro su Rilke cerca di rinvenire i riferimenti intertestuali – in Nietzsche o in George – e quindi di capire anche il significato profondo della metafora dello “scrivere col sangue” adombrata nel Malte. Nell’ultima parte il saggio indaga alcuni esempi di ekphrasis presenti nella stessa opera.

Di ekphrasis si occupa anche il contributo che analizza la presenza di alcuni dipinti o incisioni düreriani nelle descrizioni dell’immagine di Leverkühn e quindi anche i riferimenti alla “Melancholia” düreriana nel Doktor Faustus di Thomas Mann.

Anche l’introduzione alle poesie di Franz Tumler testimonia la profonda conoscenza da parte di Roli dello strumentario retorico e poetologico nonché della capacità di inquadrare l’autore e la sua opera da un punto di vista storico-letterario. Tanto l’analisi delle poesie che la traduzione delle stesse mostrano grande sensibilità stilistica.

Avvincente e stimolante risulta infine la lettura e l’interpretazione – scritta in inglese – di tre opere di Handke (Der Chinese des Schmerzes, Die Wiederholung e Der Nachmittag eines Schriftstellers), che dimostra una conoscenza approfondita di tutta l’opera dello scrittore austriaco e della letteratura critica su di lui.

La metodologia applicata da Roli rientra nell’ambito degli studi culturali: due sono gli aspetti che ha approfondito maggiormente, vale a dire il rapporto tra letteratura e arti figurative, con particolare attenzione per l’ekphrasis, e il rapporto tra letteratura e scienza. Da rilevare come caratteristica assolutamente positiva è il fatto che Roli si confronti sempre con la letteratura critica più recente e che la sua argomentazione si inserisca così in un dibattito internazionale in corso. Maria Luisa Roli considera inoltre sempre il tema affrontato su uno sfondo letterario e culturale più vasto, che non si limita ai confini nazionali della Germania, riuscendo molto spesso a mettere bene in luce anche i rinvii intertestuali presenti nei testi. Vanno rilevate anche la sua sensibilità stilistica e le solide competenze nel campo della poetica e della retorica. Per questi motivi, la candidata può essere presa in seria considerazione per il conseguimento dell’idoneità di Professore di prima fascia di Letteratura tedesca.

 

Giudizio del  Prof. MATTEO GALLI

La candidata divenuta Professore associato nel 1983, ha insegna dal 1986 al 1989 a Bergamo e da allora fino ad oggi a Milano.

Le pubblicazioni presentate ai fini della valutazione comparativa risultano le più significative di una bibliografia assai più cospicua. Roli presenta l’unica monografia scritta a tutt’oggi (2007), tre volumi curati (1990, 2001, 2004) e sei saggi scritti fra il 1998 e il 2008.

L’autore al quale la candidata ha dedicato maggiore attenzione è Adalbert Stifter – senz’ombra di dubbio possiamo considerarla una delle massime esperte italiane di quest’autore. Su Stifter sono incentrate la monografia del 2007 e due curatele, rispettivamente gli atti di un convegno milanese del 1999 e un’organica silloge degli scritti stifteriani dedicati alla letteratura e all’arte.

Nell’approccio della candidata all’opera di Stifter sono apprezzabili la capacità di coniugare le più diverse sollecitazioni metodologiche (dalla filologia alla lettura textimmanent mai meramente parafrastica ma semmai riconducibile alle “thick descriptions” geertziane, dalla Diskursanalyse ai cultural studies e soprattutto ai visual studies) e l’abilità del porre i testi stifteriani in una serrata relazione intertestuale con la tradizione letteraria e filosofica, ma anche con tutta una serie di contributi scientifici, divulgativi e di costume a lui coevi. Si potrebbe avanzare come unica obiezione alla monografia della candidata il fatto che il volume è piuttosto la giustapposizione non completamente coordinata di una serie di notevoli saggi prodotti nel corso di un ventennio; appare cioè qua e là difficile riconoscere una persuasiva struttura monografica del volume.

L’interesse per il paradigma della visualità, i dispositivi della visione, le arti figurative e per questioni attinenti all’estetica (Roli ricorre per esempio reiteratamente alla categoria del sublime e del perturbante) emerge anche nei contributi di più breve respiro della candidata, presentati ai fini del concorso, fra i quali spiccano i due dedicati a Rilke.

Completano il profilo di una candidata certamente, seppur forse tardivamente, matura alcune pubblicazioni in ambito secondo-novecentesco: la traduzione di una scelta di poesie di Franz Tumler corredata da un’ampia introduzione– esemplare di una reiterata e pluridecennale frequentazione da parte di Roli della  letteratura suditirolese - e un contributo su Peter Handke, pubblicata in lingua inglese.

 

Giudizio del  Prof.  lUCIA pERRONE cAPANO

Maria Luisa Roli è Professore associato di Letteratura tedesca dal 1983. Dal 1989 insegna  presso l’Università degli Studi di Milano. Ha al suo attivo una lunga e intensa attività didattica. Ha pubblicato studi sulla letteratura di lingua tedesca dell’Alto Adige, sul romanzo austriaco del Biedermeier e sulla poesia e la prosa austriaca del Novecento.  Nell’ambito dei lavori sulla letteratura della minoranza tedesca in Südtirol presenta, ai fini della valutazione comparativa, il volume che raccoglie poesie di Franz Tumler, pubblicato da Guerini e Associati nel 1990, del quale segue la parabola poetica verso la conquista del “grande stile”, facendo conoscere attraverso le eleganti traduzioni dei testi poetici il percorso lirico del poeta in un’edizione estremamente curata.

I suoi studi più cospicui sono volti ad approfondire il rapporto tra letteratura e arti figurative elaborando in maniera originale i risultati delle ricerche in questo settore. Molto fruttuosa risulta la prospettiva dalla quale Maria Luisa Roli analizza il rapporto tra discipline diverse come letteratura e arti figurative e letteratura e scienza. In particolare queste relazioni vengono approfondite e discusse nell’opera di Stifter (in Arte e scienza nella scrittura visuale di Stifter, 2007), in cui introduce l’importante categoria d’analisi della visualità come chiave interpretativa dell’opera stifteriana, e nei saggi Il telescopio come metafora nella Novella di Goethe, Dürer e Michelangelo: ékphrasis e motivi pittorici nel Doktor Faustus di Thomas Mann (2007) e Le Lettere su Cézanne e il ‘dire oggettivo’ di Rilke (2008) .

Su questi temi ha partecipato e contribuito anche all’importante progetto europeo “Acume 2. Interfacing Sciences and the Humanities”, collaborando con il gruppo di ricerca dell’Università di Bergamo sul tema “Semiotica dello sguardo”.

Nel complesso la produzione scientifica si caratterizza sia per le capacità ermeneutiche e la densità dell'argomentazione, sia per l'eleganza e l'incisività della scrittura. La candidata si rivela una studiosa raffinata, aperta a diverse e nuove  sollecitazioni, attenta al dettato dei testi e capace di muoversi agevolmente in diversi ambiti ed epoche con un solido strumentario critico e metodologico.

Può sicuramente rientrare nella rosa dei candidati meritevoli del giudizio di idoneità.

 

 

Giudizio del  Prof.  rOBERTO VENUTI

Maria Luisa Roli ha insegnato come Professore associato dal 1986 al 1989 presso l’Università di Bergamo. E’ poi passata all’Università Statale di Milano, dove è tuttora in servizio. Ha svolto un’intensa attività didattica.

La candidata presenta una produzione  critica varia e ben distribuita con contributi che abbracciano  un arco temporale che va dalla fine del Settecento alla letteratura contemporanea.

Nel volume Arte e scienza nella scrittura visuale di Stifter (2007) si condensano secondo un’ articolazione matura e armoniosa temi e motivi in parte già studiati dall’autrice, qui ripresi con un disegno complessivo meditato e convincente. Roli mette a fuoco la poetica stifteriana della scrittura visuale nei suoi rapporti con la riflessione  scientifica e con quella estetica, affrontando  in un percorso ricco di spunti e analisi approfondite una serie di nodi fondamentali che fanno luce non solo sulla figura dell’autore ma anche su aspetti peculiari della cultura a cavallo tra la fine dell’epoca classico-romantica e la modernità. Le analisi dedicate al tema della letteratura di descrizione, a quello del sublime e del perturbante, al mito di Pigmalione, all’esotismo orientale e africano, al progetto estetico di sintesi tra realismo e idealismo, compongono un volume che si caratterizza per fluidità di scrittura e ricchezza di riflessioni e riferimenti.

Nell’approccio della candidata all’opera di Stifter va sottolineata la capacità di coniugare le più diverse sollecitazioni metodologiche e di collocare i testi stifteriani in una serrata relazione intertestuale con la tradizione letteraria, filosofica e scientifica. L’interesse per il paradigma della visualità, per la funzione dell’ekphrasis, per i dispositivi della visione, per le arti figurative e per questioni attinenti all’estetica emerge anche nei contributi più brevi della candidata, fra i quali spiccano i due dedicati a Rilke: “Scrivere col sangue” e “imparare a vedere”. L’artista e le sue Pathosformeln nel Malte di Rilke (2004) e Le “Lettere su Cézanne” e il ‘dire oggettivo’ di Rilke, in cui è chiaramente  avvertibile l’influenza di una lettura approfondita della lezione warburghiana.

Completa il profilo di Maria Luisa Roli un’antologia di testi poetici di Franz Tumler. Le liriche sono tradotte con finezza e sensibilità e nella nitida introduzione la candidata ricostruisce la parabola poetica dello scrittore dando prova della sua profonda conoscenza dello strumentario retorico e poetologico nonché della sua capacità di inquadrare l’autore e la sua opera da un punto di vista storico-letterario.

Il percorso scientifico di Maria Luisa Roli, caratterizzato da un impegno costante, sviluppato con coerente sistematicità  e rigore metodologico, fa emergere il profilo di una studiosa dalla solida preparazione.

Può sicuramente rientrare nel novero dei candidati meritevoli del giudizio di idoneità

 

 

 

La Commissione quindi procede alla formulazione dei giudizi collegiali. Per ciascun candidato si perviene alla formulazione di un giudizio collegiale sintetico e conclusivo, che si riporta di seguito.

 

 

 

GIUDIZI  COLLEGIALI

 

 

Candidato: Pier Carlo Bontempelli

Pier Carlo Bontempelli è stato professore associato di Letteratura tedesca dal 2000 fino al 2005 presso l’Università di Cassino e dal 2005 a oggi all’Università “G.d.Annunzio” di Chieti-Pescara. Gli interessi scientifici del candidato si sono concentrati sulla letteratura e sulla cultura austriaca e tedesca fra Otto e Novecento, con specifico riferimento agli autori del Naturalismo, e in seguito a temi inerenti la storia della germanistica. In sintonia con gli studi di Pierre Bourdieu e Michel Foucault, Bontempelli analizza nel volume Knowledge, Power and Discipline le tappe costitutive ed evolutive della germanistica tedesca. Le riflessioni articolate e sviluppate con spirito critico sono state il prodromo di un allargamento di prospettiva nella monografia L’intelligence delle SS e la cultura tedesca (2006), che indaga, ricorrendo ad importanti fonti inedite, il complesso rapporto fra cultura accademica e il regime nazionalsocialista. Bontempelli ricostruisce in modo approfondito ed efficace tali complesse dinamiche confermando di muoversi con perizia nella dimensione dei circuiti culturali e letterari nel loro rapporto e impatto con la politica e le istituzioni ad essi preposti. In un ambito più filologico-letterario va menzionata l’utile edizione dei manifesti letterari del Naturalismo tedesco (1990) così come la scelta di saggi dello scrittore Karl-Markus Gauβ cui è dedicato anche un saggio pubblicato negli “Annali dell’Università di Napoli”. Fra gli articoli presentati si segnala il contributo sulle Elegie di Buckow di Brecht, di cui sono fissate le coordinate poetiche e politiche. La sua produzione scientifica è organizzata attorno a nuclei coerenti e ben definiti, che denotano solide competenze in campo germanistico ma anche la capacità di fare dialogare quest’ultimo in maniera originale con i contributi provenienti da altri campi del pensiero, con risultati innovativi e di notevole spessore. Il candidato si impone decisamente per una considerazione ai fini del conseguimento dell’idoneità a professore di I fascia di Letteratura tedesca.

 

Candidato: Gabriella D’Onghia

La candidata Gabriella D’Onghia è dal 1985 Professore associato di Letteratura tedesca presso la Facoltà di Lettere e Filosofia di Salerno. Dal 1989 al 1992 si è trasferita all’Università di Napoli L’ Orientale. Dal 1992 al 1996 ha insegnato all’Università di Cassino e dal 1996 a oggi all’Università di Roma Tre. Ha svolto una lunga e costante attività didattica. La produzione scientifica presentata si concentra essenzialmente sulla narrativa della seconda metà dell’Ottocento e della cultura viennese fin de siècle, con particolare riferimento a Theodor Storm e a Karl Kraus. A Theodor Storm, con la cui opera la candidata ha una lunga frequentazione, avendo scritto la prefazione nel 1984 di un’ampia raccolta in traduzione italiana dei suoi racconti, sono dedicati quattro saggi che contribuiscono all’inquadramento storico-critico dell’autore. Si segnalano in particolare il saggio su Le ambivalenze prospettiche nell’ultima novella di Storm, pubblicato su “Cultura tedesca” (1999), nel quale si compie una lettura dello Schimmelreiter basata  sull’ “ottica del contrasto” e sulle “ambivalenze della narrazione”, e lo studio Theodor Storm e la favola di Psiche, pubblicato nel volume Mito e parodia, curato dalla candidata stessa e da Ute Weidenhiller e contenente gli atti di un convegno tenutosi nel 2005. L’altro filone di ricerca riguarda l’opera di Karl Kraus cui sono dedicati quattro studi ripresi e ampliati nella monografia Teatro e teatralità nell’opera di Karl Kraus (2003). La prospettiva interpretativa, basata anche sull’esame degli scritti teatrali giovanili e della “dimensione scenica della scrittura” non conduce tuttavia a risultati davvero innovativi.

 

Candidato: Roberto De Pol

Il candidato è dal 2000 Professore associato di Letteratura Tedesca presso l’Università di Genova, dove ha svolto un’intensa attività didattica e organizzativa. Gli interessi scientifici di De Pol si rivolgono ad autori e temi della letteratura tedesca medievale, cinquecentesca e dell’età barocca, raramente studiati nella germanistica italiana, sviluppando di frequente una prospettiva comparatistica. La produzione scientifica presentata ai fini della valutazione comparativa non comprende studi monografici e si articola in una edizione critica, una curatela e alcuni saggi. Di rilievo è l’edizione da lui curata del dramma allegorico, in tre atti con un interludio, Germania anelante la Pace di Johann Rist. Nell’ambito della letteratura seicentesca, originata dalla Guerra dei Trent’Anni, la chiave di lettura proposta dal candidato nell’introduzione è che l’invocazione alla pace non sia dettata da una visione utopico-proiettiva quanto da una prospettiva retroattiva che riafferma la purezza e quindi la potenza degli originari valori e costumi del popolo germanico. I due capitoli della Storia della civiltà letteraria tedesca forniscono un panorama ampio, documentato e informativo, analizzando il rapporto tra generi letterari e discorsi storico-ideologici. Tra i contributi si segnala l’edizione critica della prima traduzione tedesca a stampa del Principe di Niccolò Machiavelli, apparsa adespota nel 1714, con il titolo Lebens- und Regierungsmaximen eines Fürsten. Nell’introduzione De Pol analizza approfonditamente gli aspetti linguistici, storico-culturali ed editoriali del testo. Ne emerge il profilo di uno studioso serio e impegnato dotato di una solida preparazione filologica e di sicuri strumenti metodologici.

 

Candidato: Francesco Fiorentino

Francesco Fiorentino insegna dal 2001 come Professore associato  presso l’Università di Roma Tre. Ha svolto un’intensa attività didattica e organizzativa. La produzione scientifica presentata concerne temi e autori del Novecento - che comunque rinviano spesso a generali categorie estetico-poetologiche sottese al fare letteratura - e l’area culturale e letteraria svizzera. Ai fini della valutazione comparativa presenta due volumi, due curatele e sei saggi. Nella prima monografia, La sentinella perduta. Ernst Jünger e la Grande Guerra (1993), il candidato, affrontando l’opera jüngeriana per tradizione viziata da stereotipate chiavi critiche, fra le più scontate quelle dell’ideologia prefascista e del pensiero esistenzialista, la riporta persuasivamente all’ambito letterario. Si lavora quindi sul terreno peculiare della scrittura, che caratterizza anche la saggistica, per indagare sia le ragioni della sua fuorviante ricezione, sia soprattutto le categorie estetico-poetologiche che scandiscono l’itinerario intellettuale e letterario dello scrittore. Apprezzabile per l’impostazione storico-culturale e per informazione, attese le  finalità della collana edita da Carocci, risulta il volume sulla Letteratura della Svizzera tedesca, primo contributo di taglio manualistico organico, di utilità per lo studente italiano di germanistica. Un ulteriore filone di ricerca, attestato da cinque saggi presentati, è rivolto al teatro di Heiner Müller, di cui Fiorentino può essere considerato uno dei più fini interpreti nella germanistica e nel campo della poetica drammaturgica nonché della letteratura teatrale. Nell’introduzione al volume da lui curato, Heiner Müller. Per un teatro pieno di tempo, si spiegano il ricorso al mito e alla tragedia greca come medium e “superficie di reazione per una anamnesi dei mali del presente”,  un aspetto, questo, acutamente approfondito nel saggio su Philoktet. Un percorso ulteriore di ricerca molto fertile è avviato nel saggio introduttivo al volume su Topografie letterarie, da lui curato, con una innovativa esplorazione estetica sui prodotti letterari, riferita in particolare al romanzo moderno e postmoderno. La manifestazione delle strutture topografiche di una cultura, della cartografia, geografia e della localizzazione spaziale nei linguaggi della letteratura si rivela una prospettiva di rilevanza analitico-interpretativa suscettibile di innovativi sviluppi in corso di svolgimento. Per il suo solido e maturo profilo scientifico il candidato va preso in seria considerazione ai fini dell’idoneità a ricoprire una cattedra di I fascia di Letteratura tedesca.

 

 

Candidato: Andreina Lavagetto

Andreina Lavagetto ha lavorato come Professore associato presso l’Università di Ferrara. Dal 2001 insegna Letteratura tedesca presso l’Università di Venezia. I suoi principali ambiti di ricerca sono il primo romanticismo, la cosiddetta “klassische Moderne”, anche con particolare riferimento alla tradizione ebraico-tedesca (Buber, Kafka). Ai fini della valutazione comparativa in oggetto, la candidata non presenta monografie. Su F. Schlegel e l’età classico-romantica presenta tre pubblicazioni. L’ottima traduzione di Sullo studio della poesia greca (1988) è accompagnata da una nota introduttiva, in cui Lavagetto mostra l’irrisolvibile ambiguità di questo scritto a metà tra filologia, estetica, filosofia della storia e della cultura e critica letteraria. Nella prefazione al Dialogo sulla poesia di F. Schlegel Lavagetto ricostruisce dapprima la forma di quest’opera dialogica pubblicata sulla rivista “Athenäum”, espressione pregnante della “sinfilosofia” romantica, per poi considerare i dialoghi sullo sfondo della teoria culturale ed estetica dello “Studium-Aufsatz” e di altri scritti precedenti alla pubblicazione del Dialogo. Nell’introduzione al volume La poesia dell’età romantica, esito di un colloquio malatestiano, Lavagetto discute le categorie di lirismo e narratività e il loro produttivo incrociarsi sulla scorta delle osservazioni di Goethe e Schiller sulla poetica dei generi, mostrando efficacemente il progressivo allontanamento ad opera del tardo Goethe e poi di Friedrich Schlegel da ogni nozione normativa che culminerà nella teoria romantica del romanzo come unico e contaminato genere della modernità. Un aspetto rilevante degli interessi scientifici della candidata è rappresentato dall’opera di Rainer Maria Rilke, cui Lavagetto ha dedicato tre saggi e, soprattutto, il commento ai due volumi delle Poesie, pubblicati da Einaudi/Gallimard. Si tratta di un commento di dimensioni considerevoli in cui si discutono e riprendono i risultati più aggiornati della ricerca su quest’autore. La commissione ritiene di prendere in considerazione anche l’edizione buberiana pervenuta in bozze, corredata dalla lettera dell’editore circa l’imminente e nel frattempo avvenuta pubblicazione del volume nella collana dei “Meridiani”. L’edizione presenta una ricca introduzione alle raccolte di narrazioni chassidiche di Martin Buber, nella quale si discute in particolare il rapporto con la mistica ebraica nella tradizione religiosa delle comunità chassidiche sviluppatesi nell’Est europeo. Sono quindi ricostruite la genesi e le articolate tappe di progettazione dei testi buberiani. Le singole raccolte, tre delle quali tradotte dalla candidata, sono precedute da ricche e puntuali prefazioni.  Il profilo scientifico della candidata è quello di una studiosa seria e impegnata, caratterizzato da un estremo rigore filologico.

 

Candidato: Jutta Linder

Jutta Linder è stata dal 1979 al 1998 lettrice a Venezia e a Padova. Dal 1998 è Professore associato all’Università di Messina. L’interesse prevalente della candidata è costituito dalla letteratura della “Deutsche Klassik”. Lo testimoniano tre lavori monografici pubblicati in lingua tedesca. Due di questi, apparsi nel 1989 e nel 1990, hanno per oggetto, rispettivamente, la drammaturgia schilleriana e la politica culturale di Goethe nelle vesti di direttore del teatro di Weimar. Il Leitmotiv che percorre entrambi i testi è dato dalla sottolineatura del grande legame, intellettuale e spirituale, che unì i due grandi autori weimariani.  Il terzo volume, più recente (“Falsche Tendenzen”. Der Staatsdiener Goethe und der Dichter, 2001), studia il rapporto e le possibili influenze tra le funzioni di amministrazione e governo esercitate da Goethe e la sua attività poetica e creativa. Tutti e tre i volumi nascono da un’apprezzabile e puntuale familiarità con i testi, editi e inediti, dei due grandi scrittori. La più recente monografia tratta in modo sistematico, anche sfruttando il corpus delle amtliche Schriften goethiane, una tematica affrontata solo marginalmente dalla critica germanistica.Tra le pubblicazioni presentate appartengono allo stesso ambito di ricerca anche un articolo dedicato al soggiorno siciliano di Goethe e un saggio su Schiller e la Rivoluzione francese. Caratterizzati da un affidabile approccio testuale sono i due articoli miranti a illustrare l’influenza esercitata dall’opera di Goethe su Thomas Mann. L’interesse della candidata per un ben determinato filone, classico e umanistico, all’interno della cultura tedesca, emerge con evidenza anche dalla cura del volumetto che raccoglie i messaggi di Thomas Mann da Radio Londra. Nella postfazione e nelle note ai testi manniani la curatrice offre un’attenta ricostruzione delle vicende storiche legate alla nascita di questi documenti. Nel complesso Jutta Linder presenta una produzione scientifica che rivela la personalità di una studiosa seria e impegnata, le cui pubblicazioni hanno trovato collocazione internazionale e sono caratterizzate da rigore nell’utilizzo delle fonti. La studiosa potrebbe pertanto rientrare in una rosa di candidati meritevoli del giudizio d’idoneità a ricoprire un posto di Professore di Letteratura tedesca di I fascia.

 

Candidato: Camilla Miglio

Nel 2001 la candidata ha conseguito l’idoneità come Professore associato, prendendo servizio presso l’Università di Napoli L’Orientale. Ai fini della valutazione Camilla Miglio presenta due monografie (1997 e 2005), un volume curato (2000) e sette saggi pubblicati fra il 2000 e il 2008, l’ultimo dei quali scritto in tedesco. Il fulcro delle ricerche della candidata è costituito dagli studi su Paul Celan; a lui sono dedicate le due monografie e due dei sette saggi. Più in generale l’interesse di Camilla Miglio verte in larga parte sulla lirica: ne sono prova i saggi dedicati a Brentano (2003), a Rilke (2007) e a Bachmann (2008). Fra le pubblicazioni presentate vanno altresì ricordati: un saggio su Herder (2003), uno su Goethe teorico della musica (2000) e una postfazione ad alcuni racconti kafkiani (2000). Tali scritti testimoniano dell’ampio spettro di interessi di una candidata che può vantare una robusta preparazione teorica, una notevole finezza ermeneutica e una spiccata sensibilità per lo specifico e le dinamiche interne del linguaggio poetico. La seconda monografia dedicata a Celan, che riprende e approfondisce molti dei temi trattati nella prima, è con certezza il contributo più originale di Camilla Miglio. Si tratta infatti di un lavoro molto articolato, capace di ri-affrontare alcuni fra i più importanti Diskurse della sterminata ermeneutica celaniana con un approccio che riesce sapientemente a combinare intertestualità, decostruzionismo e cultural studies. La finezza ermeneutica, la rara capacità di combinare suggestioni intermediali da parte della candidata per quanto attiene all’ambito della lirica è dimostrata inoltre dai lavori su Brentano e su Bachmann. Per il suo solido e maturo profilo scientifico la candidata va presa in seria considerazione ai fini dell’idoneità a ricoprire una cattedra di I fascia di Letteratura tedesca.

 

Candidato: Stefan Nienhaus

Il candidato ha studiato a Münster, dove nel 1984 ha presentato la sua Dissertation. Dal 1986 al 1994 ha lavorato come Lettore all’Università di Napoli Federico II. Dal 1996 al 2002 è stato Ricercatore all’Università di  Bari. Nel 2001 ha conseguito la Habilitation presso l’Università di Jena. Dal 2002 è strutturato come Professore associato presso l’Università di Foggia. Il candidato presenta tre monografie, di cui due di notevole rilievo scientifico e di particolare risonanza editoriale. La prima, intitolata Das Prosagedicht im Wien der Jahrhundertwende. Altenberg - Hofmannsthal - Polgar, è dedicata al genere del poema in prosa nella letteratura viennese tra il 1895 e il 1914 e offre un quadro accurato dei testi composti dai tre autori citati nel titolo.  Oltre alla ricostruzione del contesto storico letterario, il lavoro si distingue per una serie di pregevoli analisi testuali. La seconda corposa monografia (Geschichte der deutschen Tischgesellschaft) ricostruisce le vicende dell’associazione fondata nel 1811 da Achim von Arnim e di cui fecero parte artisti e intellettuali di spicco della cultura romantica berlinese. Si tratta di un contributo di ampio e sicuro respiro storiografico che approfondisce aspetti centrali della cultura del primo Ottocento, sia sul versante letterario che su quello storico-politico (nazionalismo, antisemitismo). Il volume, frutto di originali e innovative ricerche di archivio, ha goduto di una notevole eco nella germanistica internazionale e può senz’altro ambire alla definizione di “Standardwerk”. La terza monografia, di dimensioni più limitate, ma ben articolata e convincente nei risultati, mira a definire, in base a una competente analisi testuale, i tratti caratteristici di quello che il candidato definisce il “Wiederholungsstil” di Joseph von Eichendorff. Completano il quadro dell’interesse spiccato del candidato per il Romanticismo due saggi dedicati all’opera di Ludwig Tieck, in cui studia con competenza e acume analitico alcune metafore poetiche del Phantasus e  legge la scrittura teatrale del Kaiser Oktavianus alla luce della categoria romantica del “Gesamtkunstwerk. Degna di menzione è la sintesi equilibrata fornita dal capitolo storico-letterario dedicato all’età di Lessing. Contributi d’importante rilevanza scientifica sono stati forniti dal candidato anche in area primo- novecentesca.  All’opera di Theodor Däubler, della cui edizione critica Nienhaus è uno dei curatori, è dedicato anche un altro lavoro presentato dal candidato: la cura della traduzione italiana di Aurora boreale (Nordlicht) di Carl Schmitt, un’interpretazione del poema epico di Theodor Däubler scritta nel 1916 dal grande giurista. I lavori del candidato, soprattutto quelli di lingua tedesca. si caratterizzano per un’eccellente collocazione editoriale. La sua produzione scientifica è tale da farne un autorevole candidato al ruolo di Professore di I fascia di Letteratura tedesca.

 

Candidato: Maria Luisa Roli

La candidata ha insegnato come Professore associato dal 1986 al 1989 all’Università di Bergamo. Dal 1989 è in servizio presso l’Università di Milano. Roli presenta una monografia (2007), tre volumi a sua cura (1990, 2001, 2004) e sei saggi scritti fra il 1998 e il 2008.L’autore al quale la candidata ha dedicato maggiore attenzione è Adalbert Stifter, di cui  Roli è una attenta e sensibile interprete. Su Stifter sono incentrati il volume del 2007, costituito in gran parte da saggi già apparsi in altra sede, e due curatele, rispettivamente gli atti di un convegno milanese del 1999 e un’organica silloge degli scritti stifteriani dedicati alla letteratura e all’arte. Nell’approccio della candidata all’opera di Stifter è apprezzabile la capacità di coniugare le più diverse sollecitazioni metodologiche (dalla filologia alla lettura “textimmanent” mai meramente parafrastica, dalla Diskursanalyse ai cultural studies e soprattutto ai visual studies) e di collocare i testi stifteriani in una serrata relazione intertestuale con la tradizione letteraria, filosofica e scientifica. L’interesse per il paradigma della visualità, per la funzione dell’ekphrasis, per i dispositivi della visione, per le arti figurative e per questioni attinenti all’estetica emerge anche nei contributi più brevi della candidata, presentati ai fini del concorso, fra i quali spiccano i due dedicati a Rilke. Completano il profilo di Maria Luisa Roli la traduzione e l’edizione di una scelta di poesie di Franz Tumler che testimoniano la profonda conoscenza dello strumentario retorico e poetologico nonché la capacità di inquadrare l’autore e la sua opera da un punto di vista storico-letterario. La studiosa potrebbe pertanto rientrare in una rosa di candidati meritevoli del giudizio d’idoneità a ricoprire un posto di professore di Letteratura tedesca di I fascia.

 

        La seduta è tolta  alle ore 19.20 e si riconvoca per il giorno 28 luglio,  alle ore 8.30.

 

        Letto, approvato e sottoscritto seduta stante.

 

 

La Commissione:

Prof. Fabrizio Cambi                          

Prof. Alessandro Costazza                  

Prof. Matteo Galli                               

Prof. Lucia Perrone Capano               

Prof. Roberto Venuti