Procedura di Valutazione comparativa ad un posto di Professore Associato Presso la Facolta' di LINGUE E LETTERATURE STRANIERE Settore L-LIN/10 – LETTERATURA INGLESE – Gazzetta  Ufficiale n. 54  del 11/07/2008.     

 

 

VERBALE TERZA SEDUTA

 

 

La Commissione, già nominata per il concorso di cui in premessa con D.R. n. 414 del 12/03/2010 pubblicato sulla G.U. n. 24 del 26/03/2010, successivamente ricostituita con D.R. n. 600 del 17/05/2010, pubblicato sulla G.U. 42 del 28/05/2010, successivamente ricostituita con D.R. 926 del 16/09/2010 pubblicato su G.U. n. 79 del 05/10/2010, composta dai seguenti professori:

 

Prof. Keir Douglas ELAM                   -  Presidente

Prof. Pietra Daniela CORONA         -  Segretario   

Prof. Paola BOTTALLA                     -  Commissario

Prof.    Jeanne Frances CLEGG          - Commissario

Prof. Francesco MARRONI               -  Commissario

 

si è riunita presso i locali del Dipartimento di Scienze Linguistiche e Letterarie dell’Università degli Studi “G. D’Annunzio” in Chieti-Pescara il giorno 17.01.2011 alle ore 10.

 

La Commissione, sulla base dei criteri già deliberati nel verbale preliminare, esprime su ognuno dei candidati i seguenti giudizi individuali:

 

 

            La Commissione stabilisce di procedere secondo l'ordine alfabetico dei candidati ammessi, e, preliminarmente, decide in merito alla possibilità di enucleare dai  lavori presentati  (massimo dieci) il contributo individuale del candidato in quelli redatti in collaborazione con i membri della Commissione secondo i criteri stabiliti e riportati nell'allegato  del verbale n. 1 del   10.11.2010

 

 

Candidato Rocco CORONATO

 

Profilo curriculare:

 

Laureato nel 1990 presso l’Università di Bologna; professore a contratto di L.e Lett. inglese 2000-02 presso la Facoltà di Lettere di Siena; ricercatore di Lett. Inglese dal 2002 presso la Facoltà di Lettere di Siena. Fellow della Folger Shakespeare Library, 1996;visiting scholar presso l’Università di Amsterdam 1998;  Fullbright a Harvard 1998-99; fellow del Warburg Institute, London, 1999; Brown University 2000.

 

Giudizio del commissario prof.: Keir Douglas Elam

 

Laureato in Lingue e Letterature Moderne Straniere presso la Facoltà di Lingue dell’Università di Bologna nel 1990; Dottore di Ricerca in Anglistica presso l’Università di Pisa nel 1995;  borsista post-dottorale presso l’Università di Firenze, 1997-9; professore a contratto di Lingua e Letteratura Inglese Presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Siena, 1997-9; dal 2002 è ricercatore per il SSD L-LIN/10 presso la Facoltà di lettere dell’Università di Siena; ha svolto attività di ricerca come visiting scholar presso l’Università di Liverpool, la Folger Shakespeare Library di Washington, l’Università di Amsterdam, Harvard University, il Warburg Institute e la Brown University.

 

E’ autore di due monografie, due edizioni critiche, trentacinque articoli  (dei quali presenta 6) e diverse recensioni.

 

La prima monografia, Shakespeare’s Neighbors: Theory Matters in the Bard and His Contemporaries (University Press of America, 2001), discute alcuni drammaturghi eliabettiani e giacomiani da una prospettiva che mescola Neostoricismo (le letture spesso partono da episodi storici), ‘presentismo’ (riferimenti alla cultura contemporanea) con una più tradizionale erudizione. I singoli capitoli riguardano Shakespeare e la confession theory, eleggendo Richard III di come opera pseudo-confessionale e Riccardo come maestro di confessioni contraffatte;  The Jew of Malta di Marlowe messo a confronto con le dottrine sociopolitiche italiane del Cinquecento, mettendo in rilievo come l’ebreo Barabas trasformi la mobilità messa in atto dal buon mercante in una funambolica e sconfinata trasformazione della materia, trasformazione che lo porta a ‘consumare’ se stesso; il ruolo del caso in The Winter’s Tale di Shakespeare letto nel contesto della (casuale) scoperta delle americhe; la visita storicamente verificata della pellerossa Pocahontas a Londra nel 1616, messa in rapporto con il dibattito epocale sui rapporti interculturali, e segnatamente sul problema del cannibalismo, nonché con i masque teatrali giacomiani, specie quelli di Ben Jonson; la questione dell’individualità in Twelfth Night, centrata sulla figura di Viola, che crea la propria identità tramite la categoria dell’assomiglianza; la relazione fra estasi e procreazione nel Titus Andronicus di Shakespeare e in “The Extasie” di John Donne; Twelfth Night e la funzione del riso, sempre marginale e segnato dalla propria assenza tramite la figura liminale del buffone Feste. Si tratta di saggi di  spiccata originalità critica svolti in modo brillante e mai scontato.

 

La seconda monografia,  Jonson Versus Bakhtin: Carnival and the Grotesque (Rodopi, Amsterdam, 2003) costituisce un appassionato e appassionante appello, coraggiosamente controcorrente, per una lettura seria e approfondita del drammaturgo giacomiano fuori dagli schemi e dagli slogan critici. Il capitolo introduttivo prende in rassegna, e mette in discussione, la consolidata tradizione critica che vede Jonson come un classicista conservatore, elitario, anti-carnevalesco, spesso condannato dalla critica d’impronta bakhtiniana. Il candidato invece cerca in modo persuasivo di capovolgere tale prospettiva, utilizzando lo stesso Jonson per costruire una critica alle teorie di Bakhtin, fra cui le rigide opposizioni fra cultura alta e cultura bassa, e fra quella ufficiale e/o ecclesiastica e quella popolare e festiva. Più in generale mette in dubbio la sinonimia ‘bakhtiniana’ fra carnevale e trasgressione. I capitoli successivi,, prendendo singolarmente in esame sei opere jonsoniane fra tragedie e commedie - Sejanus, Catiline, Epicoene, Bartholomew Fair, The Staple of News, Neptune’s Triumph – oltre ai masque, dimostrano efficacemente  la complessità della dialettica fra alto e basso, erudito e popolare nel mondo di Jonson, così smontando il mito dell’indole antifestivo di Jonson e la sua predilezione per l’aristocrazia. All’idea di Bakhtin secondo la quale la cultura comica popolare viene tramandata attraverso i secoli, il volume oppone eloquentemente la tesi di un condiviso repertorio della tradizione del grottesco (categoria non presa in considerazione dai bakhtiniani).

 

Quanto alle due edizioni critiche presentate dal candidato, quella relativa a L’Ebreo di Malta  di Christopher Marlowe (Venezia., Marsilio, 2007) include un’introduzione focalizzato sul ruolo dell’ebreo Barabba, partendo dal dato storico della condanna a morte del medico ebreo Rodrigo Lopez, nonché dalla situazione interetnica nella Malta del Cinquecento.

 

L’introduzione all’edizione critica della Tempesta di William Shakespeare (Milano: BUR Rizzoli, 2008) prende in esame le diverse linee interpretative dell’opera, dalla lettura biografica che identifica Prospero con Shakespeare, alla lettura ‘americana’ che vede nell’isola un’allusione alle esplorazioni del Nuovo Mondo, alla lettura cannibalesca che considera Calibano come rappresentante dei nativi ‘cannibali’ d’America, oppure dell’uomo selvaggio del Vecchio Mondo. Procede con l’identificare alcune tematiche drammaturgiche e semantiche del testo, dall’analogia all’interruzione all’abisso. Sono d’interesse anche le note critico-filologiche in calce al testo.

 

Gli articoli presentati affrontano, nel campo rinascimentale, il topos della vedova lussuriosa, di origine italiana, in Hamlet, specie nella versione del primo in quarto; il metateatro in Hamlet analizzato con riferimento alla retorica classica; la tragedia in Inghilterra, dalle prime tragedie ‘iperboliche’, a quelle ‘classiche’ a quelle ‘manieriste’ shakespeariana; la teorie dell’origine dell’errore presso Thomas Browne, Tomaso Garzoni, Francis Bacon. Fuori dai confine del Rinascimento, il candidato presenta un articolo su Scienza ed entusiasmo in A Tale of a Tub di Jonathan Swift, letto come riduzione satirica anti-riduttiva, con particolare riferimento alle funzioni corporee (ll’eructatio); infine, per quanto riguarda il Novecento, presenta un breve saggio su Somerset Maugham

 

Rocco Coronato è senz’altro uno studioso maturo di respiro internazionale, caratterizzato da una produzione scientifica altamente, a volte provocatoriamente, originale, brillante ed erudito. I suoi lavori, inoltre, sono apparsi prevalentemente presso case editrici e riviste sedi di eccellenza nazionale e internazionale.

 

 

Giudizio del commissario prof.:  Pietra Daniela Corona

 

I lavori presentati dal Dott. Rocco Coronato (pur registrando anche  articoli  che si estendono ad altri autori e contesti storico culturali come “The Unmaking of William Somerset Maugham “)   danno conto di un interesse prevalente, come emerge anche dalle sue attività di ricerca, per opere in gran parte  teatrali, collocate in particolare nel contesto rinascimentale  anche nelle relazioni con la cultura italiana e classica.

Su vari  nessi con il  discorso filosofico e  con quello religioso  affrontati a diversi livelli , si basano  i singoli capitoli raccolti in Shakespeare’s Neighbors, , che testimoniano della intensa frequentazione di biblioteche e di archivi. L’impianto metodologico dell’analisi appare  più chiaramente delineato nella monografia Jonson Versus Bakhtin,  che nella densità della esposizione delle ipotesi teoriche e  dei richiami testuali, finisce per contrappone, in una prospettiva critica a ritroso, le soluzioni estetiche di Jonson alle tesi  di Bakthin relative al rapporto tra rappresentazioni e  momenti di antagonismo sociale. I due lavori si caratterizzano per gli  innesti di elementi aneddotici e di dati biografici. L’interesse ai temi succitati è testimoniato anche dalla cura de La Tempesta che riprende la traduzione di G. Baldini e de L’ebreo di Malta, con traduzione attenta di Coronato; lavori che si aggiungono all’ampia produzione in materia e le cui introduzioni riportano posizioni condivise.

 

 

Giudizio del commissario prof.: Paola Bottalla

 

Laureato nel 1990 presso l’Università di Bologna; professore a contratto di L.e Lett. inglese 2000-02 presso la Facoltà di Lettere di Siena; ricercatore di Lett. Inglese dal 2002 presso la Facoltà di Lettere di Siena. Fellow della Folger Shakespeare Library, 1996;visiting scholar presso l’Università di Amsterdam 1998;  Fullbright a Harvard 1998-99; fellow del Warburg Institute, London, 1999; Brown University 2000; ha una vivace e molteplice presenza a convegni internazionali, con relazioni.

Coronato ha al suo attivo due volumi, oltre quaranta articoli, anche di dimensioni sostanziose, e diverse cure e traduzioni.

Presenta due monografie, Shakespeare’s Neighbors, Lanham, University Press of America, 2001, e Jonson vs. Bakhtin, Amsterdam, Rodopi, 2003, l’introduzione e cura di Marlowe, L’ebreo di Malta, Marsilio, 2008, e di Shakespeare, La tempesta, BUR 2008;e 6 fra saggi e articoli in riviste importanti come Strumenti critici, o The Shakespeare Yearbook, su altri aspetti di Shakespeare e del periodo elisabettiano, sulla satira di Swift, sul canone inglese e americano.

Il candidato ha una produzione copiosa, per buona parte in inglese, collocata in prestigiose sedi internazionali. Le aree d’interesse riguardano il periodo elisabettiano e giacomiano, con approccio comparatistico e attenzione ai rapporti con le arti visive e la musica, la riconfigurazione del canone della letteratura inglese, la teoria letteraria. Nel primo campo si segnala il vivace e ben documentato volume Shakespeare’s Neighbors, 2001, dove accosta in maniera brillante e provocatoria Shakespeare, Marlowe, Jonson e Donne alle teorie di una rete di pensatori antichi o rinascimentali, sul versante della filosofia (Aristotele), della medicina (Parè), della logica (Ramo), della teologia gesuita e protestante, del diritto e del commercio, con risultati sorprendenti e illuminanti. Il metodo è un approccio tangenziale, che mira a creare uno ‘spazio di sospensione’ dove i testi si collegano non in ‘straightforward relation, but mutual illumination’.

Il volume del 2003, analizza la produzione di Ben Jonson alla luce delle teorie Bachtiniane, e dimostra efficacemente che la personalità del classicista erudito è integrata con quella dello scrittore popolare di incontenibile vitalità e umorismo grottesco. Le introduzioni del Jew of Malta di Marlowe per Marsilio e della Tempest per la Bur sono ben documentate e non scontate. Tratteggiano brevemente un panorama storico e critico complesso, evitando anacronismi e ideologismi. Per il Jew Coronato si riallaccia al concetto di Auerbach della coesistenza di comico e tragico, sottolineandone il capovolgimento, poiché il comico è qui riservato al personaggio negativo, Barabba, visto che il tragico è riservato a quello positivo, Cristo. Barabba è visto come proiezione dell’avido machiavellismo della Londra elisabettiana e soprattutto come individuo che sfida e usa gli stereotipi. Dall’introduzione alla Tempest , come dall’acuto e divertente saggetto su S. Maugham, trapela la consapevolezza del reciproco rapporto manipolativo esercitato dall’autore e dalla critica. The Tempest, ‘allusione biografica’ per eccellenza, diventa la pietra di paragone del ruolo dell’artista e del critico moderno, interprete di una sempre più sfuggente armonia, e del conflitto generazionale, nazionale, coloniale. Si esplorano le corrispondenze tra i principali meccanismi tematici, strutturali e verbali del testo: l’analogia, l’interruzione e la discesa/ascesa.

Interessanti altresì le riflessioni sulla rielaborazione del concetto di fama, e la riformulazione del canone letterario shakespeariano e moderno.

In complesso personalità di studioso di alto livello, anche se poco convenzionale, capace di spostarsi velocemente e puntualmente tra teoria letteraria, critica moderna, storia delle idee e delle arti, e analisi testuale, risultando comunque sempre agile, leggibile e interessante.

 

 

Giudizio del commissario prof.: Jeanne Frances Clegg

 

 

Dal suo curriculum autocertificato, si evince che Rocco Coronato ha conseguito il titolo di dottore di ricerca in Anglistica presso l’Università di Pisa nel 1996 con una tesi su Echo tra le fonti. Ben Jonson e le fonti carnevalesche, e che  dal 1997 al 1999 è stato titolare di una borsa di studio post-dottorato presso l’Università di Firenze. Dal 2002 riveste il ruolo di ricercatore presso la Facoltà di Lettere dell’Università di Siena e dove, ancor prima di essere nominato ricercatore, aveva svolto corsi di Letteratura inglese e di traduzione. Gli sono stati conferiti una serie di fellowship per svolgere ricerca presso istituti di ricerca prestigiosi quali la Folger Library, le Università di Amsterdam e di Harvard, la Warburg Institute,  e  Brown University.

Degli interessi scientifici del dott. Coronato la principale è quella per il teatro elisabettiano, che spesso e volentieri legge in ottiche inter-testuali interessanti e insolite. Tra i titoli presentati ai fini della valutazione comparativa molti riguardano Shakespeare, Jonson e Marlowe.  “Hamlet and the Italian Widow” (Shakespeare Yearbook, 1999), per esempio, esamina le accuse dirette a Gertrude da parte di Amleto alla luce delle prescrizioni cattoliche per le vedove. Shakepeare’s neighbors (University Press of America, 2001) esplora una serie di temi connessi ai concetti dell’assenza e del sospeso in Richard III, The Winter’s Tale,  Twelfth Night,  in The Jew of Malta, nelle maschere di Jonson e nella poesia di Donne,  tutti letti all’interno di “broad frameworks of interpretation” che includono dimensioni filosofici, teologici, scientifici, antropologici nonché critici. Jonson vs Bakhtin (Rodopi 2003) critica, attraverso una inchiesta approfondita sul teatro di Ben Jonson, l’applicazione indiscriminata e anacronistica della teoria bakhtiniana del carnevalesco al teatro elisabettiano. Più recentemente Coronato ha contribuito con un saggio su “La tragedia in Inghilterra” al volume Le rinascite della tragedia (Carocci, 2006), ha curato e scritto autorevoli introduzioni a L’Ebreo di Malta (Venezia, Marsilio, 2008) e a La tempesta nell’edizione della BUR (Rizzoli, 2008).

Per quanto riguarda altri generi ed epoche, Coronato ha scritto anche sulla satira, “Scienza ed entusiasmo in A Tale of a Tub” in Scienza ed immaginario (Pisa, ETS,1997), e sulla figura e la ricezione di Somerset Maugham in quanto ‘scrittore moderno’ per eccellenza (in Ripensare il canone, Roma, Artemide 2007).

Le pubblicazioni presentate sono tutte congrue con il settore scientifico disciplinare L-LIN/10, sono tutti lavori individuali, e la produzione scientifica è continuativa. I saggi esprimono originalità di pensiero, una curiosità intellettuale vivace, e una notevole capacità di applicare strumenti analitici con rigore e agilità. Scrive, anche in inglese, con verve in uno stile molto personale, che in alcune prime pubblicazioni tende all’idiosincrasia. La collocazione editoriale, nazionale e internazionale, è ottima. La figura che emerge è quella di uno studioso maturo e di valore

 

Giudizio del commissario prof.: Francesco Marroni.

 

Le pubblicazioni di Rocco Coronato configurano uno studioso che ha collocato al centro della sua ricerca il teatro elisabettiano e giacomiano, anche se non mancano lavori in altre aree di studio che testimonia di una vocazione fortemente comparatistica. Nella monografia Shakespeare’s Neighbors. Theory Matters in the Bard and His Contemporaries (2001), il candidato rivela ottima preparazione e insieme solidità metodologica nell’analisi dei processi testuali e intertestuali che presiedono alla strutturazione sia del testo shakespeariano sia delle opere di Marlowe e John Donne. Dal punto di vista dell’intertestualità, Coronato colloca in primo piano un’arguzia critica che, in modo brillante,   delinea una personalità sempre reattiva dinanzi ai fenomeni culturali. È il caso del capitolo su Pocahontas, la cui assimilazione culturale è costruita secondo un metodo che fa affidamento sia su un’erudizione audace sia sulla  documentazione storica. In altre sezioni del libro, il candidato mostra  di conoscere molto bene i meccanismi retorici su cui fanno leva opere come Richard III,  The Winter’s Tale o The Jew of Malta,  di cui analizza in modo accurato gli aspetti culturali, le suggestioni letterarie e le implicazioni semantico-strutturali, con coerenza rispetto alla sua concezione del fare critica in cui la ricerca dell’originalità sembra affidata, in taluni casi, una combinatoria di voci le più disparate (da Aristotele a Graucho Marx, da Montaigne a Julian Barnes, dalle Sacre Scritture a Heidegger).  Prima dello studio monografico su Shakespeare e “dintorni”, il candidato ha pubblicato alcuni lavori che sono in linea con la sua propensione culturologica e comparatistica: “Scienza e entusiasmo in A Tale of a Tub” (1997), un ottimo  lavoro in cui, tuttavia, sul tema settecentesco dell’entusiasmo manca il riferimento d’obbligo a A Letter Concerning Enthusiasm (1708) di Shaftesbury. Di particolare interesse risultano gli articoli “Hamlet and the Troublesome Division of the Italian Widow” (1999) e “Amleto virtuale” (2000), nei quali, pur con qualche forzatura metodologica, già emergono chiaramente intelligenza critica e attenta percezione dei fenomeni retorico-stilistici. Il notevole bagaglio da comparatista di Coronato è un tratto peculiare della sua scrittura critica. In questo senso,  merita anche una menzione il saggio “Adamo senza ombelico” (2000), che, nello stimolante approfondimento del rapporto fra Tomaso Garzoni e Thomas Browne, rivela di avere ampie conoscenze  e raffinata capacità di argomentazione.  Molto vivace e originale nell’approccio, il volume Jonson Versus Bakhtin (2003) appare nello svolgimento della tematica sempre brillante, ponendosi il preciso obiettivo di rivalutare la dimensione carnevalesca in Jonson e rintracciarne i segmenti testuali nelle sue opere. Ricco di note e di citazioni, la monografia appare criticamente valida,  matura e importante in quelle pagine in cui Coronato affronta il tema del grottesco e ne definisce le fonti in rapporto al teatro jonsoniano, prescindendo dall’opposizione postulata dal titolo. La curatela del volume L’Ebreo di Malta (2007), risulta ben fatta e l’introduzione appare valida e ricca di spunti.  Più meditata l’introduzione a La Tempesta (2008) nella traduzione di Gabriele Baldini.  Anche in questo caso il candidato non manca di mettere in campo la sua erudizione, con dovizia di riferimenti alle fonti dirette e indirette, sottolineando come l’idea della dissoluzione del cosmo possa essere fatta risalire alla Bibbia (Giobbe, XX, 6-8).

            Vivace e impegnato, fornito di un’ottima preparazione, il candidato ha prodotto lavori  di indubbia originalità, ben argomentati, sempre dimostrando maturità, erudizione e conoscenze teorico-metodologiche

 

Conclusa l’enunciazione dei giudizi individuali dei cinque Commissari, il Presidente apre la discussione in esito alla quale la Commissione perviene alla formulazione, all’unanimità, del seguente giudizio collegiale relativo al candidato  dott. Rocco CORONATO

 

E’ autore di due monografie, due edizioni critiche, trentacinque articoli  (dei quali presenta 6) e diverse recensioni.

 

La prima monografia, Shakespeare’s Neighbors: Theory Matters in the Bard and His Contemporaries, discute alcuni drammaturghi eliabettiani e giacomiani da una prospettiva che mescola Neostoricismo (partendo da episodi storici), e ‘presentismo’ (riferimenti alla cultura contemporanea) con l’erudizione tradizionale. I singoli capitoli riguardano Shakespeare e la confession theory, eleggendo Richard III come opera pseudo-confessionale e Riccardo come maestro di confessioni contraffatte;  The Jew of Malta di Marlowe viene confrontato con le dottrine sociopolitiche italiane del Cinquecento, mettendo in rilievo come l’ebreo Barabas trasformi la mobilità messa in atto dal buon mercante in una funambolica e sconfinata trasformazione della materia, trasformazione che lo porta alla fine a ‘consumare’ se stesso; il ruolo del caso in The Winter’s Tale di Shakespeare viene letto nel contesto della (casuale) scoperta delle Americhe; la visita di Pocahontas a Londra nel 1616  viene collegata messa con il dibattito epocale sui rapporti interculturali, sul problema del cannibalismo, nonché con i masque teatrali giacomiani; la figura di Viola in Twelfth Night Viola crea la propria identità tramite la categoria della somiglianza; si analizzano inoltre la relazione fra estasi e procreazione nel Titus Andronicus di Shakespeare e in “The Extasie” di John Donne, e la funzione del riso e la figura liminale del buffone Feste in The Twelfth Night. Si tratta di saggi di spiccata originalità critica svolti in modo brillante, provocatorio e mai scontato.

 

La seconda monografia, Jonson Versus Bakhtin: Carnival and the Grotesque costituisce un appassionato e appassionante appello, coraggiosamente controcorrente, per una lettura seria e approfondita del drammaturgo giacomiano fuori dagli schemi e dagli slogan critici. Il capitolo introduttivo mette in discussione la consolidata tradizione critica che vede Jonson come un classicista conservatore, elitario, anti-carnevalesco. Il candidato invece capovolge in modo persuasivo tale prospettiva, utilizzando lo stesso Jonson per costruire una critica alle teorie di Bakhtin, fra cui le rigide opposizioni fra cultura alta e bassa, ufficiale e/o ecclesiastica da una parte e popolare e festiva dall’altra. I capitoli successivi, prendendo singolarmente in esame sei opere jonsoniane, Sejanus, Catiline, Epicoene, Bartholomew Fair, The Staple of News, Neptune’s Triumph oltre ai masque, dimostrano efficacemente  la complessità della dialettica fra alto e basso, erudito e popolare nel mondo di Jonson.

 

Le introduzioni del Jew of Malta di Marlowe e della Tempest sono ben documentate e non scontate. Nella prima Barabba è visto come proiezione dell’avido machiavellismo della Londra elisabettiana e soprattutto come individuo che sfida e usa gli stereotipi.

 

La seconda prende in esame prende in esame le diverse linee interpretative dell’opera, dalla lettura biografica alla lettura che vede nell’isola un’allusione alle esplorazioni del Nuovo Mondo, alla lettura che considera Calibano come rappresentante dei nativi ‘cannibali’ d’America, oppure dell’uomo selvaggio del Vecchio Mondo. Si esplorano le corrispondenze tra i principali meccanismi tematici, strutturali e verbali del testo: l’analogia, l’interruzione e la discesa/ascesa.

 

Gli articoli affrontano il topos di origine italiana della vedova lussuriosa, il metateatro in Hamlet, le varie fasi della tragedia in Inghilterra, le teorie dell’origine dell’errore in Thomas Browne, Tomaso Garzoni, Francis Bacon. Fuori dai confine del Rinascimento, il candidato presenta un articolo su scienza ed entusiasmo in A Tale of a Tub, e per quanto riguarda il Novecento, presenta un breve saggio divertente su Somerset Maugham

 

Rocco Coronato è senz’altro uno studioso maturo di respiro internazionale, caratterizzato da una produzione scientifica altamente, a volte provocatoriamente, originale, brillante ed erudito. I suoi lavori sono apparsi prevalentemente presso case editrici e riviste sedi di eccellenza nazionale e internazionale.

 

 

 

Candidata Emanuela ETTORRE

 

Profilo curriculare:

 

Laureata nel 1991, presso l’Università di Chieti-Pescara; dal 1998 ricercatore  di Lett. inglese presso la Facoltà di Lingue della stessa Università; ha insegnato Lingua inglese presso la Facoltà di Medicina dell’Univ. di Chieti, 1993-94, e presso la Facoltà di Architettura, 2001-04, e Linguaggi settoriali presso la SSIS, 2000-02; Letteratura inglese per la Facoltà di Lingue, 2002-08;Fa parte del Collegio di Dottorato, del CUSVE (Centro di Studi Vittoriani ed Edoardiani) e della redazione di RSV (Rivista di Studi Vittoriani). Membro della T. Hardy Society, della G. Gissing Society, della E. Gaskell Society.

 

Giudizio del commissario prof.:  Keir Douglas Elam

 

Laureata in Lingue e Letterature Straniere presso la Facoltà di Lingue e Letterature Straniere dell’Università degli Studi “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara nel 1991; Dottore di Ricerca in Anglistica presso la medesima Facoltà nel 1996; dal 1998 è Ricercatore Universitario per il Settore scientifico-disciplinare L-LIN/10 presso la stessa Facoltà.

E’ autrice di una monografia, cinque curatele e co-curatele, di cui presenta tre, e sedici articoli, di cui presenta sei, e numerose  recensioni. I suoi interessi scientifici vertono principalmente sulla narrativa vittoriana, con particolare riferimento a Hardy e Gissing.


La monografia  Lo specchio e la clessidra: uno studio sulla narrativa di Thomas Hardy, (Napoli, Liguori, Marzo 2007) è una lettura della narrativa spesso decretata ‘minore’ di Thomas Hardy, con particolare riferimento ai romanzi classificati dallo stesso Hardy come “Romances and Fancies” e “Novels of Ingenuity”, per distinguerli dai più celebri “Novels of Character and Environment”: una scelta di campo d’indagine insolita ma giustificata dalla relativa carenza di studi critici delle opere in questione, sovente sottovalutate. La doppia metafora interpretativa annunciata nel titolo del volume allude, da una parte, alla consapevole strategia di Hardy di proporre uno specchio deformante della società vittoriana, e, dall’altra, la lotta dei personaggi hardiani contro gli effetti del tempo e la loro ricerca di un tempo individuale. In realtà, tali metafore vengono più annunciate che applicate nel volume, che propone analisi di sei romanzi che coprono un periodo cronologico di due decenni (1872-92). Il primo capitolo esamina l’apparente ma ingannevole appartenza di Desperate Remedies al genere dei sensation novels, le cui convenzioni vengano in realtà capovolte; il secondo analizza la struttura fiabesca di Two on a Tower, che permette a Hardy di indagare l’inconoscibilità della verità; il terzo prende in esame la dialettica fra i ruoli di genere in The Hand of Ethelberta;il quarto traccia il processo di distruzione del desiderio in A Laodicean; il quinto e il sesto discutono l’invenzione e le modalità del femminile, rispettivamente  in A Pair of Blue Eyes e The Well-Beloved. Le singole letture portano all’analisi strumenti narratologici impiegati con competenza e  con garbo. E’ da apprezzare, inoltre, la chiarezza dell’esposizione.

 

La candidata presenta tre curatele: quella a relativa al romanzo Il sale della terra di George Gissing, con traduzione e postfazione; e quelle di due volumi di saggi critici, Before Life and After. Poesia e narrativa nell’epoca vittoriana (con Andrea Mariani e Francesco Marroni), e  George Gissing: New Explorations into his Fiction (numero monografico di Rivista di studi Vittoriani, con Pierre Coustillas )

 

Dei sei articoli presentati, cinque sono relativi al periodo vittoriano, compresi quattro saggi su Gissing, due sul tema dell’abnegazione in The Salt of the Earth, uno sulla rivisitazione del genere del sensational novel  in Denzil Quarrie, e uno sul mito dell’Italia in opere quali By the Ionian Sea. Sempre relativo al vittorianesimo è la lettura critica degli Editor’s Tales di Anthony Trollope. Infine, in una breve excursione nel Novecento, la candidata presenta un saggio sul coinvolgimento di T.S. Eliot nella rivista letteraria The Criterion, della quale fu a lungo direttore.


Emanuela Ettorre è una studiosa indubbiamente capace di analisi critiche puntuali e di una scrittura lucida e metodologicamente consapevole. Pur nella relativa ristrettezza dei suoi ambiti di studio, dimostra maturità e originalità scientifica.

 

 

Giudizio del commissario prof.: Pietra Daniela Corona

 

Le pubblicazioni della Dott. Emanuela Ettorre, impegnata nel CUSVE e nel comitato di redazione di RSV, mostrano un interesse critico che ruota attorno a temi e autori del periodo vittoriano proiettando  l’attenta analisi ,d’impronta strutturalista, delle opere,  nel quadro complesso del contesto culturale di produzione . Ne danno conto gli articoli ( che privilegiano la produzione di Anthony  Trollope e di un George Gissing esaminato in rapporto al naturalismo) ,le traduzioni con postfazione de Il sale della terra, le curatele,  e la monografia (Lo specchio e la clessidra: uno studio della narrativa di Thomas Hardy).  Questa,  corredata da ampia bibliografia aggiornata, delinea puntualmente   caratteri e posizioni dell’intellighenzia dell’epoca. In questo  scenario, con approfondimento delle fonti,  è sviluppata l’analisi della  produzione, non solo letteraria,  di Hardy  e di opere anche minori dell’autore, finora inesplorate, che sono  qui  bene esaminate   nel confronto con le canonizzazioni ottocentesche e offerte secondo nuove prospettive critiche. Vengono  ricondotte alla crisi ideologica e culturale dell’epoca i livelli di complessità delle opere indagate  nei loro modelli narratologici delle quali vengono analizzate -nel confronto con le posizioni critiche coeve e non-  le classificazioni che ne diede lo stesso Hardy . Interessante anche  l’operazione di accurata traduzione in Italia dei racconti vittoriani de Il sale della terra che  sono presentati nella loro anticipazione dell’episteme modernista.

 

Giudizio del commissario prof.:  Paola Bottalla

 

Laureata nel 1991, presso l’Università di Chieti-Pescara; dal 1998 ricercatore  di Lett. inglese presso la Facoltà di Lingue della stessa Università; ha insegnato Lingua inglese presso la Facoltà di Medicina dell’Univ. di Chieti, 1993-94, e presso la Facoltà di Architettura, 2001-04, e Linguaggi settoriali presso la SSIS, 2000-02; Letteratura inglese per la Facoltà di Lingue, 2002-08;Fa parte del Collegio di Dottorato, del CUSVE (Centro di Studi Vittoriani ed Edoardiani) e della redazione di RSV (Rivista di Studi Vittoriani). Membro della T. Hardy Society, della G. Gissing Society, della E. Gaskell Society.

Ha al suo attivo un volume, cinque curatele congiunte, dove sono chiaramente identificabili solo i saggi a suo nome, una quindicina di articoli e alcune recensioni su Hardy, Gissing, Trollope, con incursioni su Kavanagh e Mary Kingsey.

Presenta un volume sulla narrativa di Hardy, Lo specchio e la clessidra, 2007, diversi contributi su Gissing, tra cui la postfazione e traduzione de Il sale della terra, 2000, e due saggi in inglese, uno sul Gissing Journal e uno in un volume pubblicato da Rodopi, 2001, e due saggi su Trollope.

Il volume tratta i romanzi meno noti di Hardy, da lui catalogati come ‘Romances and Fancies’ e ‘Novels of ingenuity’.La tendenza hardiana a classificare poesie e romanzi in termini a volte tematici, a volte ‘generici’si riflette nella trattazione che oscilla da un piano all’altro. Se ne sottolineano i ‘modelli fiabeschi’, gli intrecci mossi da vicende meccanicamente determinate dal caso o dal fato, che vanifica la volontà umana; si notano contemporaneamente i finali aperti e sospesi, ‘proiettati verso l’istanza modernista’. Lo spazio di indeterminazione lasciato libero al lettore sembra paradossalmente contrastare con il tipo di narratore tradizionale scelto generalmente da Hardy, ma la polarità caos/ordine è proprio il portato della decentralizzazione del soggetto e della parzialità della sua prospettiva. I romanzi vengono insomma considerati opere sperimentali e meta-narrative. La coerenza del discorso si offusca quando alle considerazioni tecniche si sovrappongono quelle simboliche sullo specchio e la clessidra, indici del decadimento del corpo, e di una ‘immutabilità invisibile dell’anima’ su cui convergerebbe la scrittura hardiana. Anche le letture dei singoli romanzi forniscono più una serie di stimoli occasionali e interessanti che un sistema coerente di spiegazione e di analisi.

 

 

Giudizio del commissario prof.: Jeanne Frances Clegg

 

Dal suo curriculum autocertificato, si evince che Emanuela Ettore ha conseguito il titolo di dottore di ricerca in Anglistica presso l’Università G. D’Annunzio di Chieti Pescara nel 1996, e dal 1998 è ricercatrice per il settore scientifico-disciplinare L-LIN/10 presso la stessa Università.   Ha tenuto insegnamenti di Lingua inglese presso le Facoltà di Medicina e di Architettura della stessa Università, e corsi di analisi dei linguaggi settoriali per la SSIS. Dall’anno accademico 2002-2003 in poi le sono stati affidati dalla Facoltà di Lingue e letterature straniere insegnamenti di Letteratura inglese.

Sin dalla laurea e dagli anni del dottorato la dott. Ettore ha mostrato un interesse continuo per la narrativa tarda - vittoriana, sopratutto quella di Hardy, di Gissing, e di Trollope,. Con l’eccezione di un breve articolo su T.S. Eliot e la rivista Criterion (Berenice, 1993), i suoi numerosi saggi articoli rientrano tutti in quest’ambito. Tra le pubblicazioni presentati al fine della valutazione, una delle prime, apparsa sul Gissing Journal nel 1995, legge un racconto di Gissing come drammatizzazione di un tentativo di conciliari valori cristiani con la lotta Darwiniana per l’esistenza, lettura che è ripresa ed estesa ad altri due racconti nel post- fazione al volume, Il sale della terra (Pescara, Tracce, 2000).  Sempre di strumenti narratologici si avalla per l’analisi degli Editor’s Tales di Trollope (Rivista d Studi Vittoriani, 1998), e quello di An Eye for an Eye (incluso nel volume Before Life and After, a cura sua e di altri; Pescara, Tracce, 2000), dove riprende la problematica del conflitto tra natura e cultura. Con ancora quattro articoli su Gissing (2001, 2003, 2004, 2006), Ettore ha consolidato la sua competenza per quanto riguarda il macro-testo di quest’autore, estendo il campo d’indagine per includere le memorie di viaggio - sempre nell’ottica della dialettica tra oggettività e finzione. Le stesse preoccupazioni sottendono il più ambizioso volume Lo Specchio e la clessidra: Uno studio della narrativa di Thomas Hardy (Napoli, Liguori 2007), dove Ettore riprende l’argomento della tesi di dottorato, affrontando sei dei romanzi categorizzati dallo stesso Hardy come “Romances and Fancies” da una parte, “Novels of Ingenuity” dall’altra, e così contrapposti ai (implicitamente più seri e maturi) “Novels of Character and Environment”. La monografia mette in questione queste distinzioni e il giudizio negativo implicito, cercando di dimostrare come facciano parte del “corpus omogeneo” dell’opera hardiana, letta come sfida e reazione al realismo, alla causalità e alla visione morale vittoriana.  

Le pubblicazioni della dott. Ettore sono tutte congrue con il settore scientifico disciplinare L-LIN/10 e e sono tutti lavori individuali; la produzione scientifica è continuativa e riflette impegno costante e serio. Dott. Ettore ha saputo dare un buon contributo alla conoscenza di autori e testi relativamente trascurati dalla critica e poco conosciuti in Italia, esponendo con chiarezza, precisione e sicurezza le loro problematiche etiche e artistiche.  E’ particolarmente attenta alla dialettica tra realismo e naturalismo da una parte, e modalità narrative che esaltano la loro artificialità, quale la fiaba, il romance, e il ‘sensation novel’ dall’altra. In considerazione del fatto che questa dialettica costituisce un nodo centrale delle sue ricerche, sarebbe da augurare una maggiore problematizzazione e storicizzazione dei alcuni concetti culturali e letterari, quali il vittorianesimo e lo stesso realismo.

 

 

Giudizio del commissario Prof.: Francesco Marroni

 

 

Emanuela Ettorre  ha prodotto lavori che possono essere considerati un significativo contributo allo studio della letteratura vittoriana. Dall’elenco delle pubblicazioni si evince come la candidata abbia posto al centro del suo lavoro di ricerca tre importanti autori del canone vittoriano: Anthony Trollope, George Gissing e Thomas Hardy.  Per quanto riguardo la narrativa trollopiana, a parte il denso articolo “Una lettura degli Editor’s Tales: Anthony Trollope e le negoziazioni letterarie” (1998), si distingue per coerenza metodologica e analisi dei meccanismi testuali l’articolo dedicato a An Eye for an Eye, apparso nel volume collettaneo Before Life and After: poesia e narrativa nell’epoca vittoriana (2000). Più ampia ed impegnativa la produzione che riguarda l’opera di George Gissing,  al quale, con originalità di approccio, Ettorre ha rivolto la sua attenzione per un paio di decenni, partecipando appieno al dibattito intorno allo scrittore tardo-vittoriano in convegni, nella curatela di volumi, con pubblicazioni sul Gissing Journal e altre attività gissinghiane. Di notevole valore il saggio “ ‘The Salt of the Earth’ and the Ethics of Self-Denial” (1995) in cui viene abilmente dimostrato come l’universo semantico di Gissing tragga alimento e suggestione dalla vita metropolitana di cui  rappresenta la faccia anonima, il lato oscuro e spersonalizzante, con una tecnica sempre molto consapevole sia in termini diegetici, sia dal punto di vista linguistico-strutturale. Ettorre ha curato anche una raccolta di tre racconti gissinghiani, offrendone una traduzione molto corretta e puntuale; il volumetto, intitolato Il sale della terra (2000), e introdotto da Pierre Coustillas, la più grande e nota autorità su George Gissing, è corredato da un’ottima postfazione in cui Ettorre presenta i racconti tradotti, analizzandone  le strutture narrative senza omettere temi, contesti e caratterizzazioni.  In linea con una ricerca che fa di Gissing la figura cruciale ai fini di una sua rivalutazione e promozione della sua opera, la candidata ha pubblicato alcuni importanti saggi in cui sono esplorati, con originalità e solidità documentaria, aspetti meno frequentati della narrativa gissinghiana: il contributo su Denzil Quarrier (2001) affronta  il tema del sensation novel e la negoziazione autoriale con il genere, innestando il discorso darwiniano della sopravvivenza;  sicurezza di argomentazione e competenza caratterizzano anche il saggio  incentrato sul  mito dell’Italia e Gissing (2003). Nel 2004 la candidata, insieme con Pierre Coustillas ha curato un numero  della Rivista di Studi Vittoriani (9, 17) dedicato a Gissing: il suo contributo al fascicolo si focalizza su The Nether World in cui, con chiarezza espositiva, descrive il nesso tra topologia e pessimismo, mostrando come lo scrittore cerchi di andare al di là del naturalismo zoliano di quei decenni. A questi temi si ricollega l’articolo ricco e di ampio respiro “Dai bassifondi londinesi ai mari della classicità: George Gissing e le voci dell’inquietudine” (2006), in cui Ettore delinea il significato assunto dai mezzi di trasporto nella narrativa gissinghiano. Nella sua ricerca prevalentemente incentrata sulla narrativa, la candidata ha scritto la monografia Lo specchio e la clessidra (2007), in cui sono presi in considerazione alcuni romanzi hardiani meno frequentati dalla critica. L’aspetto positivo di questo libro è il lavoro compiuto dalla candidata intorno alle strategie diegetiche in rapporto con l’universo semantico dell’autore. Vista la rilevanza dell’intreccio nei romanzi hardiani, Ettorre approfondisce il nesso plot/temi, avvalendosi di un discorso criticamente maturo che, grazie a un solido impianto teorico (Barthes, Greimas, Genette e altri) non trascura mai gli esiti linguistico-strutturali.  Particolarmente lucido il capitolo dedicato a Desperate Remedies di cui sono rappresentate in modo molto convincente le aporie estetiche di un autore ancora alla ricerca della sua strada;  importante anche il capitolo su Two on a Tower viene analizzata una delle opere hardiane meno note, con rigorosa attenzione al testo e al modo in cui Hardy costruisce la dimensione cosmica del suo pessimismo. Pur concentrandosi su sei romanzi meno noti, la candidata dimostra di possedere una conoscenza approfondita non solo di tutto il corpus narrativo hardiano, ma anche del materiale autobiografico, della corrispondenza e dei documenti lasciati dallo scrittore.

            Considerate nella continuità e nell’ampiezza del percorso di ricerca, la produzione scientifica è caratterizzata da serietà di impegno, metodo e rigore critico. Nel loro complesso, le pubblicazioni di Emanuela Ettorre delineano la figura di una studiosa che, ai fini della presente valutazione comparativa, dimostra di avere raggiunto la maturità critica.

 

 

 

Conclusa l’enunciazione dei giudizi individuali dei cinque Commissari, il Presidente apre la discussione in esito alla quale la Commissione perviene alla formulazione, all’unanimità, del seguente giudizio collegiale relativo alla candidata   dott. Emanuela ETTORRE

 

Dall’elenco delle pubblicazioni si evince come la candidata abbia posto al centro del suo lavoro di ricerca tre importanti autori del canone vittoriano: Anthony Trollope, George Gissing e Thomas Hardy.  Per quanto riguardo la narrativa trollopiana, a parte il denso articolo “Una lettura degli Editor’s Tales: Anthony Trollope e le negoziazioni letterarie” (1998), si distingue per coerenza metodologica e analisi dei meccanismi testuali l’articolo dedicato a An Eye for an Eye, apparso nel volume collettaneo Before Life and After: poesia e narrativa nell’epoca vittoriana (2000). Più ampia ed impegnativa la produzione che riguarda l’opera di George Gissing,  al quale, con originalità di approccio, Ettorre ha rivolto la sua attenzione per un paio di decenni, partecipando appieno al dibattito intorno allo scrittore tardo-vittoriano in convegni, nella curatela di volumi, con pubblicazioni sul Gissing Journal e altre attività gissinghiane. In linea con una ricerca che fa di Gissing la figura cruciale ai fini di una sua rivalutazione e promozione della sua opera, la candidata ha pubblicato alcuni importanti saggi in cui sono esplorati, con originalità e solidità documentaria, aspetti meno frequentati della narrativa gissinghiana. Nel 2004 la candidata, insieme con Pierre Coustillas ha curato un numero  della Rivista di Studi Vittoriani (9, 17) dedicato a Gissing: il suo contributo al fascicolo si focalizza su The Nether World in cui, con chiarezza espositiva, descrive il nesso tra topologia e pessimismo, mostrando come lo scrittore cerchi di andare al di là del naturalismo zoliano di quei decenni. A questi temi si ricollega l’articolo ricco e di ampio respiro “Dai bassifondi londinesi ai mari della classicità: George Gissing e le voci dell’inquietudine”. Nella sua ricerca prevalentemente incentrata sulla narrativa, la candidata ha scritto la monografia Lo specchio e la clessidra (2007), in cui sono presi in considerazione alcuni romanzi hardiani meno frequentati dalla critica. L’aspetto positivo di questo libro è il lavoro compiuto dalla candidata intorno alle strategie diegetiche in rapporto con l’universo semantico dell’autore. La monografia  Lo specchio e la clessidra: uno studio sulla narrativa di Thomas Hardy, (Napoli, Liguori, Marzo 2007) è una lettura della narrativa spesso decretata ‘minore’ di Thomas Hardy, con particolare riferimento ai romanzi classificati dallo stesso Hardy come “Romances and Fancies” e “Novels of Ingenuity”, per distinguerli dai più celebri “Novels of Character and Environment”: una scelta di campo di indagine insolita ma giustificata dalla relativa carenza di studi critici delle opere in questione, sovente sottovalutate. Le singole letture portano all’analisi strumenti narratologici impiegati con competenza econ  garbo. E’ da apprezzare, inoltre, la chiarezza dell’esposizione. Pur concentrandosi su sei romanzi meno noti, la candidata dimostra di possedere una conoscenza approfondita non solo di tutto il corpus narrativo hardiano, ma anche del materiale autobiografico, della corrispondenza e dei documenti lasciati dallo scrittore.

            Emanuela Ettorre è una studiosa indubbiamente capace di analisi critiche puntuali e di una scrittura lucida e metodologicamente consapevole. Pur nei limiti dei suoi ambiti di studio, dimostra originalità scientifica. Considerata nella continuità e nell’ampiezza del percorso di ricerca, la produzione scientifica è caratterizzata da serietà di impegno, metodo e rigore critico. Nel loro complesso, le pubblicazioni di Emanuela Ettorre delineano la figura di una studiosa che, ai fini della presente valutazione comparativa, dimostra di avere raggiunto la maturità critica.  La dott. Ettorre è particolarmente attenta alla dialettica tra realismo e naturalismo da una parte, e modalità narrative che esaltano la loro artificialità, quale la fiaba, il romance, e il ‘sensation novel’ dall’altra. In considerazione del fatto che questa dialettica costituisce un nodo centrale delle sue ricerche, sarebbe da augurare una maggiore problematizzazione e storicizzazione dei alcuni concetti culturali e letterari, quali il vittorianesimo e lo stesso realismo.

 

 

Candidata PAOLA PARTENZA

 

Profilo curriculare:

 

Laureata nel 1989 presso l’Università di Chieti; ricercatrice dal 1994 presso la stessa Università; ha tenuto insegnamento di Letteratura inglese dal 2003 per la Facoltà di Lingue, MLC; dal 2000 insegnamento di Lingua inglese per la SSIS; dal 2003 insegnamento di Lingua inglese per la Specialistica; dal 2008 insegnamento di Letteratura inglese per la Specialistica; dal 1995 al 2006 insegnamento di Letteratura inglese per la Facoltà di Lettere e dal 1996 al 2006 insegnamento di Lingua inglese per la Facoltà di Lettere.

 

Giudizio del commissario prof.:  Keir Douglas Elam

 

Laureata in Lingue e Letterature Straniere presso l’Università degli Studi “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara, 1989, è dal 1994 Ricercatore universitario nell’SSD L-LIN/10 presso la medesima Facoltà. Le sue attività di ricerca vertono principalmente sulla letteratura inglese dell’epoca vittoriana, e più in generale dell’Ottocento. Si è occupata sia di narrativa che di poesia.

 

 La candidata è autrice di due monografie e tredici articoli, di cui presenta otto.

 

La prima monografia, Alfred Tennyson e la poesia del dubbio (Bari, Adriatica, 2001) esamina le opere del grande poeta vittoriano, con particolare riferimento a In Memoriam, Ulysses e Tithonus, dalla prospettiva conoscitiva ed esistenziale del dubbio. Tennyson viene definito come inquieto “cercatore di verità” in un epoca di grande turbolenze sia sociali che gnoseologiche. Si dà particolare rilievo alla ricaduta sulle poesie tennysoniane della dialettica squisitamente vittoriana fra pensiero teologica e ragionamento scientifico. Di fronte alle difficoltà di conoscere il mondo e di afferrare le sue verità, la poesia diventa un atto di  interpretazione. La qualità dubitativa delle opere riguarda innanzitutto il loro stesso mezzo espressivo, dal momento che il poeta manifesta profonde incertezze sull’adeguatezza rappresentativa della parola. Le tre opere prese in esame scandiscono diverse manifestazioni della ricerca conoscitiva ed ermeneutica del poeta: In Memoriam cerca di articolare una visione cosmologica tesa verso un’epifania che non si identifica più con la redenzione cristiana bensì con una rassegnazione agnostica; Ulysses esprime una prospettiva antropologica che verte sui binomi fare/saper fare (del’uomo) esperienza/trascendenza; mentre Tithonus situa il proprio protagonista sul inconoscibile confine fra mondo umano e mondo divino. Nel complesso il volume non aggiunge molto alla letteratura critica esistente, che ha sempre enfatizzata il dubbio come dimensione caratterizzante del poeta. Non sempre la scrittura risulta limpida.

 

La seconda monografia Sguardo e narrazione. Quattro esempi di scrittura femminile (Roma, Carocci, 2008) si occupa di quattro narratrici fra fine Settecento e Vittorianesimo. La candidata elegge quale elemento determinante nella definizione dell’identità femminile, per tutte e quattro le scrittrici in esame, la tematica dello sguardo, anche se la usa in modo discontinuo, a volte in senso metaforico a volte in modo più ‘tecnico’ con riferimento al rapporto fra sguardo e narrazione. Così lo sguardo femminile si manifesta su piani molto diversi: in Mary della Wollstonecraft, dove guardare diventa guarire, la donna è oggetto dello sguardo; in  Memoirs of Emma Courtney di Mary Hays lo sguardo narrante focalizza l’isolamento del soggetto e la  privatizzazione della sofferenza; Sense and Sensibility di Jane Austen narra l’inganno dello sguardo; Ruth di Elizabeth Gaskell mette in relazione sguardo e nostalgia, nel rappresentare la sofferenza femminile che scompagina la società vittoriana. Il volume avrebbe beneficiate da una introduzione teorica e metodologica più ampia, nonché di una conclusione.

Nel campo degli studi vittoriani, oltre a due saggi sempre su Tennyson, la candidata presenta due articoli su Cristina Rossetti, rispettivamente sulla dialettica fra Eros e Tanathos nella produzione della poetessa vittoriana e su Goblin’s Market, che secondo la candidata non riesce a proporre un’alternativa alla codificata misoginia dell’epoca; uno studio di Great Expectations  di Dickens, letto come romanzo di avventura ‘interiore’; e un saggio sul tema dello specchio in Dracula di Bram Stoker e di Olive Schreiner. Relativamente a periodi precedenti, presenta  uno studio delle lettere di Mary Wollstonecraft, viste come ricerca di un’etica del linguaggio.

 

Paola Partenza dimostra indubbia competenza critica e consapevolezza storico-culturale nel campo della letteratura dell’Ottocento, qualità non sempre supportate da coerenza teorico-metodologica e da limpidezza espositiva.

 

 

Giudizio del commissario prof.: Pietra Daniela Corona

 

I lavori presentati dalla Dott. Paola Partenza, del cui impegno danno conto oltre alle pubblicazioni anche i coinvolgimenti in attività come il CUSVE e il CURT,  si snodano secondo percorsi differenziati  (per genere letterario e per prospettiva critica)  di cui sono espressione le monografie. La prima, Alfred Tennyson  e la poesia del dubbio, è incentrata sull’analisi poetica  dell’opera dell’autore e approfondisce indagini sul tema presenti in altri articoli della Partenza su  autori di ambito vittoriano. Il dubbio è posto nella monografia come momento qualificante dell’opera di Tennyson  e  anche come filo conduttore dell’approccio analitico alle  opere,  cui avrebbe giovato un rimando al contesto di produzione dell’opera entro le problematiche estetiche   avanzate e i riferimenti critici che le accompagnano . Nell’articolo che prende in esame il Goblin Market di Christina Rossetti il tema della scrittura femminile, è affrontato dal punto di vista poetico , ma nella monografia Sguardo e narrazione, Quattro esempi di scrittura femminile, nuova attenzione critica , secondo nuovi strumenti interpretativi, è posta a questioni formali relative alla produzione  narrativa di autrici dell’Ottocento le cui opere sono prese in esame secondo un impianto che si presenta più organico in una prospettiva critica che va ampliata

 

Giudizio del commissario prof.: Paola Bottalla

 

Laureata nel 1989 presso l’Università di Chieti; ricercatrice dal 1994 presso la stessa Università; ha tenuto insegnamento di Letteratura inglese dal 2003 per la Facoltà di Lingue, MLC; dal 2000 insegnamento di Lingua inglese per la SSIS; dal 2003 insegnamento di Lingua inglese per la Specialistica; dal 2008 insegnamento di Letteratura inglese per la Specialistica; dal 1995 al 2006 insegnamento di Letteratura inglese per la Facoltà di Lettere e dal 1996 al 2006 insegnamento di Lingua inglese per la Facoltà di Lettere.

La sua produzione scientifica comprende due monografie, una curatela con saggio e 13 articoli. Ha presentato per la valutazione due monografie, una curatela con saggio e 7 articoli, di cui l’ultimo fuori data utile.

I suoi studi spaziano dal volume su Alfred Tennyson e la poesia del dubbio, 2001, alla scrittura di quattro donne dell’Ottocento, Wollstonecraft, Hays, Austen e Gaskell, in Sguardo e narrazione, 2008, alla cura congiunta, con saggio, del volume Il punto su Christina Rossetti, 1997, ad articoli che riprendono aspetti dei precedenti autori, Tennyson, Rossetti, Wollstonecraft, Austen, con un allargamento a Dickens.

Il testo su Tennyson ha un’introduzione di forma involuta e contenuto scontato: la polarizzazione filosofia e scienza sembra essere fatta equivalere alla coppia tradizione e razionalismo. Migliore la parte analitica. Sguardo e narrazione descrive il confinamento sociale e letterario che costringe la donna-scrittrice nell’Ottocento e la rende insieme ‘self’ e ‘other’, capace di stabilire una reciprocità fra oggettività e soggettività, di drammatizzare e amplificare un sé che deve distruggere per poter creare. Si rileva qualche confusione tra aspetti metodologici e contenutistici (tra ‘sguardo’ e punto di vista, tra approccio ‘teorico’ e ‘femminista’). Fa una presentazione critica della Austen, che definisce discutibilmente come affetta da ‘cecità sociale’ e intenta a ‘creare momenti di relief, di riarmonizzazione dell’ordine delle cose’. Più puntuali le analisi sulle eroine della Hays, che vengono costrette dalla società a cambiare il loro sguardo sulle cose, ma si rifiutano di modificare la loro interiorità; la Gaskell gioca sulla doppia identità imposta alla donna dallo sguardo sociale; la Wollstonecraft presenta le sue donne, custode e presunta pazza, prigioniere dello sguardo crudele della società e capaci di riscatto solo attraverso il rapporto e il racconto. Gli articoli approfondiscono per lo più aspetti tematici o contestuali, con sporadico e occasionale ricorso a terminologia tecnica. L’articolo su Eros e Thanatos nella Rossetti (1997) affronta in modo incerto le modalità formali della sua poesia d’amore, confrontata a Saffo e a Donne, mentre quello su Goblin Market (1998) discute la sessualità femminile e la prostituzione nella società vittoriana, legando il frutto proibito al sesso, ma ignorando altre interpretazioni per cui il frutto proibito è la vocazione all’arte. Scrittura onesta ma non brillante, e ambito tutto italiano.

 

 

Giudizio del commissario prof.: Jeanne Frances Clegg

 

Dal suo curriculum autocertificato, risulta che Paola Partenza è diventata ricercatrice di Letteratura inglese presso la Facoltà di Lingue e letterature straniere dell’Università G. D’Annunzio di Chieti - Pescara nel 1994. Presso la stessa Facoltà le sono stati affidati insegnamenti di Letteratura inglese a partire dal 2003; inoltre ha tenuto vari insegnamenti di Lingua inglese per questa e per altre Facoltà dell’Ateneo.

Gli interessi scientifici di Partenza abbracciano una gamma ampia di autori dell’arco temporale che va dalla fine del ‘700 all’inizio del ‘900; spicca quello per la poesia vittoriana e la preferenza per la scrittura femminile.  Delle pubblicazioni presentate al fine della valutazione, la prima, pubblicata nel volume Il punto su Christina Rossetti (Pescara, Tracce 1997) sostiene una caratterizzazione “menzognera” di una poetessa spesso considerata autoreferenziale, mentre la seconda, “Goblin Market : Christina Rossetti e le metafore del destino” (Merope, 1998) la considera “polizotta della sessualità” nel senso foucauldiano. Segue un articolo sul personaggio del Conte nel Dracula di Bram Stoker (nel volume Gioco di Specchi, Bulzoni 1999), e un periodo in cui la dott. Partenza si concentra su la figura di Tennyson, pubblicando un articolo in cui interpreta il titolo In Memoriam (e la poesia stessa) come “complemento di moto a luogo” (in  Before Life and After; Pescara, Tracce 2000), un articolo che mette a confronto l’Ulysses di Tennyson con Gerontium di T. S. Eliot. La monografia Alfred Tennyson e la poesia del dubbio (Bari, Adriatica, 2001) riguarda il pensiero ‘filosofico’ più che l’arte del poeta. Per alcuni anni non risultano pubblicazioni, ma di recente ha ripreso l’interesse per la prosa e la passione per la scrittura femminile. Un articolo su Great Expectations è seguito da due articoli su Mary Wollstonecraft e il volume Sguardo e narrazione. Quattro esempi di scrittura femminile (Roma, Carocci, 2008), in cui attribuisce alla Wollstonecraft, a Mary Hays, alla Austen e alla Gaskell,  “un ruolo dirompente nel panorama letterario, uno sguardo creatore che … ha posto la donna (e la donna scrittrice) in dure ruoli fondamentali, diventare nello stesso tempo self and other”. 

Le pubblicazioni della dott. Partenza sono tutte congrue con il settore scientifico disciplinare L-LIN/10 e quelli presentati sono tutti lavori individuali; la produzione scientifica non risulta del tutto continuativa e tende ad una certa frammentarietà. I saggi attestano la sua passione per i testi di lei studiati e non sono privi di intuizioni interessanti, ma non sempre queste intuizioni sono ben sostenute da rigore metodologico, e a volte Partenza sembra lasciarsi guidare da tesi forti ma di pertinenza incerta.

 

 

Giudizio del commissario Prof.: Francesco Marroni

 

Fornita di ampia preparazione culturale, erudita e versatile, capace di affrontare con competenza argomenti anche molto diversi, Paola Partenza ha approfondito con continuità e impegno lo studio della poesia, con una specifica attenzione alla poesia vittoriana, anche se non ha omesso di mettersi alla prova su argomenti che incrociano  il testo narrativo. In particolare, è Tennyson a costituire in constante punto di riferimento della sua ricerca. Infatti, nella monografia Alfred Tennyson e la poesia del dubbio (2001), la candidata perviene a un ritratto del poeta in cui prevale  una ricerca della verità sempre sottesa e marcata dal permanenza del dubbio, dall’intrinseca impossibilità di pervenire, in termini teleologici, a una certezza definitiva. In parte rifacendosi a una tradizione critica già da tempo consolidata,  il dubbio tennysoniano è inteso come risposta a un’epoca di transizione in cui l’idea di crisi non può non contemplare anche l’idea di una mente sempre dubitante. I frequenti riferimenti filosofici e teologici (da Platone fino a ai filosofi contemporanei attraverso Pascal e Pusey), i ricchi rimandi alla tradizione classica  (da Sofocle fino a Orazio attraverso Saffo e Lucrezio) rivelano una personalità vivace  che sa mettere in campo e sviscerare sapientemente problematiche in cui la dialettica testo/contesto gioca un ruolo non meno importante delle dinamiche dei sistemi culturali. Si tratta di uno studio intelligente e stimolante, ricco nell’apparato di note,  documentato e ampio nella bibliografia, in molti punti originale e maturo, che contribuisce ad arricchire l’importante dibattito che ormai da anni si sta sviluppando intorno alla figura di Tennyson e, più in generale, intorno alla poesia vittoriana. A testimonianza della coerenza della sua ricerca, va segnalato che Partenza ha pubblicato sul poeta vittoriano il saggio “In Memoriam: per una interpretazione del titolo” (2000) nonché un denso articolo (2001) in cui, con esiti positivi, sono messi a confronto lo “Ulysses” tennysoniano e il “Gerontion” di T. S. Eliot. Sulla stessa linea di ricerca s’inscrivono anche due lavori su Christina Rossetti. Il primo, apparso in Il punto su Christina Rossetti (1997), prende in esame il binomio amore/morte nella poesia di Christina facendo ampio riferimento a John Donne; il secondo articolo (1998) affronta Goblin Market nel tentativo di definirne la messinscena della sessualità rispetto alle convenzioni vittoriane. Fra le pubblicazioni sottoposte a valutazione comparativa, la candidata presenta anche il volume Sguardo e narrazione (2008) nel quale, nella prospettiva di una comune risposta alle pratiche della censura sociale, sono prese in considerazione le scrittrici Mary Wollstonecraft, Mary Hays, Jane Austen e Elizabeth Gaskell.  Assumendo il paradigma dello sguardo quale elemento armonizzante e stabilizzante dei conflitti interno/esterno,  io/altri, Partenza delinea con successo uno spazio ermeneutico in cui – soprattutto nel caso di Austen e Gaskell – la scrittura femminile appare condannata a soccombere dinanzi a una legge improntata al maschilismo. Oltre a un interessante articolo su Bram Stoker (1999) e un illuminante lavoro su Great Expectations (2006), la candidata è autrice di un contributo dedicato a Mary Wollstonecraft  e “la lettera come spazio di riflessione” (2006); non può essere preso in considerazione, ai fini della presente valutazione comparativa, il saggio sempre su Mary Wollstonecraft apparso nel 2009.

            La candidata appare impegnata su molti versanti e presenta una serie di lavori, spesso caratterizzate da un fitto intreccio fra letteratura inglese e problematiche filosofico-culturali ,che sono il risultato di una riflessione fondata su una solida e matura preparazione. Per questo, si ritiene che la candidata possa essere presa in considerazione per la presente valutazione comparativa.

 

 

Conclusa l’enunciazione dei giudizi individuali dei cinque Commissari, il Presidente apre la discussione in esito alla quale la Commissione perviene alla formulazione, all’unanimità, del seguente giudizio collegiale relativo alla candidata   dott. Paola PARTENZA

 

La prima monografia, Alfred Tennyson e la poesia del dubbio esamina le opere del grande poeta vittoriano, con particolare riferimento a In Memoriam, Ulysses e Tithonus, dalla prospettiva conoscitiva ed esistenziale del dubbio. Tennyson viene definito come inquieto “cercatore di verità” in un epoca di grande turbolenze sia sociali che gnoseologiche. Si dà particolare rilievo alla ricaduta sulle poesie tennysoniane della dialettica squisitamente vittoriana fra pensiero teologica e ragionamento scientifico. Di fronte alle difficoltà di conoscere il mondo e di afferrare le sue verità, la poesia diventa un atto d’interpretazione. Le tre opere prese in esame scandiscono diverse manifestazioni della ricerca conoscitiva ed ermeneutica del poeta: In Memoriam cerca di articolare una visione cosmologica tesa verso un’epifania che non si identifica più con la redenzione cristiana bensì con una rassegnazione agnostica; Ulysses esprime una prospettiva antropologica che verte sui binomi fare/saper fare (del’uomo) esperienza/trascendenza; mentre Tithonus situa il proprio protagonista sull’inconoscibile confine fra mondo umano e mondo divino. Nel complesso il volume non aggiunge molto alla letteratura critica esistente, che ha sempre enfatizzata la dimensione caratterizzante del dubbio. Non sempre la scrittura risulta limpida.

 

La seconda monografia Sguardo e narrazione. Quattro esempi di scrittura femminile (Roma, Carocci, 2008) si occupa di quattro narratrici fra fine Settecento e Vittorianesimo. La candidata elegge quale elemento determinante nella definizione dell’identità femminile, per tutte e quattro le scrittrici in esame, la tematica dello sguardo, anche se la usa in modo discontinuo, a volte in senso metaforico a volte in modo più ‘tecnico’ con riferimento al rapporto fra sguardo e narrazione. In Mary della Wollstonecraft  guardare diventa guarire, e le due donne sono oggetto reciproco dello sguardo e del racconto; in  Memoirs of Emma Courtney di Mary Hays lo sguardo narrante focalizza l’isolamento del soggetto e la  privatizzazione della sofferenza; Sense and Sensibility di Jane Austen narra l’inganno dello sguardo; Ruth di Elizabeth Gaskell mette in relazione sguardo e nostalgia, nel rappresentare la sofferenza femminile che scompagina la società vittoriana. Il volume avrebbe beneficiato di un’introduzione teorica e metodologica più articolata, nonché di una conclusione più ampia.

La candidata presenta due articoli su Christina Rossetti, rispettivamente sulla dialettica fra Eros e Tanathos nella produzione della poetessa vittoriana e su Goblin Market, che secondo la candidata non riesce a proporre un’alternativa alla codificata misoginia dell’epoca, trasponendo figurativamente la figura della prostituta bambina; uno studio di Great Expectations  di Dickens, letto come romanzo di avventura ‘interiore’; e un saggio sul tema dello specchio in Stoker e in Schreiner.

 

Paola Partenza dimostra indubbia competenza critica e consapevolezza storico-culturale nel campo della letteratura dell’Ottocento, qualità non sempre supportate da coerenza teorico-metodologica e da limpidezza espositiva.

 

 

 

 

 

Candidata Emma SDEGNO

 

Profilo curriculare:

 

Laureata presso l’Università di Ca’Foscari, Venezia, 1989; Master  in Literature and the Visual Arts, 1840-1940, presso l’Università di Reading, 1991-92; ricercatore di Letteratura inglese presso l’Univ. degli Studi di Venezia, 2000; ha tenuto l’insegnamento di Lingua e Letteratura inglese, per contratto, presso l’ Univ. di Udine,1997-98; contratti di Lingua e Lett. Inglese presso l’ Università di Venezia,1997-2000; moduli di Lingua e Letteratura, 2000-04, e poi di Lingua, Lett. e Cultura Inglese, 2006-08; ha svolto all’estero periodi di ricerca e partecipato a vari seminari a Oxford, Lancaster e Lausanne, anche ai fini di organizzare ricerche e convegni nell’ambito degli studi ruskiniani; collabora alla rivista on line di studi ruskiniani The Eighth Lamp come revisore.

 

Giudizio del commissario prof.:  Keir Douglas Elam

 

 

Laureata presso l’Università di Ca’Foscari, Venezia, 1989; Master  in Literature and the Visual Arts, 1840-1940, presso l’Università di Reading, 1991-92; ricercatore di Letteratura inglese presso l’Università di Venezia, 2000; contratto di Lingua e Letteratura inglese presso l’ Univ. di Udine,1997-98; contratti di Lingua e Lett. Inglese presso l’ Università di Venezia, 1997-2000; moduli di Lingua e Letteratura, 2000-04, e poi di Lingua, Lett. e Cultura Inglese, 2006-08.

 

E’ autrice di una monografia, una curatela congiunta, con saggio, e undici articoli, di cui presenta otto. La sua ricerca riguarda soprattutto il periodo vittoriano, con particolare riferimento ai saggi di John Ruskin.

Il volume Saggi su Ruskin. Stile Retorica Traduzione (Venezia: Cafoscarina, 2004) studia le strategie discorsive del Ruskin retore. Si tratta di una prospettiva piuttosto innovativa e a volte illuminante, che mette in primo piano la grande maestria stilistica, più che le spesso opinabili posizioni contenutistiche, del saggista vittoriano.  Il primo capitolo esamina lo stile di Ruskin in relazione alla sua ricezione critica, specie con riferimento a Modern Painters, ricezione che risulta inizialmente di carattere prevalentemente contenutistico e teorico, e solo successivamente di tipo formale, rivolto ai ‘manierismi’ del cosiddetto ‘poeta in prosa’. Il secondo capitolo è di natura metodologica, centrato sulla semiotica della cultura di J. Lotman, specie il concetto di semisfera, che modellizza il rapporto triangolare fra testi, culture e realtà esterne. La candidata applica agli scritti di Ruskin le teorie lotmaniane sull’alternarsi, nella storia della cultura, di epoche dinamiche e omeostatiche e di emisfere neurologiche opposte, riscontrando nei saggi ruskiniana una dinamica dialettica fra le due emisfere destra e sinistra all’interno di una omeostatica dominante epocale dell’emisfero di destra; applica altresì la ‘nuova retorica’ di Perelman e Olbrechts-Tyteca, trovando in Modern Painters il passaggio da un argomentazione rivolta ad un uditorio universale ad una retorica rivolta ad un uditorio particolare. Il terzo capitolo mette a confronto le strategie discorsive ruskiniana e la manualistica retorica dell’Ottocento, con particolare riferimento alle codificazioni di Blair e Whately, partendo da un celebre capitolo di Mornings in Florence in cui Ruskin concepisce la retorica come l’arte del farsi ascoltare al servizio del Bene e del Vero. Il quarto capitolo è un confronto intertestuale fra Ruskin e il Browning delle poesie raccolte in Men and Women, debitrice nei confronti del saggista. L’ultimo capitolo studia l’eredità italiana di Ruskin attraverso le prime traduzioni, con particolare riferimento alla Bibbia d’Amiens nella traduzione di Quasimodo, il quale opera una riduzione della portata degli aspetti estetici dell’opera a favore di quelli etico-civili. Anche se si tratta, in realtà, di una raccolta di saggi, più che di una monografia organica, il volume trova una sua coerenza unitaria nella specificità del suo oggetto di discorso, dimostrando una considerevole capacità teorica, oltre ad una buona attitudine analitica, specie sul piano stilistico.

Anche tre degli articoli presentati dalla candidata riguardano Ruskin, mentre altri due estendono lo sguardo critico, uno verso il saggismo vittoriano più in generale, specie a Carlyle, e l’altro verso il confronto fra Ruskin e Roger Fry. Due saggi, invece, discutono le traduzioni e la ricezione di Lycidas di John Milton. La candidata ha inoltre curato con Franco Marucci il volume Athena’s Shuttle, 2000. Ha anche contributo alcune schede su scrittori rinascimentali all’antologia di poesia inglese pubblicata da La Repubblica.

Emma Sdegno è senza dubbia una ricercatrice seria e promettente, dotata di notevoli capacità teoriche e analitiche, soprattutto per quanto riguarda gli studi ruskiniani.

 

Giudizio del commissario prof.: Pietra Daniela Corona

 

Ambito d’interesse dei lavori presentati dalla Dott. Emma Sdegno,( eccezion fatta per l’Appendice e l’articolo contenuti in  Tra Shakespeare e Milton e dedicati alle versioni italiane di Lycidas e al discorso condotto da  F. Fortini entro la sua versione) , è l’opera di John Ruskin che Emma Sdegno affronta in gran parte degli articoli presentati (“Ruskin and Roger Frye…”; Ruskin’s Optical Thought”; “Ruskin’s Winnington Deities”) e che è poi al centro della monografia  Saggi su Ruskin la quale raccoglie, come del resto segnalato dal titolo,  suoi  singoli studi sull’autore che fanno capo a ipotesi analitiche diversificate.

Lavoro documentato,  muove la sua indagine prevalentemente alla luce delle tesi di J. Lotman e oltre che mettere a fuoco i volumi dei Modern Painters, sviluppa , con rimandi critici, una riflessione sulla dimensione retorica della produzione di Ruskin. Al tema della traduzione torna ad essere dedicata  l’ultimo saggio  del testo, sulle “Prime traduzioni artistiche. Tra Francia e Italia”. Le misurate schede biografico-critiche e bibliografiche in Poesia straniera Inglese I , sono testimonianza dell’attività costante di Emma Sdegno.

 

Giudizio del commissario prof.:  Paola Bottalla

 

Laureata presso l’Università di Ca’Foscari, Venezia, 1989; Master  in Literature and the Visual Arts, 1840-1940, presso l’Università di Reading, 1991-92; ricercatore di Letteratura inglese presso l’Univ. degli Studi di Venezia, 2000; ha tenuto l’insegnamento di Lingua e Letteratura inglese, per contratto, presso l’ Univ. di Udine,1997-98; contratti di Lingua e Lett. Inglese presso l’ Università di Venezia,1997-2000; moduli di Lingua e Letteratura, 2000-04, e poi di Lingua, Lett. e Cultura Inglese, 2006-08; ha svolto all’estero periodi di ricerca e partecipato a vari seminari a Oxford, Lancaster e Lausanne, anche ai fini di organizzare ricerche e convegni nell’ambito degli studi ruskiniani; collabora alla rivista on line di studi ruskiniani The Eighth Lamp come revisore.

La candidata si è occupata principalmente della retorica della critica vittoriana, soprattutto in Ruskin, della ricezione di Ruskin attraverso la traduzione e la critica in Italia e in Francia, e della rappresentazione del paesaggio nella letteratura e nelle teorie estetiche dell’Ottocento e Novecento.

Ha al suo attivo una monografia, Saggi su Ruskin: Stile Retorica Traduzione, 2004; una curatela congiunta, con saggio, Athena’s Shuttle. Myth, Religion Ideology from Romanticism to Modernism, 1999; 11 saggi sempre su Ruskin, Roger Frye, e la traduzione e ricezione di Milton, e alcune voci sulla poesia elisabettiana nella Biblioteca della ‘Repubblica’; ha tradotto testi poetici.

Presenta la monografia, la curatela , e 8 dei saggi summenzionati.

Con i saggi su Ruskin, raccolti in volume e pubblicati nel 2004, la Sdegno dimostra la sua serietà e originalità come studiosa e dà un contributo innovativo e importante agli studi ruskiniani, anche a livello internazionale. Con le sue approfondite indagini sul contesto culturale, religioso e ideologico, nonché sulle strategie retoriche dell’Ottocento, e attraverso un’ applicazione intelligente ed agile della teoria dell’argomentazione, la Sdegno sembra aver raggiunto un’ integrazione tra le sue tendenze critiche iniziali (contenutistiche da una parte, formalistiche dall’altra).Frammentarietà e organicità si contrappongono nella sua scrittura, come nel testo di Modern Painters, ma tendono a un progetto di coesione che muta e si evidenzia nel tempo, e perviene a un’interpretazione cumulativamente unitaria del difficile macrotesto ruskiniano. Il discorso parte dalla proposta di un modello dinamico di lettura dell’eterogenea opera di Ruskin (cap.2); indaga le derivazioni della sua retorica dalle teorie del periodo (cap.3); esamina il dibattito epistolare sull’arte tra Browning e Ruskin (cap.4); tratteggia la ricezione di Modern Painters nell’Ottocento e Novecento (cap.1) e nella cultura italiana e francese, soprattutto attraverso le traduzioni e i commenti di Proust e Quasimodo (cap.5). I saggi sono densi di stimoli intellettuali, ricchi di documentazione e insieme di piacevole lettura.

Ha inoltre curato con Franco Marucci il volume Athena’s Shuttle, 2000, che include un saggio sulle ‘Winnington Deities’, le piccole amiche e discepole di Ruskin, e la sua riformulazione del concetto di mito. I lavori sulle traduzioni del ‘Lycidas’ di Milton contribuiscono a mettere in luce l’interesse e la capacità della Sdegno di interpretare finemente gli adattamenti di un testo a tempi e civiltà diverse. Ha anche curato le schede su alcuni scrittori cinquecenteschi nell’antologia di poesia inglese pubblicata da La Repubblica, di natura essenzialmente compilativa.

La candidata ha dimostrato di saper condurre un’analisi interdisciplinare di ampio respiro su un autore complesso. Se individuerà aree nuove o complementari di indagine, raggiungerà certo lo spessore di uno studioso maturo, capace di muoversi in profondità e in estensione.

 

 

Giudizio del commissario prof.: Jeanne Frances Clegg

 

 

Dal suo curriculum autocertificato, si evince che dopo il conseguimento di un Master alla University of Reading, nel 1998 Emma Sdegno ha conseguito il titolo di dottore di ricerca presso l'Università di Venezia Ca' Foscari, dove dal 2000 riveste il ruolo di ricercatore e dove, ancor prima di essere nominato ricercatore, aveva svolto attività didattica.

         Tra le pubblicazioni presentate ai fini della valutazione comparativa, un primo gruppo scaturisce da un interesse per l’analisi stilistica e per questioni di genere letterario che investono la traduzione del testo poetico rinascimentale.  “Sette traduzioni italiane di Lycidas”, apparso nel volume Tra Shakespeare e Milton (Padova, Unipress, 1997) è un analisi comparativa di versioni otto e novecentesche del poemetto di Milton focalizzato sulle differenti scelte metriche e modi di rendere la polifonia; Sdegno conclude che l’ipotesi di traduzione come ‘impresa collettiva’ può essere applicato utilmente a traduzioni vicine cronologicamente, per’ispirazione’ e per scelte metrico - formali, ma non al di fuori di questi parametri. Nel saggio “Note sui tempi verbali in Milton e Fortini”, pubblicato nello stesso volume, Sdegno analizza il doppio sistema temporale di Lycidas, e mostra come la traduzione di Fortini rende ancora più evidente lo scarto tra le due serie, “caricando la portata tragica della scissione”.

L’analisi stilistica e retorica costituisce la base anche dei molti studi dedicati alla saggistica vittoriana, in particolare a John Ruskin, alla sua ricezione e revisione.  Tra questi, “Ruskin's Winnington Deities” (in Athena's Shuttle. Myth Religion Ideology from Romanticism to Modernism, a cura di Sdegno e Marucci; Milano, Cisalpino, 2000) è una ri-lettura di Ethics of the Dust che offre una nuova prospettiva per quanto riguarda la sua appartenenza di genere, più vicina al fantastico allegorico che al saggio argomentativo. Dello stesso anno è Ruskin and Roger Fry's Two Theories (in Ruskin and the Twentieth Century: the modernity of Ruskin (Vercelli, Mercurio, 2000), dove Sdegno porta in superficie il dialogo critico con Ruskin che sottende il saggio di Roger Fry su Claude Lorrain. “'Accustomed to Nature.’ Ruskin's Rhetoric of Landscape Painting in Modern Painters I". in La Questione romantica, 2003, identifica i presupposti romantici di un’estetica del paesaggio basato sul concetto dell’osservatore non più fermo al centro della scena ma mobile e ‘excursive’; a questo nuovo modo di vedere ‘oggettivo’ Ruskin educa il lettore attraverso un impiego copioso e variegato di strategie di amplificatio.  La monografia Saggi su Ruskin. Stile Retorica Traduzione (Venezia, Cafoscarina, 2004) affronta vari aspetti della ricezione (inglese, francese, italiana) e del suo rapporto complesso con la retorica illuminista, romantica e vittoriana.   “Shakespeare and Victorian Essayism: ‘A Note of Provinciality’” (in Paper Bullets of the Brian, Venezia, Cafoscarina, 2006) mette a confronto tre letture vittoriane ‘militanti’ di Shakespeare, mostrando come Carlyle e Bagehot celebrano il drammaturgo con risultati sostanzialmente rassicuranti, la lettura più analitica di Ruskin riconosce aspetti problematici e inquietanti per la società del tempo. In fine “Ruskin’s Optical Thought: Tools for Mountain Representation”, in Pictures of Modernity: The Visual and the Literary in England, 1850-1930 (Università Ca’ Foscari Venezia, 2008), approfondisce aspetti tecnici del “pensiero ottico” di Ruskin, e mostra le differenze tra il punto di vista fisso richiesto per le vedute pittoresche delle montagne da una parte, e quello più diretto e mobile delle descrizioni del paesaggio collinare.      

I saggi di Emma Sdegno sono tutte congrue con il settore scientifico disciplinare L-LIN/10 e sono tutti lavori individuali; la produzione scientifica, quasi tutta scritta in inglese, è continuativa e assidua. Per la loro alta qualità i suoi lavori costituiscono un contributo originale allo studio del rapporto difficile tra scrittura e immagine, tra la rappresentazione in parole dell’arte e della natura in generale, e delle soluzioni trovate da Ruskin in particolare. Fondati su ricerche solide e sicura padronanza dei potenti strumenti della nuova retorica, costituiscano le basi per una radicale re-interpretazione dell’oeuvre di uno scrittore ancora - anche in ambito anglo-sassone - oggetto di letture superficiali.

 

Giudizio del commissario Prof.: Francesco Marroni

 

Caratterizzata da un ben definito percorso di ricerca, la produzione scientifica di Emma Sdegno presenta  una linea di sviluppo che privilegia John Ruskin e la cultura vittoriana, approfondita anche tenendo conto del rapporto fra letteratura ed estetica nelle sue molteplici implicazioni artistiche, spesso con risultati di un certo spessore critico.  Il volume Saggi su Ruskin: stile, retorica, traduzione (2004)  raccoglie un serie di contributi apparsi nel periodo 2001-2004 e, da questo punto di vista, presenta una unità solo di superficie, senza una struttura argomentativa coerente nei vari capitoli che lo compongono. Ad onta di tali limiti organizzativi, lo studio testimonia della capacità della candidata di indagare in modo approfondito e rigoroso il linguaggio in Ruskin, nei suoi aspetti innovativi, soprattutto per quanto attiene alla prosa di Modern Painters, che, oltre a un più generale ‘stupore’,  determinò un significativa risposta da parte degli scrittori vittoriani.  Dopo una difesa della coerenza discorsiva e argomentativa del Ruskin di Modern Painters, nel secondo capitolo (“Il ramo di Pomona. Due proposte di metodo”), sulla scorta delle teorizzazioni lotmaniane, e sostenendo la validità di un modello dinamico, Sdegno rivendica l’unitarietà del progetto ruskiniano e la coesione  del discorso estetico fondato su tecniche retorico-persuasive, nonostante Modern Painters possa essere considerata un work in progress, con tutti i rischi che tale procedimento comporta. Più originali risultano le pagine dedicate al rapporto fra Ruskin e Browning, che ripropone un saggio apparso già nel 1991 sugli Annali di Ca’ Foscari.  Il quinto capitolo, “1900-1946: Le prime traduzioni artistiche” (pp. 119-143) la candidata si muove con disinvoltura fra cultura francese e cultura italiana, evidenziando come la traduzione di Proust di The Bible of Amiens (1904) costituisce un modello importante a cui fa riferimento anche Quasimodo (1946) nella sua traduzione del medesimo testo ruskiniano.  La continuità del lavoro su Ruskin è testimoniata anche da lavori pubblicati prima del libro Saggi su Ruskin. Molto valido il denso studio “John Ruskin and Roger Frye’s Two Theories” (1999) nel quale, prendendo le mosse da un articolo di Graham Hough (1947-48), la candidata mette in evidenza il modo in cui Roger Frye, mentre cerca mettere a fuoco uin suo metodo, intrattienga un fitto dialogo con Ruskin sui temi estetici di grande portata. Piuttosto originale nell’analisi il lavoro “Ruskin’s Winnington Deities” (2000), in cui viene esaminato il testo The Ethics of the Dust che Ruskin scrisse in onore dei sui anni di insegnamento presso la Winnington Hall (Cheshire):  qui la candidata, oltre a enucleare gli interessi ruskiniani per lo spiritualismo, mostra le strategie retoriche che puntano alla finzionalizzazione mitica dell’esperienza autobiografica di Winninton Hall. Nell’articolo sul “landscape painting”, apparso sulla Questione romantica (2003-2004), Emma Sdegno, pur attingendo abbondantemente dalla monografia di  E. K. Helsinger (1982), analizza le modalità retoriche di Ruskin attraverso una stimolante ancorché limitata  campionatura di testi. Sul versante traduttologico, vanno menzionati un lavoro sulle traduzioni italiane del Lycidas (1997),  “Note sui tempi verbali in Milton e Fortini” (1997). Più recentemente (2008), Sdegno è tornata su Ruskin pubblicando un intervento che si distingue per l’approfondimento degli aspetti intersemiotici dello stile ruskiniano.

Alla quantità di pubblicazioni  brevi incentrate su Ruskin, fa riscontro una monografia che, sul piano del respiro scientifico-metodologico, dimostra una candidata che si avvia verso la piena maturità. La preparazione e l’ampiezza delle conoscenze, la passione e la capacità di muoversi con competenza sui diversi livelli della produzione del testo, sono i positivi presupposti per una prova più incisiva e significativa sui temi che costituiscono l’area privilegiata di Emma Sdegno.

           

 

 

Conclusa l’enunciazione dei giudizi individuali dei cinque Commissari, il Presidente apre la discussione in esito alla quale la Commissione perviene alla formulazione, all’unanimità, del seguente giudizio collegiale relativo alla candidata  dott. Emma SDEGNO

 

 

         Tra le pubblicazioni presentate da Emma Sdegno ai fini della valutazione comparativa, un primo gruppo scaturisce da un interesse per l’analisi stilistica e la traduzione del testo poetico rinascimentale.  “Sette traduzioni italiane di Lycidas”, apparso nel volume Tra Shakespeare e Milton  è un analisi comparativa di versioni otto e novecentesche del poemetto di Milton focalizzato sulle differenti scelte metriche e modi di rendere la polifonia. Nel saggio “Note sui tempi verbali in Milton e Fortini”, Sdegno analizza il doppio sistema temporale di Lycidas, che la traduzione di Fortini rende ancora più evidente.

L’analisi stilistica e retorica costituisce la base anche dei molti studi dedicati alla saggistica vittoriana, in particolare a John Ruskin, alla sua ricezione e revisione.  Tra questi, “Ruskin's Winnington Deities” (in Athena's Shuttle. Myth, Religion, Ideology from Romanticism to Modernism, a cura di Sdegno e Marucci) è una ri-lettura di Ethics of the Dust che offre una nuova prospettiva sul genere, più vicina al fantastico allegorico che al saggio argomentativo. Dello stesso anno è “Ruskin and Roger Fry's Two Theories” (in Ruskin and the Twentieth Century: the Modernity of Ruskin), dove Sdegno porta in superficie il dialogo critico con Ruskin che sottende il saggio di Fry su Claude Lorrain. “'Accustomed to Nature.’ Ruskin's Rhetoric of Landscape Painting in Modern Painters I". in La Questione romantica identifica i presupposti romantici di un’estetica del paesaggio basato sul concetto dell’osservatore non più fermo al centro della scena ma mobile e ‘excursive’.  La monografia Saggi su Ruskin. Stile Retorica Traduzione vari aspetti della ricezione (inglese, francese, italiana), e propone un modello dinamico di lettura del difficile macrotesto ruskiniano, dimostrando come frammentarietà e organicità si contrappongano in Modern Painters ma facciano parte di un progetto di coesione che muta e si evidenzia nel tempo. “Shakespeare and Victorian Essayism: ‘A Note of Provinciality’” (in Paper Bullets of the Brian) mette a confronto tre letture vittoriane ‘militanti’ di Shakespeare, mostrando come, mentre Carlyle e Bagehot celebrano il drammaturgo con risultati rassicuranti, la lettura più analitica di Ruskin riconosce aspetti problematici e inquietanti. Infine “Ruskin’s Optical Thought: Tools for Mountain Representation”, in Pictures of Modernity: The Visual and the Literary in England, 1850-1930 mostra le differenze tra il punto di vista fisso richiesto per le vedute pittoresche delle montagne da una parte, e quello più diretto e mobile delle descrizioni del paesaggio collinare.      

La produzione scientifica di Emma Sdegno, quasi tutta scritta in inglese, è continuativa e assidua. Per la loro alta qualità i suoi lavori costituiscono un contributo originale allo studio del rapporto difficile tra scrittura e immagine, tra la rappresentazione in parole dell’arte e della natura in generale, e delle soluzioni trovate da Ruskin in particolare. Fondati su ricerche solide e sicura padronanza dei potenti strumenti della nuova retorica, i lavori costituiscono le basi per una radicale re-interpretazione dell’oeuvre di uno scrittore ancora - anche in ambito anglo-sassone - oggetto di letture superficiali. La candidata ha dimostrato di saper condurre un’analisi interdisciplinare di ampio respiro su un problema complesso. Se individuerà aree complementari d’indagine, raggiungerà certo lo spessore di uno studioso maturo, capace di muoversi in profondità e in estensione.

 

 

Candidata Rossana Maria SEBELLIN

 

Profilo curriculare:

Laureata in lingue presso l’Università di Urbino, 1999; dottorato di ricerca presso l’Università di Urbino, 2007; assegno di ricerca 2007-08 presso l’Università di Roma ‘Tor Vergata’; contratto di Lingua inglese presso la Scuola di insegnamento a distanza 2005--; contratto sostitutivo di Letteratura inglese per la Facoltà di Lettere dell’Università di Roma ‘Tor Vergata’, 2002-03 e 2005-07; contratto integrativo di Letteratura inglese per la stessa 2003-04; contratto sostitutivo di Lingua inglese per la Facoltà di Lettere dell’Università di Roma ‘Tor Vergata’, 2006-07.

 

Giudizio del commissario prof.:  Keir Douglas Elam

 

Laureata presso l’Università degli studi di Urbino nel 1999, Dottore di ricerca presso la medesima Università nel 2007, e Assegnista di Ricerca presso l’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” nell’A.A. 2007-8, la candidata è attualmente Professore a Contratto di Lingua inglese (L-LIN/12) presso la Scuola di Insegnamento a Distanza (www.scuolaiad.it) (Corsi di Laurea EDU ed ESA). Le sue attività di ricerca riguardano principalmente le opere teatrale di Samuel Beckett, autore su cui presenta due monografie e due articoli già pubblicati, mentre altri, sempre sullo stesso argomento, erano in corso di stampa al momento della domanda. Le attività scientifiche della candidata focalizzano quasi esclusivamente sul teatro di Samuel Beckett.

La prima monografia, “Prior to Godot”. Eleutheria di Samuel Beckett (Roma, Nuova Cultura, 2006, rielaborazione della tesi di laurea), riguarda la prima opera teatrale di Beckett, poco studiato dalla critica. Dopo il discorso introduttivo, che narra le vicende editoriali dell’opera fra Francia, gli Stati Uniti e Gran Bretagna, l’analisi si articola in due parti: un primo capitolo dedicato alla struttura del testo, un secondo focalizzato sui personaggi. Il primo capitolo prende in esame l’apparato paratestuale dell’opera e le didascalie - quelle squisitamente beckettiane come “pause” e “silence”, e quelle meno caratteristiche nella loro prolissità, che tuttavia lasciano molta libertà all’attore – per poi esaminare la divisione della pièce in tre atti, ciascuno dei quali variano una dialettica fra movimenti centripeti e centrifughe. Quanto ai personaggi, l’autrice ne offre una panoramica che mette in risalto gli elementi di parodia dei generi drammatici teatrali che tendono verso lo svuotamento scenico e drammaturgico. Il volume, pur nei limiti di uno studio introduttivo e per certi versi schematico, ha una sua utilità, anche di carattere didattico.

Il volume La doppia originalità di Samuel Beckett. Play / Comédie e Not I / Pas moi (Roma: Nuova Cultura, 2008) discute due auto-traduzioni teatrali di Samuel Beckett: Play/Comédie  e Not I/Pas moi. Nel volume l’autrice indaga il processo di auto-traduzione, pendendo in considerazione anche i manoscritti intermedi del drammaturgo. Il primo capitolo, di carattere teorico-metodologico, discute due aspetti correlati della problematica affrontata nel volume, ossia quello della traduzione teatrale  - con particolare riferimento al lavoro di Susan Bassnett e Alessandro Serpieri - e quello dell’auto-traduzione, argomento che richiede e riceve anche un’attenta discussione del bilinguismo di Beckett e il suo rapporto con l’adottiva lingua francese. Beckett dà vita ad opere doppie e speculari che si illuminano e si commentano a vicenda, anche tramite un complesso intreccio di  rimandi e di giochi linguistici. Il secondo capitolo offre un minuzioso esame filologico della traduzione dall’inglese in francese da parte di Beckett di Play; l’analisi dei manoscritti permette all’autrice di annotare la variantistica, le revisioni, e gli scarti in un processo di riscrittura che ha inizio ancora prima del completamento del testo inglese, tanto da mettere in discussione le categorie di testo originale e testo derivato. Stabilisce un ordeine dei manoscritti diverso da quelli avanzato da altri studiosi. Più attenzione agli elementi ritmici e sonori che a quelli semantici. Trasposizioni culturali. Il terzo capitolo affronta con analoga scrupolosità filologica l’auto-traduzione, sempre dall’inglese al francese, di Not I., permette di stabilire con una certa sicurezza l’ordine dei manoscritti. Anche in questo caso lo sforzo maggiore del drammaturgo è investito nella resa fonica e ritmica. Ossimori Opera che si gioca tutto nell’agone grammaticale fra io-tu, e pertanto sulle più minuscole funzioni linguistiche. Si tratta senz’altro di un lavoro di ricerca di prima mano, condotto in parte presso gli archivi. La discussione si sarebbe forse arricchita con riferimento al processo traduttivo inverso, vale a dire dal francese in inglese (come nei casi di En attendant Godot, Fin de partie e altri testi), anche se, a dire il vero, tale processo è stato più ampiamente studiato dalla critica.

I due articoli, che hanno come oggetto, rispettivamente, il problema centrale della memoria  in due opere brevi di Beckett, e la filastrocca in Godot nelle sue varie traduzioni, arricchiscono il repertorio di studi beckettiani, dimostrando ulteriormente la notevole competenza della candidata in questo campo.

 

Rossana Sebellin è una ricercatrice promettente, specie nel campo del teatro beckettiana, e i suoi lavori mostrano una sicura attitudine critica ed analitica. Quando avrà al suo attivo studi altrettanto competenti su altri autori, sarà  una studiosa di sicuro interesse.

 

 

Giudizio del commissario prof.: Pietra Daniela Corona

 

Le pubblicazioni presentate dalla Dott.  Rossana M. Sebellin ruotano intorno all’ambito analitico dell’opera di Samuel Beckett, facendo convergere nelle monografie Prior to Godot  e L’ originalità doppia di Samuel Beckett, gli esiti critici delle indagini condotte sul tema. L’originalità doppia di Samuel Beckett offre una analisi metateatrale delle opere con paralleli rimandi dimostrativi al testo in esame  specie nell’analisi dei personaggi  cui avrebbe giovato un impianto più organico. Cosa che può dirsi anche per l’analisi dei personaggi in “Prior to Godot”. Eleutheria di S. Beckett   peraltro preceduta da una informata introduzione sulle vicende editoriali dell’opera in esame.   L’analisi  delle opere in L’originalità doppia di Samuel Beckett segue  a un capitolo sui problemi traduttivi che espone  lo sviluppo e le posizioni critiche in materia , per  spostarsi sulla questione dell’autraduzione  che riprende tesi diffuse. Ai problemi tradottivi è dedicato anche l’articolo “Quattro cani (in cucina): la filastrocca in Waiting for Godot di Samuel Beckett”. Adesione al taglio divulgativo e a tecniche espositive di posizioni condivise mostra il modulo sul Modernismo per il Master “Inglese e Informatica”.

 

Giudizio del commissario prof.: Paola Bottalla

 

Laureata in lingue presso l’Università di Urbino, 1999; dottorato di ricerca presso l’Università di Urbino, 2007; assegno di ricerca 2007-08 presso l’Università di Roma ‘Tor Vergata’; contratto di Lingua inglese presso la Scuola di insegnamento a distanza 2005--; contratto sostitutivo di Letteratura inglese per la Facoltà di Lettere dell’Università di Roma ‘Tor Vergata’, 2002-03 e 2005-07; contratto integrativo di Letteratura inglese per la stessa 2003-04; contratto sostitutivo di Lingua inglese per la Facoltà di Lettere dell’Università di Roma ‘Tor Vergata’, 2006-07.

Ha pubblicato due volumi su S. Beckett, una cura congiunta del volume The Tragic Comedy of S.Beckett, 2008, che include un suo saggio, e 5 articoli tutti su Beckett, che insistono sugli stessi testi, e sulla stessa problematica, l’autotraduzione, con qualche allargamento a Waiting for Godot, 2003, e Come and Go, 2007. Il modulo sul modernismo, 2006, è, per sua stessa dichiarazione, una dispensa funzionale alla sua destinazione.

I due volumetti mantengono qualche schematicità e ingenuità di impostazione, che rivela la loro originaria natura di tesi di laurea e di dottorato. ‘Prior to Godot’: Eleutheria di S.Beckett, 2006, fornisce un’attenta documentazione su manoscritti e dattiloscritti, traduzioni e vicende editoriali, e rileva somiglianze e differenze rispetto ai successivi moduli tipici della produzione Beckettiana, il controllo meno rigido sulle didascalie, la presenza di un movimento centrifugo e centripeto, che però approdano alla paralisi, la parodia dei generi teatrali in voga, espressa attraverso il personaggio del Vetraio, insolita raffigurazione dell’autore, che alla fine getta gli strumenti e rinuncia al suo compito. La  prova più corposa della candidata è il volume L’originalità doppia di S.Beckett, 2008, nitidamente diviso in introduzione metodologica sulla traduzione teatrale e l’autotraduzione, e discussione di Play/Comédie e Not I/ Pas moi. Interessante soprattutto l’analisi dettagliata delle versioni inglese e francese, e delle fasi intermedie documentate dai manoscritti. Le due versioni si configurano come doppio originale, anzi come due espansioni complementari di un unico originale non scritto.

La candidata dimostra notevoli capacità di analisi, coerenza e chiarezza espositiva, che le hanno consentito risultati interessanti, e la porteranno, se sostenuta da allargamento di interessi e approfondimenti metodologici, a diventare una studiosa promettente.

 

 

Giudizio del commissario prof.: Jeanne Frances Clegg

 

 

Ai fini della valutazione comparativa la dott. Sebellin presenta un modulo didattico sul modernismo inglese e i suoi rapporti con la cultura inglese (pubblicato sul sito del consorzio BAICR 2006), e  dei lavori scientifici sul teatro di Samuel Beckett.  “Quattro cani (in cucina): la filastrocca in Waiting for Godot di Samuel Beckett”, articolo apparso sulla rivista elettronica Linguæ & nel 2003, esamina la filastrocca tragi-comica posta al centro di Waiting for Godot, collocando la versione beckettiano con derivanti dalla varie tradizioni:  francese, tedesco e inglese. La monografia, “Prior to Godot”: Eleutheria di Samuel Beckett (Roma: Nuova Cultura, 2006.), identifica in Eleutheria, la prima opera in cui Beckett si avvicina al teatro in francese, una parodia dei generi tradizionali teatrali che serve all’autore per “creare il vuoto scenico e letterario dal quale ripartire con un linguaggio del tutto nuovo”. La seconda monografia, L’Originalità doppia di Samuel Beckett. Play / Comédie e Not I / Pas moi (Roma: Nuova Cultura, 2008), approfondisce la questione spinosa di Beckett traduttore di se stesso attraverso una minuziosa analisi dei manoscritti.

Le pubblicazioni sono tutte congrue con il settore scientifico disciplinare L-LIN/10, e la produzione, che per ragioni ovvie riguarda pochi anni, è continuativa. Si leggono con interesse e piacere. La dott. Sebellin risulta una studiosa promettente, acuta, scrupolosa e stimolante; mostra un’ottima preparazione sull’autore scelto, anche per quanto riguarda il materiale inedito, e la capacità di affrontare problemi teorici, filologici e critici con garbo e lucidità.

 

 

Giudizio del commissario Prof.:  Francesco Marroni

 

Rossana M. Sebellin presenta una produzione scientifica che privilegia lo studio del teatro di Samuel Beckett, con la pubblicazioni di una serie di contributi che si concentrano nel periodo 2003-2008. Ben organizzata nella struttura, la monografia “Prior to Godot”: Eleutheria di Samuel Beckett (2006) analizza con scrupolo documentario un’opera che mostra  Beckett ancora in cerca di una scrittura e di una lingua “senza stile”  Più ampio e significativo il volume L’originalità doppia di Samuel Beckett (2008) che è incentrato sull’autotraduzione teatrale e si avvale di una densa introduzione metodologica.  Nel prendere in esame le opere beckettiane Play/Comédie e Not I/ Pas moi, la candidata mostra competenze semiotiche e attenzione filologica rispetto ai due testi collocati sotto la sua lente traduttologica. Pur muovendosi lungo un percorso critico che risale all’inizio degli anni sessanta, con i primi studi su Beckett autotraduttore, l’originalità del lavoro della candidata sta nel fatto che nella sua disamina del passaggio dall’inglese al francese – o , per meglio dire, della dialettica inglese/francese –  ha presente anche il Beckett Archive della University of Reading, che le consente di lavorare molto positivamente anche sui manoscritti e quindi anche con le varianti testuali. Nella messa a confronto dei testi teatrali, Sebellin procede in modo progressivo e , partendo dal computo lessematico per le due versioni, procede in direzione di un approfondimento che spesso si rivela originale e filologicamente corretto, in grado di stabilire un preciso nesso fra il problema traduttologico e la poetica beckettiana. Prima di questa monografia, la candidata  ha offerto parziali  anticipazioni del suo lavoro nel convegno dell’Associazione Italiana di Anglistica (Bari, settembre 2007), nel saggio “Play e Not I. L’originalità doppia dei testi beckettiani” (2007), e  ancora nel convegno  “Beckett in Rome” (aprile 2008). A conferma della coerenza del percorso di ricerca intorno al tema traduttologico, si nota come già il primo lavoro (“Quattro cani (in cucina)”, 2003) che la candidata sottopone alla valutazione comparativa  affronti con rigore e metodo la maniera in cui Beckett traduce dal tedesco una filastrocca inserita in Waiting for Godot (2003). Scrupoloso e molto ben documentato, l’articolo rivela anche la particolare predilezione per i translations studies che, nel caso di  Beckett, è parte integrante dello studio del macrotesto teatrale.  Va menzionato anche il contributo “Memoria tra condanna e sollievo: Play e Come and Go di Samuel Beckett”, relazione tenuta in occasione del Primo Convegno Interdisciplinare su “I percorsi della memoria” (Roma, marzo 2007). Parte delle pagine di questo contributo si ritrovano nella monografia L’originalità doppia di Samuel Beckett (vedi p. 50 e segg.).

            Fornita di preparazione e di adeguati strumenti critici, molto informata sui temi della traduzione teatrale, Sebellin ha lavorato quasi esclusivamente sul versante della drammaturgia beckettiana, dando sempre prova di serietà metodologica, coerenza tematica e impegno filologico.

 

 

 

Conclusa l’enunciazione dei giudizi individuali dei cinque Commissari, il Presidente apre la discussione in esito alla quale la Commissione perviene alla formulazione, all’unanimità, del seguente giudizio collegiale relativo alla candidata   dott. Rossana Maria SEBELLIN

 

 

La prima monografia, “Prior to Godot”. Eleutheria di Samuel Beckett  (rielaborazione della tesi di laurea), riguarda la prima opera teatrale di Beckett, poco studiato dalla critica. Dopo il discorso introduttivo, che narra le vicende editoriali dell’opera fra Francia, gli Stati Uniti e Gran Bretagna, l’analisi si articola in due parti: un primo capitolo dedicato alla struttura del testo, un secondo focalizzato sui personaggi. Il primo capitolo prende in esame l’apparato paratestuale dell’opera e le didascalie - quelle squisitamente beckettiane come “pause” e “silence”, e quelle meno caratteristiche nella loro prolissità, che tuttavia lasciano molta libertà all’attore – per poi esaminare la divisione della pièce in tre atti, ciascuno dei quali variano una dialettica fra movimenti centripeti e centrifughe. Quanto ai personaggi, l’autrice ne offre una panoramica che mette in risalto gli elementi di parodia dei generi drammatici teatrali che tendono verso lo svuotamento scenico e drammaturgico. Il volume, pur nei limiti di uno studio introduttivo e per certi versi schematico, ha una sua utilità, anche di carattere didattico.

Il volume La doppia originalità di Samuel Beckett. Play / Comédie e Not I / Pas moi  discute due auto-traduzioni teatrali di Samuel Beckett: Play/Comédie  e Not I/Pas moi. Nel volume l’autrice indaga il processo di auto-traduzione, prendendo in considerazione anche i manoscritti e i dattiloscritti intermedi del drammaturgo. Il primo capitolo, di carattere teorico-metodologico, discute due aspetti correlati: la traduzione teatrale  - con particolare riferimento al lavoro di Susan Bassnett e Alessandro Serpieri - e l’auto-traduzione, argomento che riceve anche un’attenta discussione del bilinguismo di Beckett e del suo rapporto con l’adottiva lingua francese. Beckett dà vita ad opere doppie e speculari che si illuminano e si commentano a vicenda, anche tramite un complesso intreccio di  rimandi e di giochi linguistici. Il secondo capitolo offre un minuzioso esame filologico della traduzione dall’inglese in francese da parte di Beckett di Play; l’analisi dei manoscritti permette all’autrice di annotare la variantistica, le revisioni, e gli scarti in un processo di riscrittura che ha inizio ancora prima del completamento del testo inglese, tanto da mettere in discussione le categorie di testo originale e testo derivato. Stabilisce un ordine dei manoscritti diverso da quelli avanzato da altri studiosi. Mostra come Beckett dedichi più attenzione agli elementi ritmici e sonori che a quelli semantici. Il terzo capitolo affronta con analoga scrupolosità filologica l’auto-traduzione, sempre dall’inglese al francese, di Not I, opera che si gioca tutto nell’agone grammaticale fra io-tu, e pertanto sulle più minuscole funzioni linguistiche. Si tratta senz’altro di un lavoro di ricerca di prima mano. La discussione si sarebbe forse arricchita con riferimento al processo traduttivo inverso, vale a dire dal francese in inglese (come nei casi di En attendant Godot, Fin de partie e altri testi), anche se tale processo è stato più ampiamente studiato dalla critica.

I due articoli, che hanno come oggetto, rispettivamente, il problema centrale della memoria  in due opere brevi di Beckett, e la filastrocca in Godot nelle sue varie traduzioni, arricchiscono il repertorio di studi beckettiani, dimostrando ulteriormente la notevole competenza della candidata in questo campo.  Il modulo sul modernismo è di taglio didattico e divulgativo, come onestamente dichiara. La candidata dimostra notevoli capacità di analisi, coerenza e chiarezza espositiva, che le hanno consentito risultati interessanti, e la porteranno, se sostenuta da allargamento di interessi e approfondimenti metodologici, a diventare una studiosa promettente.

 

 

Candidata Miriam SETTE

 

Profilo curriculare:

 

Laureata nel 1992 presso la Facoltà di Lingue dell’Università di Chieti-Pescara; tecnico a contratto presso la stessa per il 1994-95; ricercatore di Letteratura inglese dal 2001; contratto integrativo di Lingua inglese per il Corso di Traduttori e interpreti 1997-2000; corso di Traduzione di lingua inglese presso la Facoltà di lingue 1998-90; affidamento del corso di Lingua inglese per il Corso di Laurea in chimica, 2001-09 e per la facoltà di Scienze geologiche 2001-07; affidamento di Lingua e cultura per la SSIS, 2002-03; Corso di traduzione inglese-italiano per il Corso di Traduttori e interpreti 2002-07; insegnamento di Lingua inglese per il Corso di Traduttori e interpreti 2004-08; insegnamento di Letteratura inglese (classe 42) 2005-08; Letterature dei paesi di lingua inglese per LT e LS 42 e 43, 2007-8; membro del Dottorato di ricerca, del CUSVE (Centro di Studi Vittoriani ed Edoardiani), della redazione di RSV (Rivista di Studi Vittoriani) dal 2006 e del comitato di redazione della rivista Traduttologia dal 2007.

 

Giudizio del commissario prof.:  Keir Douglas Elam

 

Laureata in Lingue e Letterature Straniere presso l’Università degli Studi “Gabriele d’Annunzio” di Chieti-Pescara nel 1992; tecnico a contratto presso la Facoltà di Lingue e Letterature Straniere di Pescara.nell’a.a. 1994-1995; Dottore di ricerca in “Anglistica” presso la medesima Facoltà nel 1999; borsista post-dottorale in “Anglistica” presso il Dipartimento di Scienze Linguistiche e Letterarie Pescara nel 1999; dal 2001 è Ricercatore Universitario per il SSD L-LIN/10 (“Letteratura Inglese”) presso la Facoltà di Lingue e Letterature Straniere dell’Università “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara.

 

E’ autrice di due monografie, un volume di cinque traduzioni, nove articoli – di cui presenta sette - e diverse recensioni.

 

La prima monografia, George Eliot: il corpo della passione. Aspetti della corporeità nella narrativa dell’ultima fase (Pescara, Campus, 2004), si occupa di due romanzi dell’ultima produzione della Eliot, Middlemarch e Daniel Deronda. La tesi centrale dello studio riguardo la forte presenza della corporeità anche nella tarda narrativa eliotiana, presenza spesso negata nella ricezione critica dell’autrice. L’introduzione propone una storia del pensiero occidentale sul corpo, necessariamente sommaria e forse superflua, più adatta ad una tesi di dottorato che non ad un volume critico. Più interessante – anche se non molto innovativa rispetto alla tradizione critica - risulta l’analisi della dialettica mente-corpo in Middlemarch, che trova la sua espressione più compiuta nella figura di Will Ladislaw, capace di conciliare passione e spiritualità. L’analisi del riemergere degli istinti repressi in Daniel Deronda è centrato, vice versa, sulla figura della protagonista Gwendolen e sul suo rapporto con Daniel. Utili ai fini di questa lettura critica sono i rimandi alle teorie psicologiche di Lewes.

 

Il secondo volume, La narrativa di Doris Lessing. Strategie e metafore per un impegno (Roma, Aracne, 2007) è un breve volume che, in seguito ad un inquadramento culturale dell’autrice postcoloniale, prende in esame tre dei suoi più importanti romanzi,  The Grass is Singing, The Golden Notebook  e The Summer Before the Dark. L’analisi delle tre opere mette in risalto la fiducia dell’autrice nel valore etico e nella valenza terapeutica e salvifica della letteratura. L’inclinazione mistica della Lessing, la ‘tentazione del trascendente’ che la conduce verso la riscoperta del sacro, implica una liberazione dallo storicismo.  La storia in Lessing, specie in The Grass is Singing, è scandita secondo un tempo ciclico. La candidata non sottovaluta, in questa prospettiva, l’importanza dell’interesse della Lessing per il Sufismo, anche se il volume nel complesso procede più per accenni che per approfondimenti culturali.

 

Quanto alla curatela e traduzione di 5 racconti gotici inglesi fra fine Settecento e primo Ottocento (di H. Walpole, A. Radcliffe, C. Maturin, P.B. Shelley, e M. Shelley, con postfazione), si tratta di un lavoro corretto, anche se la scelta dei testi può sembrare alquanto scontata.

 

Gli articoli presentati dalla candidata comprendono altri tre studi della narrativa di George Eliot. Sempre con riferimento alla narrativa dell’Ottocento, la candidata presenta anche un saggio sulla modernità di Jane Austen. I rimanenti studi riguardano, invece, il Novecento: due articoli dedicati alla narratrice postcoloniale Jean Rhys (rispettivamente sul superamento dei binomi oppositivi culturali in Good Morning, Midnight e sulle strategie di rovesciamento tematico e narrativo in Voyage in the Dark), e uno a W.B. Yeats nei suoi rapporti con la tradizione romantica. Si tratta di lavori diligenti ma non sempre caratterizzati da particolare originalità interpretativa.

 

Miriam Sette dimostra sicura competenza nel campo della narrativa. I suoi studi, pur affrontando argomenti impegnativi, non sempre approfondiscono i relativi argomenti con coerenza teorico-metodologia e con chiarezza espositiva.

 

Giudizio del commissario prof.: Pietra Daniela Corona

 

Le pubblicazioni presentate da Miriam Sette sono in parte dedicate ad autori e tematiche del mondo vittoriano come testimoniano gli articoli sull’  analisi di opere in particolare di  George Eliot (“George Eliot e il peso della realtà…”;” George Eliot e John Stuart Mill”; e “George Eliot, Middlemarch e la lipemania viatoria”)   e di Jane Austen (“Jane Austen Persuasion and the Roots of Modernità”), oltre che la monografia  George Eliot: il corpo della passione, altri invece si incentrano su autrici contemporanee , come dimostrano gli articoli su Jean Rhys( della quale  prende in esame i romanzi)   e la monografia La narrativa di Doris Lessing.Strategie e metafore per un impegno. Interessante la scelta dei racconti presentati al pubblico italiano che ha tradotto nel volume Amori e rovine. Racconti gotici di maestri del genere con sua postfazione. Il volume su George Eliot, sostenuto da un apparato di note critiche , pur inserendosi in un territorio già frequentato, vi sviluppa,  attraverso  un esame dell’ultima fase della narrativa della Eliot  una analisi delle forme del disagio della identità femminile sullo sfondo delle trasformazioni sociali e delle transizioni epistemiche dell’epoca. Mentre la monografia su Doris Lessing   che presenta le tappe della produzione dell’autrice, riconduce,  l’intero e complesso  itinerario artistico dell’autrice peraltro incardinato , pur nella diversità degli esiti formali,  alla materialità dell’esperienza, a una mera estetica della trascendenza. Ipotesi critica che dato l’impegno costante mostrato da Miriam Sette meriterebbe approfondimento.  

 

Giudizio del commissario prof.: Paola Bottalla

 

Laureata nel 1992 presso la Facoltà di Lingue dell’Università di Chieti-Pescara; tecnico a contratto presso la stessa per il 1994-95; ricercatore di Letteratura inglese dal 2001; contratto integrativo di Lingua inglese per il Corso di Traduttori e interpreti 1997-2000; corso di Traduzione di lingua inglese presso la Facoltà di lingue 1998-90; affidamento del corso di Lingua inglese per il Corso di Laurea in chimica, 2001-09 e per la facoltà di Scienze geologiche 2001-07; affidamento di Lingua e cultura per la SSIS, 2002-03; Corso di traduzione inglese-italiano per il Corso di Traduttori e interpreti 2002-07; insegnamento di Lingua inglese per il Corso di Traduttori e interpreti 2004-08; insegnamento di Letteratura inglese (classe 42) 2005-08; Letterature dei paesi di lingua inglese per LT e LS 42 e 43, 2007-8; membro del Dottorato di ricerca, del CUSVE (Centro di Studi Vittoriani ed Edoardiani), della redazione di RSV (Rivista di Studi Vittoriani) dal 2006 e del comitato di redazione della rivista Traduttologia dal 2007.

Ha al suo attivo due monografie, 10 articoli, due dei quali rimaneggiati e inseriti nel testo sulla Lessing, una traduzione con postfazione e alcune recensioni.

Presenta due monografie, George Eliot: il corpo della passione, 2004, e La narrativa di Doris Lessing, 2007, tre articoli su George Eliot, uno sulla Austen, due su Jean Rhys, uno su W.B.Yeats, e la traduzione con postfazione di 5 racconti gotici, 2000.

Lo studio della Sette sull’ultima fase della produzione narrativa di George Eliot è incentrato sulla problematica del corpo e sui vari enigmi che esso pone alle coscienze vittoriane. L’introduzione tenta un’ambiziosa sintesi filosofica, troppo ampia per restare lucidamente focalizzata, ma funzionale nella parte destinata al pensiero dell’Ottocento. Il capitolo su Middlemarch risente di una impostazione prevalentemente tematica; l’ analisi di Daniel Deronda risulta più convincente e meglio argomentata. Presenta inoltre un volumetto su La narrativa di Doris Lessing, 2007, che discute The Grass is Singing, The Golden Notebook, e The Summer before the Dark. I testi vengono interpretati come anticipazione della frammentazione e dell’auto-referenzialità postmoderna e insieme come proiezione apocalittica e tentativo di ricostruzione di imperativi etici. I due volumi esemplificano, con qualche ridondanza, un medesimo tipo di approccio teorico misto al testo narrativo. La stesura italiana è piuttosto faticosa e talvolta ricorre a formule perentorie: affermazioni come ‘non vi è scienza che non costruisca le sue teorie partendo da idee metafisiche e filosofiche’ o ‘che nell’uomo e nell’armonia dell’universo sia presente una componente che esula dalla realtà biologica e fisica è incontrovertibile’ andrebbero per lo meno qualificate.

Altro ambito di interessi è rappresentato dall’area postcoloniale, cui modernamente si può collegare anche la letteratura irlandese. I due saggi sulla Rhys adottano come chiave di lettura il conflitto di opposti (maschio/femmina, ricco/povero, bianco/nero, buio/luce),presente nelle protagoniste. La polarità non trova soluzione sul piano diegetico, ma tende all’integrazione su quello emotivo, attraverso l’uso dell’inganno e della maschera, producendo una positività ambigua.

 

Giudizio del commissario prof.: Jeanne Frances Clegg

 

 

Miriam Sette ha conseguito il dottorato  di ricerca in Anglistica nel 1999 presso la Facoltà di Lingue e Letterature Straniere dell’Università degli Studi “Gabriele d’Annunzio” Chieti-Pescara con una tesi su “George  Eliot: il corpo, la follia e le passioni nella narrativa dell’ultima fase “. Sempre nell’anno 1999 è stata titolare di una borsa di studio per ricerca post-dottorato presso il Dipartimento di Scienze Linguistiche e Letterarie della stessa Facoltà, e sempre presso quella Facoltà è dal 2001 ricercatrice nel il settore scientifico-disciplinare L-LIN/10 Letteratura Inglese. Alla dott. Sette sono stati affidati dalla sua Facoltà e da quelle di Scienze Farmaceutiche, di Scienze Geologiche e di Scienze Sociali, insegnamenti di lingua inglese, di traduzione e di lingua e cultura; dall’anno accademico 2005-6 risulta anche titolare di corsi di Letteratura inglese e di Letteratura dei paesi di lingua inglese.

Con l’eccezione di un articolo su Yeats e romantici (1997), che comunque tratta delle idee espresse i saggi e lettere, le ricerche riguardano la narrativa tra fine ‘700 e metà ‘900.  Ancora prima di conseguire il dottorato ha pubblicato due articoli su George Eliot.  Il primo, apparso sulla Rivista di Studi Vittoriani (1996), individua nei poteri chiaroveggenti del protagonista-narratore di “The Lifted Veil” nostalgia per l’entusiasmo religioso della gioventù e una critica al progresso.  Il secondo, incluso nel volume Before Life and After (Pescara, Tracce, 2000), argomento l’influenza delle idee di J.S. Mill sulla Eliot; la tecnica polifonica dei romanzi, per esempio,  manifesta “un relativismo etico che implica un concetto di verità destramente mobile”. Nella  monografia George Eliot: ll corpo della passione Aspetti della corporeità nella narrativa dell’ultima fase, (Pescara, Campus 2004) Sette espone il concetto delle passioni in Platone, in Erasmus di Rotterdam e nell’ambito del movimento vitalistico di fine Settecento, per poi leggere Middlemarch e Daniel Deronda nella prospettiva della convinzione che “L’invisibile o il mentale è per Eliot una realtà autonoma sì, ma intimamente collegata alla corporeità”. Un ultimo saggio su Middlemarch sostiene che Casaubon soffre di una forma di follia melanconica denominabile come “lipemania viatoria” (in La letteratura vittoriana e i mezzi di trasporto: dalla nave all’astronave; Roma, Aracne, 2006). 

Gli interessi della dott. Sette si estendono anche al periodo storico immediatamente precedente e alla narrativa post-coloniale. Nel 2000 ha pubblicato una traduzione con postfazione di cinque racconti gotici  (Amori e rovine. Pescara, Tracce, 2000). In un articolo (in un inglese piuttosto incerto) sulla modernità di Jane Austen (Rivista di Studi Vittoriani, 2004-5) l’incipit di Persuasion è decostruito per mezzo di una vasta gamma di strumenti filosofici, critici e psicoanalitici. Per quanto riguarda la narrativa del ‘900, presenta ai fini dalla valutazione due articoli su Jean Rhys pubblicati sulla rivista Merope nel 1996: “Good Morning Midnight: Jean Rhys e il rifugio buio della coscienza”, e “Strategie di rovesciamento in Voyage in the Dark di Jean Rhys”, e una monografia La narrativa di Doris Lessing  (Roma, Aracne, 2007) focalizzato sul “psichismo primitivo”, “tensione mitica” e l’umanesimo “permeato così intensamente di genuino spirito religioso” che investirebbero The Grass is Singing, The Golden Notebook e The Summer before the Dark.

I saggi sono tutte congrue con il settore L-LIN/10, sono tutti lavori individuali, e la produzione scientifica risulta continuativa e assidua. Riflettono serio impegno e passione per gli autori studiati, ma non sempre si dimostra l’utilità del materiale di riferimento rispetto all’interpretazione, e l’esposizione è a volte contorta e faticosa da seguire.    

 

 

Giudizio del commissario Prof.: Francesco Marroni

 

L’attività scientifica di Miriam Sette privilegia, nella fase iniziale, la narrativa  vittoriana con la pubblicazione di George Eliot: il corpo della passione (2004), una monografia su Middlemarch e Daniel Deronda che, avvalendosi di un impianto critico-metodologico ben definito, delinea il percorso del soggetto femminile in rapporto con la dialettica corpo/passioni. In particolare, la candidata prende in esame il reticolo delle aspirazioni dei vari personaggi di Middlemarch, evidenziando come, nel caso de Dorothea Brooke e Rosamond Vincy,  si attui una metamorfosi verso la marginalizzazione sociale. Anche molto interessanti le pagine dedicate a Daniel Deronda in cui è presentato, con coerenza e originalità di analisi, la traiettoria verso la patologizzazione da parte dell’eroina Gwendolen Harleth, che viene interpretata come un’ulteriore sperimentazione eliotiana sul tema dell’egoismo. Nonostante sia  privilegiato l’approccio psicanalitico (Freud, Laing, Galimberti Ferro e altri),  la lettura risulta sempre di ampio respiro e in grado di cogliere la ricchezza delle problematiche epistemico-culturali poste da George Eliot. Sulla narrativa eliotiana la candidata, prima della monografia, ha pubblicato tre validi contributi che, pur non confluiti nel volume, testimoniano della linearità del  suo percorso di ricerca.  Più precisamente, il saggio su The Lifted Veil (1996) si segnala per l’accuratezza con cui sono analizzati i momenti diegetici rispetto a un tema – molto in voga nel periodo vittoriano –  riguardante i poteri della mente umana. Un altro articolo (apparso nel 2000) approfondisce il modo in cui George Eliot deriva da John Stuart Mill una visione del mondo che fa leva, contro ogni concezione monologica, sulla molteplicità delle prospettive critiche, dei punti di vista e dei saperi. Del 2006 è il saggio “Muoversi malinconicamente. George Eliot, Middlemarch e la lipemania viatoria” nel quale ad essere esaminato è il mitografo Edward Casaubon la cui vicenda esistenziale configurerebbe, alla luce di un’attenta ricognizione testuale, un esempio di nevrosi intesa come autentico specchio della malattia psichica dell’uomo moderno.

Un’ulteriore area di studio riguarda la letteratura anglofona. Di qui una seconda monografia – molto ricca pur nella sua ridotta estensione – che appare nel 2007 con il titolo La narrativa di Doris Lessing: strategie e metafore per un impegno. In questo lavoro la candidata approfondisce tre romanzi di Lessing (The Grass Is Singing, The Golden Notebook e The Summer Before the Dark) secondo linee interpretative che s’imperniano prevalentemente sulla ricerca lessinghiana di un disegno che giustifichi l’essere dell’uomo nel mondo.  Con competenza filosofica e conoscenza del dibattito scientifico, Miriam Sette mostra come, nella sua concezione marxista della storia, Lessing contragga un debito molto importante con George Eliot, soprattutto rispetto a un’assiologia della solidarietà che rivaluta la dimensione etico-sociale della comunione spirituale fra gli esseri umani. Dal versante modernista, la candidata scrive due articoli su Jean Rhys, entrambi del 1996, dedicati rispettivamente a Good Morning Midnight e Voyage in the Dark. Si tratta di lavori che rivelano come l’approccio privilegiato sia quasi sempre quello che affronta il tema della soggettività alienata che, nella fattispecie, s’innesta nella condizione femminile. Oltre a un articolo interessante su Jane Austen, la candidata presenta un volumetto che, introdotto da Leo Marchetti, raccoglie cinque racconti gotici tradotti in italiano. Il lavoro traduttivo è molto scrupoloso e puntuale e la postfazione scritta dalla candidata appare, nel complesso, ricca di idee e molto ben argomentata.

            La candidata presenta una produzione scientifica che, considerato il suo percorso accademico, risulta tematicamente ricca e originale. I suoi lavori, validi nel metodo e nell’argomentazione, configurano una studiosa seria, dotata di sensibilità critica nonché di una preparazione molto approfondita sugli argomenti della sua ricerca.          

 

 

 

Conclusa l’enunciazione dei giudizi individuali dei cinque Commissari, il Presidente apre la discussione in esito alla quale la Commissione perviene alla formulazione, all’unanimità, del seguente giudizio collegiale relativo alla candidata   dott. Miriam SETTE

 

L’attività scientifica di Miriam Sette privilegia, nella fase iniziale, la narrativa  vittoriana con la pubblicazione di George Eliot: il corpo della passione (2004), una monografia su Middlemarch e Daniel Deronda che, avvalendosi di un impianto critico-metodologico ben definito, delinea il percorso del soggetto femminile in rapporto con la dialettica corpo/passioni. In particolare, la candidata prende in esame il reticolo delle aspirazioni dei vari personaggi di Middlemarch, evidenziando come, nel caso de Dorothea Brooke e Rosamond Vincy,  si attui una metamorfosi verso la marginalizzazione sociale. Interessanti le pagine dedicate a Daniel Deronda. Sulla narrativa eliotiana la candidata, prima della monografia, ha pubblicato tre validi contributi che, pur non confluiti nel volume, testimoniano della linearità del suo percorso di ricerca. Un altro articolo (apparso nel 2000) approfondisce il modo in cui George Eliot deriva da John Stuart Mill una visione del mondo che fa leva, contro ogni concezione monologica, sulla molteplicità delle prospettive critiche, dei punti di vista e dei saperi.

Un’ulteriore area di studio riguarda la letteratura anglofona. Di qui una seconda monografia – di ridotta estensione – che appare nel 2007 con il titolo La narrativa di Doris Lessing: strategie e metafore per un impegno. In questo lavoro la candidata approfondisce tre romanzi di Lessing (The Grass is Singing, The Golden Notebook e The Summer before the Dark) secondo linee interpretative che s’imperniano prevalentemente sulla ricerca lessinghiana di un disegno che giustifichi l’essere dell’uomo nel mondo. Dal versante modernista, la candidata scrive due articoli su Jean Rhys, entrambi del 1996, dedicati rispettivamente a Good Morning Midnight e Voyage in the Dark. Si tratta di lavori che rivelano come l’approccio privilegiato sia quasi sempre quello che affronta il tema della soggettività alienata che, nella fattispecie, s’innesta nella condizione femminile. Oltre a un articolo interessante su Jane Austen, la candidata presenta un volumetto che, introdotto da Leo Marchetti, raccoglie cinque racconti gotici tradotti in italiano. Il lavoro traduttivo è molto scrupoloso e puntuale. I due volumi della candidata esemplificano, con qualche ridondanza, un medesimo tipo di approccio teorico misto al testo narrativo. Essi riflettono impegno e passione per gli autori studiati, ma non sempre la candidata dimostra l’utilità del materiale di riferimento rispetto all’interpretazione.

            I suoi lavori, configurano una studiosa dotata di sensibilità critica nonché di preparazione sugli argomenti della sua ricerca affrontata con serietà. Dato l’impegno costante mostrato da Miriam Sette il suo lavoro critico meriterebbe un ulteriore approfondimento.

 

Candidata Anna Enrichetta SOCCIO

 

Profilo curriculare:

 

Laureata 1991, Facoltà di Lingue, Univ. di Chieti-Pescara; ricercatore di Lett. Inglese dalm 2004, presso la stessa;1997, semestre di specializzazione presso l’Univ. di Northampton; insegnamento di lingua inglese2003-08; insegnamento di Teoria e storia della traduzione nel Master di Anglistica 2003-04; didattica della Lingua inglese presso la SSIS 2004-05; Lingua inglese presso la Facoltà di Scienze sociali e di Scienze MM.FF.NN. 2007-08; Letteratura inglese 2008-09; membro del Dottorato di ricerca, della redazione di RSV, 1998-2008; segretaria CUSVE 2004-08; membro della E.Gaskell Society e della P.Larkin Society.

 

Giudizio del commissario prof.:  Keir Douglas Elam

 

Laureata in Lingue e Letterature Straniere presso l’Università degli Studi “G. D’Annunzio”, Facoltà di Pescara, 1990; Dottore di Ricerca in Anglistica presso il medesimo ateneo, 1999; borsista post-dottorale presso la Facoltà di Lingue e Letterature Straniere Moderne dell’Università della Tuscia, Viterbo (2001-2003); dal 2004 ricercatrice per il SSD L-LIN/10 presso la Facoltà di Lingue e Letterature Straniere dell’Università degli Studi “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara.

 

E’ autrice di due monografie e diciotto articoli, dei quali presenta otto, e di numerose recensioni. I suoi interessi scientifici vanno dalla narrativa vittoriana alla poesia contemporanea.

 

La prima monografia George Meredith: romanzo e sperimentazione (Pescara, Edizioni Campus, 2001) presta particolare attenzione al linguaggio del narratore tardo vittoriano, affrontando la sua nota e strategica oscurità stilistica negli ultimi tre romanzi, One of Our Conquerors (1891), Lord Ormont and his Aminta (1893) e The Amazing Marriage ( 1895). La ‘difficoltà’ discorsiva dell’autore corrisponde, secondo la candidata, a due fattori determinanti nella sua fiction: al progetto di rispecchiare la complessità della società tardo vittoriana, e al tentativo di rinnovare il romanzo inglese per renderlo idoneo ad una simile mimesi del reale. Meredith, sperimentatore indefesso, è per molti versi un anticipatore del modernismo, segnatamente nella ricerca di una rappresentazione linguistica del fluttuare del pensiero dell’uomo. One of Our Conquerors , Lord Ormont and his Aminta (1893) e The Amazing Marriage. Le conclusioni alle quale giunge la candidate non si discostano molto dalla critica precedente (confermando in sostanza l’etichetta ‘scrittura difficile’), ma la conduzione delle letture è agile e competente.

 

Il volume Philip Larkin. Immaginazione poetica e percorsi del quotidiano (Roma, Carocci, 2008) propone attente e puntuali analisi prosodiche, formali, contestuali e interpretative di alcune poesie di Larkin, soprattutto relative alle raccolte The Less Deceived (1955) e The Whitsun Weddings (1964). Dopo un ampio capitolo introduttivo, che già prende in esame alcune poesie paradigmatiche (quelle che esprimono in modo più diretto la poetica e la visione del poeta, nonché la sua predilezione per il jazz), la lettura critica è articolata tematicamente,  con capitoli dedicati rispettivamente al tempo, ai luoghi, e alla vita e morte. Il quadro che ne esce è quello di un poeta ingannevolmente semplice e minimalista, che tramite la disincantata disamina del quotidiano riesce ad affrontare e a trasmettere tematiche esistenziali e filosofiche fra le più impegnative, così come lo Englishness provinciale di cui Larkin viene a volte accusato maschera in realtà la dimensione europea delle sue opere, soprattutto le loro affinità con il simbolismo francese. Le analisi, inoltre, rendono senz’altro giustizia della maestria formale e tecnica del grande poeta inglese.

Nel campo degli studi vittoriani, oltre ad un articolo su One of Our Conquerors di Meredith, la candidata presenta due saggi su Elizabeth Gaskell, rispettivamente sulla funzione della chiusura nella sua narrativa, e sul rapporto fra detto e non-detto nel racconto “The Heart of John Middleton”. Presenta altresì due articoli su Charles Dickens, il primo sui modelli di femminilità espressi in Great Expectations, il secondo su Pictures from Italy come contravvenzione delle convenzioni del grand tour.  Sempre relativo al periodo vittoriano è lo studio di The Dynasts di Thomas Hardy in rapporto con il dibattito fra Platonismo and Aristolelismo. Con riferimento al primo Ottocento, infine, presenta un saggio sui  modelli educativi femminili nella narrativa di Jane Austen.

 


Anna Enrichetta Soccio è una ricercatrice dotata di sicura attitudine critico-analitica e di buona capacità espositiva. I suoi lavori, che riguardano generi letterari e periodi storici diversi, la caratterizzano come studiosa matura e competente.

 

 

Giudizio del commissario prof.: Pietra Daniela Corona

 

Le pubblicazioni presentate dalla Dott. Anna Enrichetta Soccio, testimoniano di  un impegno costante  in direzione dell’esame critico di opere di  ambito prevalentemente vittoriano, del cui orizzonte intellettuale e artistico mostra acuta padronanza sia negli articoli (su opere in particolare di Charles Dickens ,Thomas Hardy e Jane Austen ) che nella  monografia su George Meredith dove  l’analisi dei testi è condotta secondo metodologie aggiornate nel campo della critica letteraria. L’impegno verso questo centro d’interesse, sostenuto  dall’ attività di ricerca e scientifica anche presso il Comitato di redazione di RSV,  si rivela ancor più maturo nel ben documentato   George Meredith:Romanzo e sperimentazione che articola, con puntuali riferimenti testuali, l’inquadramento dell’analisi organica degli stilemi  dell’autore, nella cornice dei modelli epistemici dell’epoca e del contesto che ne accompagna le trasformazioni, e che collega alle mutazioni di ordine ontologico la sperimentazione estetica indagata . Un apporto originale alla non estesa produzione in materia, è costituito dalla brillante  monografia :Philip Larkin :immaginazione poetica e percorsi del quotidiano,  che sposta  con sicurezza nel Novecento  la prospettiva d’esame, proiettando in maniera ben documentata il canone larkiniano, entro l’ambito storico e artistico del suo itinerario. Del macrotesto, viene presa in considerazione, con accuratezza critica e con impianto coeso, la dialogicità intertestuale con altre modalità artistiche (jazz),   che è sostanziata puntualmente da rimandi a posizioni dell’autore misurate sugli esiti formali,  e,  delle singole opere,   viene indagata la  composizione strofico metrica e la sequenzialità tematica. Il testo, di indubbio interesse è accompagnato da  un ricco apparato di note  che si offre come ulteriore contributo al tema affrontato.   

 

 

Giudizio del commissario prof.: Paola Bottalla

 

Laureata 1991, Facoltà di Lingue, Univ. di Chieti-Pescara; ricercatore di Lett. Inglese dal 2004, presso la stessa;1997, semestre di specializzazione presso l’Univ. di Northampton; insegnamento di lingua inglese2003-08; insegnamento di Teoria e storia della traduzione nel Master di Anglistica 2003-04; didattica della Lingua inglese presso la SSIS 2004-05; Lingua inglese presso la Facoltà di Scienze sociali e di Scienze MM.FF.NN. 2007-08; Letteratura inglese 2008-09; membro del Dottorato di ricerca, della redazione di RSV, 1998-2008; segretaria CUSVE 2004-08; membro della E.Gaskell Society e della P.Larkin Society.

Ha al suo attivo due monografie, una cura di Meredith, Beauchamp’s Career, una ventina di articoli sul romanzo dell’Ottocento,Meredith, Dickens, Gaskell, ma anche Austen, Scott e la letteratura popolare, e sulla poesia di Larkin. Ha numerose recensioni.

Il volume su Meredith si propone efficacemente di portare alla luce il suo progetto complesso di sperimentazione e rinnovo del genere romanzesco, che si traduce in una scrittura oscura e difficile. All’interno di  tre romanzi tardi, One of Our Conquerors, Lord Ormont, e The Amazing Marriage,  la candidata indaga soprattutto il linguaggio, con la sua problematicità, sovversione, e doppiezza.Ad esso Meredith attribuisce la funzione di rappresentare, più che di significare, avvicinandosi al linguaggio poetico. Nell’introduzione al volume su Larkin, Soccio stabilisce un collegamento tra poesia e musica jazz, un sottotesto non visto né ascoltato ma percepibile da un pubblico attento; definisce poi la natura dello speaker come voce polifonica che si incarna in una serie di personaggi, uomini e donne, popolari, frustrati, sofferenti, cinici. Al contrario di quanto avviene in Browning, non vi è caratterizzazione precisa, ma compaiono appunto come voci dialoganti, distinte anche graficamente sulla pagina.  Importante anche l’attenzione al minimalismo formale (spesso scambiato dai critici per realismo prosaico), argomento che la Soccio sottolinea, negando il ricorso a ‘impianti simbolici, metaforici o mitici’, anche se riconosce in Larkin  la presenza di un ‘ansia metafisica, e il riconoscimento della ‘funzione dell’arte come portatrice di ordine e armonia’. I capitoli successivi analizzano il rapporto passato/presente, che genera sogni e delusioni, e concede momenti di visione rari e sfolgoranti; toccano il salto generazionale, che postula ‘io’ diversi e pure continui,ed esplorano i luoghi della mente individuali e collettivi. Al di là di qualche tecnicismo, l’analisi testuale risulta attenta, convincente  e precisa.

Il saggetto nel volume Why Plato? dà una risposta più precisa di altre, identificando la presenza delle idee del filosofo greco nei Dynasts di Hardy: il mondo delle idee si personalizza assumendo la veste potente e malevola dell’’Unfulfilled Intention’.

In complesso studiosa capace di risultati significativi e notevolmente variegati.

 

 

Giudizio del commissario prof.: Jeanne Frances Clegg

 

Anna Enrichetta Soccio ha conseguito il dottorato in Anglistica nel 2001 e dal 2001 al 2003 ha goduto una borsa per ricerca post-dottorato presso la Facoltà di Lingue e Letterature Straniere Moderne dell’Università della Tuscia. Dal 2004 è ricercatrice per il settore L-LIN/10 presso la Facoltà di Lingue e Letterature dell’Università degli Studi “Gabriele d’Annunzio” Chieti-Pescara. Presso la stessa Facoltà e quelle di Scienze Sociali e di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali dal 2003-4 in poi ha tenuto corsi di Lingua inglese e di Traduzione; a partire dell’A.A. 2008-9 le sono stati affidati anche corsi di Letteratura inglese .

Il principale filone di ricerca è quello della narrativa vittoriana. Tra le pubblicazioni presentate ai fini della valutazione comparativa sono due articoli su Elizabeth Gaskell che mettono in rilievo come le convinzioni evangelici della scrittrice sottendono le sue strategie narrative. Il primo, per esempio, in Elizabeth Gaskell: Text and Context (Pescara, Tracce, 1999) mette a fuoco i ricorrenti motivi auditivi nel racconto “The Heart of John Middleton”, mentre “Scene dell’epilogo nella narrativa di Elizabeth Gaskell” (in Before Life and After, Pescara, Tracce, 2000) analizza scene di morte alla luce del tema del sacrificio e alle strategie di chiusura.  Studi più estesi sono dedicati a George Meredith.  Di due articoli pubblicati sulla Rivista di Studi Vittoriani il primo, del 1999, trova nel ritratto del protagonista di One of our Conquerors una contestazione dell’alleanza vittoriana tra donna e follia, mentre il secondo, del 2005, analizza i ruoli giocati dalle lettere rispetto ai temi della segretezza e lo svelamento in Lord Ormont and his Anita, sempre attribuendo a Meredith una radicale contestazione della morale repressiva vittoriana. La monografia George Meredith Romanzo e sperimentazione (Pescara, Campus, 2001) esamina in forma più estesa gli stessi due romanzi più The Amazing Marriage. nei loro aspetti “trasgressivi” dei “codici vittoriani”, tematici e stilistici. Nel 2005 ha pubblicato un articolo sul platonismo in The Dynasts di Thomas Hardy (Heidelber, Winter) e uno su tema dell’educazione femminile in Jane Austen, “nucleo tematico funzionale, nell’ambito del progetto autoriale di messa in discussione della costituzione etica della società” (in Merope 2005).  Altro romanziere vittoriano oggetto del suo interesse è Dickens.  In un articolo incluso nel volume Great Expectations: nel laboratorio di Charles Dickens (Roma, Aracne, 2006) Soccio contrasta i ritratti delle figure femminili del romanzo con l’immagine idealizzata della donna domestica prescritta da Ruskin nella conferenza “Of Queen’s Gardens”, mentre in “Pictures from Italy ovvero anti-Grand Tour dickensiano” (Fogli di Anglistica 2007) rivendica per la sua “narrativizzazione della realtà” un’originalità abbastanza discutibile.

Per quanto riguarda l’interesse della dott. Soccio per la poesia moderna, la monografia Philip Larkin Immaginazione poetica e percorsi del quotidiano (Carocci 2008) offre letture attenti ai temi preferiti,  ma incerte per quanti riguarda aspetti squisitamente poetici quali ritmo e rima. Il saggio colloca il poeta nel contesto del rifiuto (parziale) del modernismo; avrebbe potuto utilmente  prendere in considerazione il rapporto con la poesia degli anni trenta.

I saggi sono tutte congrue con il settore scientifico disciplinare L-LIN/10 e sono tutti lavori individuali.  Riflettono serio e costante impegno, non sono prive di spunti interessanti, e l’esposizione è chiara. A volte si tende a uniformare e prendere un po’ per scontato un quadro storico-culturale complesso; di conseguenza risultano trasgressivi testi che forse sarebbero più utilmente letti come formazione di compromesso.

 

 

Giudizio del commissario Prof.: Francesco Marroni

 

La produzione scientifica di Anna Enrichetta Soccio  si definisce in modo molto coerente  rispetto a due aree di ricerca ben delineate: la narrativa vittoriana e la poesia del Novecento. Riguardo al romanzo ottocentesco, risulta di indubbio valore la monografia  George Meredith: romanzo e sperimentazione (2001) in cui si mostra il percorso immaginativo-letterario di uno scrittore che, sotto la spinta  di un più ampio processo di sperimentazione artistica, avverte l’esigenza di un rinnovamento tematico e formale del genere con l’obiettivo di andare al di là della crisi di rappresentazione della narrativa fin de siécle. In particolare, Soccio propone una lettura di tre romanzi – One of Our Conquerors (1890), Lord Ormont and His Aminta (1894), The Amazing Marriage (1895) – sia per individuare gli elementi narrativi su cui Meredith indirizza la sua tensione  sperimentale, sia mettere in evidenza  l’approccio problematizzante dello scrittore che, in aperta polemica con la fiction coeva, e rispetto a una ricezione sollecita a definire “difficili” e “oscure” le sue opere, appronta il terreno a una concezione modernista dell’arte del romanzo. Nella sua serrata indagine dei testi, la candidata individua, sul piano delle strategie narrative,  come la forte consapevolezza meredithiana, negli anni novanta, culmini in una struttura romanzesca improntata alla polifonia. Documentata, originale ed ermeneuticamente convincente, la monografia si avvale  di strumenti critici molto raffinati che, oltre a testimoniare della capacità della candidata di muoversi agevolmente fra le problematiche del romanzo tardo-vittoriano, ne rivelano l’impegno critico e il rigore metodologico nel lavoro di disambiguazione testuale.

            In linea con la sua ricerca sul vittorianesimo, la candidata presenta due contributi molto lucidi sull’opera di Elizabeth Gaskell: un articolo incentrato sul racconto “The Heart of John Middleton” (1999), letto da un’angolazione narratologica; e un altro articolo sulla tecnica gaskelliana della closure diegetica (“Scene dell’epilogo nella narrativa di Elizabeth Gaskell”, 2000). A Dickens sono dedicati due importanti lavori:  un denso articolo che investiga con acume interpretativo i “modelli di femminilità” in Great Expectations (2006); e il saggio Pictures from Italy ovvero anti-Grand Tour dickensiano” (2007), nel quale, attraverso un’accurata analisi testuale dell’incipit e di alcune descrizioni di paesaggi urbani, Soccio dimostra come il travelogue si ponga agli antipodi della tradizione del Grand Tour che, nell’arco di circa due secoli, aveva definito itinerari prestabiliti nel Continente e in Italia, originando in tal modo, sul piano della scrittura letteraria, anche a una serie di cliché e luoghi comuni. Impegnativo e criticamente ben costruito, il lavoro “Between Platonism and Aristotelism: Thomas Hardy’s The Dynasts” rivela come la candidata sia fornita di una solida preparazione e di ampie conoscenze che le consentono di affrontare tematiche  di notevole complessità come l’ “epic-drama” hardiano. Con maturità critica e originalità di approccio, l’articolo dimostra come le guerre napoleoniche e la figura di Napoleone offrano al poeta l’opportunità di approfondire la personale idea di “Immanent Will” attraverso la rielaborazione della metafisica e dell’epistemologia platoniche. Soccio  analizza le modalità strategiche della sperimentazione hardiana individuando nel testo le  forme di ibridazione dei generi che presiedono a un dramma epico e filosofico la cui visione del mondo sembra anticipare esiti modernisti e post-modernisti.

            La continuità e coerenza della ricerca di Soccio trova una giustificazione scientifica nel quadro della genealogia poetica che da Thomas Hardy porta a Philip Larkin, soprattutto alla luce della peculiarità della posizione hardiana nel contesto letterario del Novecento. Oltre ad essere una delle prime monografie in Italia, Philip Larkin. Immaginazione poetica e percorsi del quotidiano (2008) ha il grande merito di offrire un’attenta lettura dell’opera poetica larkiniana, sempre tenendo presente la dialettica testo-contesto. L’approfondimento dei componimenti larkiniani più significativi è condotta sia analizzando i meccanismi semiotici del fare poesia, sia tenendo conto della tradizione poetica che vede in Larkin il più autorevole erede di Hardy poeta. L’approccio, mai distratto rispetto agli esiti fonico-strutturali e linguistici, risulta brillante e criticamente abile nella messa a fuoco delle peculiarità immaginative di Larkin, in primo luogo in ordine a una poetic diction tesa a rivalutare il linguaggio “ordinario”. Dal punto di vista della ricezione di Larkin, la monografia si presenta come un contributo fondamentale per lo studio della poesia larkiniana: i suoi risultati sono eccellenti e testimoniano del forte impegno  e dell’estrema lucidità con cui la candidata ha affrontato la complessità del macrotesto di uno dei poeti più importanti e consapevoli del secondo dopoguerra. 

            Nel loro insieme, le pubblicazioni di Anna Enrichetta Soccio delineano il quadro di una ricerca, originale e coerente, che si è sviluppata senza discontinuità  in un ampio arco di tempo. Condotta con capacità metodologica e teorica, solidità critica e scrittura limpida, la ricerca ha prodotto risultati di assoluto rilievo, che confermano la piena maturità della candidata ai fini della presente valutazione comparativa.

 

Conclusa l’enunciazione dei giudizi individuali dei cinque Commissari, il Presidente apre la discussione in esito alla quale la Commissione perviene alla formulazione, all’unanimità, del seguente giudizio collegiale relativo alla candidata  dott. Anna Enrichetta Soccio:

 

 

La produzione scientifica di Anna Enrichetta Soccio  configura un percorso molto coerente e ricco rispetto a due aree di ricerca ben delineate: la narrativa vittoriana e la poesia del Novecento. Il volume su Meredith si propone efficacemente di portare alla luce il suo progetto complesso di sperimentazione e rinnovamento del genere romanzesco, che si traduce in una scrittura oscura e difficile. All’interno dei tre romanzi tardi, One of Our Conquerors, Lord Ormont and His Aminta , The Amazing Marriage, la candidata indaga soprattutto il linguaggio, con la sua problematicità, sovversione e doppiezza. Ad esso Meredith attribuisce la funzione di rappresentare, più che significare, avvicinandosi al linguaggio poetico. Documentata e originale negli esiti, la monografia si avvale  di strumenti critici molto raffinati che, oltre a testimoniare della capacità della candidata di muoversi agevolmente fra le problematiche del romanzo tardo-vittoriano, ne rivelano l’impegno critico e il rigore metodologico nel lavoro sui testi.

            Tra le pubblicazioni presentate sono due articoli su Elizabeth Gaskell che in modo molto acuto mettono in rilievo come le convinzioni evangeliche della scrittrice siano alla base della sua narrativa.  Il primo articolo, incentrato su “The Heart of John Middleton”, letto da un’angolazione narratologica, mette a fuoco il motivo ricorrente del detto non-detto nel racconto, mentre “Scene dell’epilogo nella narrativa di Elizabeth Gaskell”,  analizza le scene di morte alla luce del sacrificio e delle scene dell’epilogo. A Charles Dickens sono dedicati due importanti lavori:  un denso articolo che investiga con acume interpretativo i modelli di femminilità in Great Expectations; e il saggio Pictures from Italy ovvero anti-Grand Tour dickensiano”, nel quale, attraverso un’accurata analisi testuale dell’incipit e di alcune descrizioni di paesaggi urbani, Soccio dimostra come il travelogue si ponga agli antipodi della tradizione del Grand Tour che aveva dato origine, nell’arco di circa due secoli, a una serie di cliché paesaggistici e luoghi comuni sul piano della scrittura letteraria.  Nel denso contributo su Hardy,  Between Platonism and Aristotelism: Thomas Hardy’s The Dynasts”, Soccio approfondisce le modalità strategiche della sperimentazione hardiana individuando nel testo le  forme di ibridazione dei generi che presiedono a un dramma epico e filosofico la cui visione del mondo sembra anticipare esiti modernisti e post-modernisti.

            La linea di continuità che caratterizza la ricerca di Soccio trova una giustificazione scientifica nel quadro della genealogia poetica che da Thomas Hardy porta a Philip Larkin, soprattutto alla luce della peculiarità della posizione hardiana nel contesto letterario del Novecento. Un apporto originale alla non estesa produzione in materia, è costituito dalla matura e intelligente monografia Philip Larkin. Immaginazione poetica e percorsi del quotidiano, che sposta con sicurezza nel Novecento la prospettiva d’esame, proiettando in maniera ben documentata il canone larkiniano, entro l’ambito storico e artistico del suo itinerario. Le analisi testuali rendono senz’altro giustizia della maestria del grande poeta inglese. Il volume, di indubbio interesse, è accompagnato da un ricco apparato di note che si presenta come un ulteriore importante contributo al tema affrontato.

Nel loro insieme, le pubblicazioni di Anna Enrichetta Soccio confermano l’immagine di una studiosa molto capace che ha lavorato su generi letterari e periodi storici diversi sempre con rigore e solidità dell’impianto metodologico e maturità critica.

 

 

Terminate le operazioni di formulazione e discussione dei giudizi individuali e collegiali la seduta è tolta alle ore 10.50 e la Commissione si riconvoca per il giorno 17.01.2011, alle ore 11.00 presso la Direzione del Dipartimento di Scienze Linguistiche e Letterarie per la predisposizione dei temi per la prova didattica e per la discussione delle pubblicazioni.

 

 Pescara lì    17.01.2011

 

 

LA COMMISSIONE:

 

Il  Presidente 

Prof. Keir Douglas ELAM                   _____________________________________

                                  

I  Commissari 

 

Prof. Paola BOTTALLA                     _____________________________________   

Prof. Jeanne Frances CLEGG            _____________________________________

Prof. Francesco MARRONI              _____________________________________

Il  Segretario

 

Prof. Pietra Daniela CORONA         _____________________________________